Per lui il ciclismo è stata una scelta obbligata: Kevin Colleoni è un figlio d’arte e sua mamma Imelda Chiappa è stata la splendida azzurra che alle Olimpiadi di Atlanta nel 1996, conquistò l’argento alle spalle di Jeannie Longo. Fu sempre lei a salire sul terzo gradino del podio, nel Mondiale del 1987 nella cronometro a squadre. Imelda da campionessa è diventata mamma, ha portato Kevin alle corse insegnandogli ad andare forte in bici e, sempre lei lo ha seguito nei primi anni come allenatrice. Il giovane bergamasco classe 1999 quest’anno ha fatto il grande salto e ad appena 21 anni, approda nel WorLd Tour con contratto biennale con il Team BikeExchange.
Lei sta vivendo il suo primo raduno con la nuova squadra: come sta andando?
«E’ una bellissima esperienza e sto conoscendo sempre meglio i miei compagni di squadra. Ci stiamo allenando tutti i giorni, sto imparando a prendere il ritmo per poter essere in una squadra World Tour».
Lei nel ciclismo non è arrivato per caso: qual è la storia della sua famiglia?
«Sia mia madre che mio padre correvano in bici, ma la campionessa a casa è sempre stata mamma: si chiama Imelda Chiappa ed ha vinto l’argento alle Olimpiadi di Atlanta. In una famiglia come la mia era impossibile non fare ciclismo e così a sei anni ho iniziato a gareggiare. Per i primi anni è stata mamma a seguire la mia preparazione».
Qual è stato il percorso che l’ha poi portata in questa squadra?
«Ho iniziato a gareggiare a 6 anni e all’inizio era un gioco, ovviamente. Quando sono diventato Under 23, ho capito che il gioco era diventato qualcosa di diverso e che quella passione si era trasformata in un lavoro. Lo scorso anno sono arrivati anche dei bei risultati e in qualche modo la mia vita è cambiata».
Lei nel 2020 è arrivato terzo al Giro d’Italia Under 23: in quei giorni si è mai immaginato di poter correre il Giro d’Italia tra i professionisti?
«Nei giorni della gara onestamente no, perché ero troppo concentrato su quello che dovevamo fare tappa dopo tappa. Il focus era quello di dare il massimo e poi è arrivato il contratto con la Team BikeExchange e allora sì, ho iniziato a pensarci».
Il 2020 è stato l’anno del Coronavirus, come ha vissuto la stagione?
«Per me la stagione era iniziata bene con buon posto al Laigueglia e poi è arrivato il lockdown. Non ho vissuto con particolare stress quel periodo, perché mi ero organizzato la giornata con gli allenamenti e quindi il tempo trascorreva. Mi è mancato allenarmi su strada, ma tutto sommato sapevo che comunque stavo facendo una buona preparazione, avevo già un contratto per il nuovo anno e dovevo solo attendere il momento in cui saremmo tornati a gareggiare».
Possiamo dire che il 2020 è stato un anno positivo per lei?
«Se non si considerano i problemi relativi alla pandemia, il mio 2020 è stato senza dubbio un anno molto positivo. Ci sono stati dei bei risultati in corsa, poi è arrivato il contratto nel World Tour con una squadra importante. Questo ripaga tutti i sacrifici fatti».
Nei mesi di lockdown c’è stato qualcosa di cui ha sentito la mancanza?
«La possibilità di uscire e di allenarmi fuori. Non è facile stare chiusi e fare i rulli sempre per chi, come noi ciclisti, è abituato a fare tanti chilometri fuori. Naturalmente mi è mancato non vedere i miei amici».
Lei ha 21 anni ed è molto giovane: scegliendo la vita da atleta ha dovuto fare cambiare stile di vita. A cosa ha dovuto rinunciare?
«Ho dovuto organizzare tutta la mia vita in funzione degli allenamenti e delle gare. Quindi ho dovuto rinunciare ad andare la sera in discoteca e a mangiare in un modo diverso, ma non è stato questo un sacrificio, tutti gli atleti fanno queste rinunce. L’unica cosa che mi dispiace è stato aver perso un po’ di vista degli amici che vivono nel mio paese a Calusco d’Adda e di scuola. Però nel ciclismo ho trovato tanti nuovi amici».
Tra i suoi amici c’è anche Filippo Conca, con il quale avete corso insieme fino allo scorso anno nella Biesse Arvedi. Che rapporto c’è tra voi?
«Io e Filippo siamo stati compagni di squadra fino allo scorso anno e la mia casa è distante circa 30 chilometri dalla sua. Ci conosciamo da tanti anni e sono stato contento quando ho saputo che lui è andato nella Lotto Soudal e quindi ci ritroveremo nuovamente in gruppo».
Dovendo descriversi, quali sono le sue caratteristiche?
«Da quest’anno si deve azzerare tutto e devo scoprirmi veramente come corridore. So per certo di non essere bravo nelle volate e dovrò lavorare molto per migliorare, non sono un velocista. Dovrò lavorare molto anche sulle cronometro ma vado bene in salita. Adesso il confronto sarà con i grandi corridori e dovrò vedere come collocarmi insieme a loro».
Chi è stato il corridore che l’ha ispirata e al quale vorrebbe assomigliare?
«Quando ero piccolo, guardavo il ciclismo in televisione e seguivo sempre Basso e Nibali, mi piaceva vederli correre insieme. Poi ho continuato a seguire Nibali e ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto assomigliargli. Adesso ho la possibilità di correre nel gruppo insieme a lui e per me, questa, è una grande emozione».
Qual è la corsa che le piace di più?
«Sicuramente il Giro di Lombardia, io sono di Bergamo e la mia città ospita la partenza o l’arrivo di questa corsa. Non esiste un’edizione particolare per me di questa Classica, ogni volta c’è un ricordo legato a questa corsa. Per me correre sulle strade del Lombardia sarebbe veramente un bel regalo».