Al Velodrome National di Saint-Quentin-en-Yvelines in questi giorni mi ritrovo a scrivere tra urla e cori in ogni lingua possibile e immaginabile. È il bello dei Giochi Olimpici, che ogni 4 anni radunano in una località il meglio dello sport mondiale. In questo raduno internazionale che ci regala tante storie che arrivano da lontano, ce ne sono anche di locali che lasciano a bocca aperta. A volte la vita crea delle situazioni davvero speciali...
Negli ultimi giorni sulla pista parigina, tra le tante voci che si accavallano una gara dopo l'altra, ne ho sentita una che non potrei confondere con nessun'altra e mi ha riportato in un attimo “a casa” e indietro nel tempo. È quella di Daniele Fiorin, il mio allenatore, che mi ha insegnato tutto di questo sport da quando da G2 a 7 anni ho iniziato a praticare ciclismo in maglia Cicli Fiorin. Sulle strade della Brianza Dany mi ha accompagnato nella crescita umana e sportiva come solo i migliori maestri sanno fare, tanto che alcuni degli insegnamenti che mi ha trasmesso li porto ancora con me. Sentirlo incitare la figlia Sara insieme alla moglie Marianna, mi ha fatto tornare alla mente il giorno in cui si sono sposati 25 anni fa e io e i miei compagni di allora li avevamo scortati in bici mentre su un bellissimo tandem pedalavano verso un futuro luminoso, che sarebbe stato caratterizzato da due perle come l'arrivo di Sara e Matteo.
La prima, che ricordo benissimo neonata e poi bambina nelle categorie minori, mercoledì ha fatto il suo debutto alle Olimpiadi a soli 20 anni e proprio come il suo papà, che piangeva a ogni titolo italiano, europeo o mondiale che i suoi ragazzi e ragazze hanno vinto in una vita che ha dedicato ad allenare e formare giovani ciclisti, si è lasciata andare in un singhiozzo dolcissimo. «L'emozione di essere qui è grandissima, trattenevo le lacrime a fatica prima di salire in pista per le qualifiche e ora che sono scesa non riesco a smettere di piangere. Non mi è capitata una batteria delle più semplici, ma non importa. So di essere qui solo per fare esperienza, confrontandomi con dei mostri sacri, campionesse da cui ho solo da imparre. Puntavo a Los Angeles 2028, non mi aspettavo di riuscire a realizzare il sogno olimpico già quest'anno, ma grazie a Miriam Vece e alla FCI che ha pensato a me è capitata l'occasione. Sono davvero contenta, è stata una sorpresa meravigliosa» mi ha raccontato in zona mista Sara Fiorin, dopo aver mandato un bacio in tribuna a mamma e papà, venuti a incitarla, mentre il fratello Matteo, iridato junior nell'inseguimento a squadre l'ha seguita dalla tv con una clavicola rotta.
«Il clima è impressionante. Un appuntamento così importante comporta emozioni fortissime, sia di ansia che di felicità, è un mix intenso. Voglio godermi ogni minuto, imparare dalle mie gare e da quelle che hanno disputato le mie compagne più esperte. Ho legato con le ragazze del quartetto, peccato che non siano arrivate a cogliere una medaglia come i maschi. Tra 4 anni però ci si riproverà e io spero di esserci, con un'età e maturità diverse, per dare il mio contributo» continua Saretta, che oltre alla sottoscritta ai Giochi di Paris 2024 ha trovato un'altra sevesina, Paola Butrico, Team Leader della delegazione Pista, prima donna della FCI a ricoprire questo ruolo, in Federazione dal 2007 e dal 2011 figura preziosa per le Squadre Nazionali Pista dirette da Marco Villa.
Indipendentemente dal ruolo e dai risultati, già essere ai Giochi Olimpici è un traguardo di cui essere orogliosi. «Senza l'insegnamento di mio papà, che mi ha sempre permesso di mettermi alla prova in specialità diverse non sarei qui. La multidisciplina in questo momento mi ha aiutata tantissimo perché mi ha permesso di passare dal quartetto al keirin e agli sprint, senza questa “flessibilità” tutto questo non sarebbe stato possibile» conclude Sara, prima atleta della storia della Cicli Fiorin di Baruccana di Seveso a partecipare alla rassegna a cinque cerchi.
Ai Giochi Olimpici locale e globale si intersecano in modi incredibili regalando ricordi indelebili.
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