Per Vincenzo Nibali (@BettiniPhoto) il nuovo anno è iniziato con il ritiro della sua Trek-Segafredo nel quale gettare le basi per una grande stagione. Tanti saranno gli impegni dello Squalo in questo 2021, con il Giro d’Italia e il Tour de France prima dell’appuntamento con le Olimpiadi di Tokyo. Per il siciliano l’anno passato è da dimenticare, ma la voglia di fare bene e l’entusiasmo non mancano. Nibali dice che questo sarà l’anno della svolta: ricominciare da dove si era fermato.
Che tipo di stagione l’attende?
«L’inizio della stagione sarà impostato su un percorso di avvicinamento per le gare che farò, con il Giro d’Italia e il Tour de France che saranno gli impegni più importanti. Guercilena è venuto a casa mia e insieme abbiamo stabilito il programma. Correre al Tour è molto importante perché è la gara più seguita al mondo, vale anche di più rispetto alle Classiche di un giorno. In più, siamo ancora in pandemia e sappiamo che il Tour ci sarà, ma al momento nessuno sa cosa potrà esserci dopo».
A suo avviso è possibile fare un buon Tour e poi correre le Olimpiadi?
«Abbiamo già visto lo scorso anno corridori che pochi giorni dopo il Tour hanno fatto un ottimo Mondiale. Penso quindi che sia possibile: il Tour è un’ottima preparazione per fare poi una corsa di un giorno importante come un’Olimpiade».
I giovani sono andati molto forte nel 2020: pensa che una stagione così concentrata li abbia favoriti?
«Probabilmente i giovani sono stati avvantaggiati, non saprei dirlo con certezza. Parlo per quanto riguarda la mia situazione e penso che ci siano stati degli errori, il mio approccio alla stagione non è andato bene e sono stato costretto ad inseguire sempre».
Che anno è stato per lei il 2020?
«E’ stato un anno da cancellare. Tutti abbiamo seguito quello che è successo, è stata una stagione difficile da decifrare, ogni appuntamento era in una data diversa rispetto a quella tradizionale. Ma non voglio più pensare al passato, preferisco concentrarmi sul futuro».
Alcune indiscrezioni dicono che il Giro d’Italia passerà ancora in Sicilia. Ha qualche informazione al riguardo?
«Onestamente non so molto, ma forse c’è qualcosa di vero. Il Giro d’Italia ancora non è stato presentato e non conosciamo il percorso. Posso dire però che sono stato felice di aver corso nella mia terra, anche se è stata una stagione sottotono a causa della pandemia. Sono stato contento dell’accoglienza che abbiamo avuto e i tifosi, quelli più accaniti, erano presenti comunque. È inevitabile dire che se non ci fosse stata la pandemia sarebbe stato sicuramente più bello».
La sua squadra sta puntando molto sulle corse italiane: al Giro vi presenterete con uno squadrone, con Ciccone e Mollema. Come mai questa scelta?
«Dobbiamo ricordarci che come team abbiamo uno sponsor italiano come la Segafredo, presente in tutto il mondo e per questo si è anche deciso di essere più presenti al Giro».
Guardando alle Classiche, nel suo programma non ne ha parlato. Ci saranno?
«Io sono più un corridore da corse a tappe, l’idea di puntare di più su una corsa di un giorno non è nelle mie corde e, per questo, è arrivata anche la scelta di fare un programma con due giri. E poi non si può fare tutto».
Lo scorso anno alla corsa rosa le è venuto a mancare un elemento importante come Giulio Ciccone: quest’anno avrà una squadra molto forte, come andrà?
«Nel 2020 la sfortuna ci ha preso un po’ di mira, Giulio ha avuto un problema e anche Brambilla è stato alle prese con un infortunio al ginocchio. Nonostante questo eravamo partiti bene, ci auguriamo che le cose vadano meglio».
Lei ha 36 anni, oggi abbiamo corridori che a 40 anni sono ancora in attività: ha iniziato a pensare al giorno in cui si ritirerà?
«Non mi sono dato una scadenza definitiva dipende anche da come andrà questa stagione. Un eventuale ritiro sarà una decisone mia e sarò io stesso a stabilirlo nel momento opportuno e a comunicarlo a tutti».
Lei ha deciso di essere molto vicino ai giovani e di sostenerli. Purtroppo abbiamo visto che l’Italia con i giovani non è competitiva come altri Paesi. A suo avviso cosa ci manca?
«È difficile poterlo dire. In qualche modo in questi anni siamo riusciti a migliorare le cose, ma non è bastato. In Sicilia stiamo cercando di fare delle cose ma servono anche degli sponsor. Io sono andato via dalla mia terra e sono stato fortunato perché ho trovato persone che mi hanno accolto. Bisogna trovare sponsor per organizzare gare e investire nelle squadre e poi servirebbe anche l’aiuto delle istituzioni».
Nella sua squadra è arrivato Tiberi, un giovane promettente che, dopo un solo anno da dilettante, è passato in una grande squadra Word Tour. Avrà dei consigli per lui?
«Tiberi ha grandissime qualità, non so se mi assomigli, è molto più cronoman di me, rispetto ad altri corridori deve crescere. In questo momento siamo in camera insieme, lo hanno deciso i tecnici, mi fa molto piacere. I consigli che gli darò saranno un po’ diluiti».
Chi l’ha impressionata di più tra i giovani e chi può ancora emergere?
«Evenepoel ha fatto vedere tante cose, ha lavorato bene poi ha avuto l’incidente al Lombardia e si è dovuto fermare, ma ha già mostrato il suo valore.
Pogacar ha vinto il Tour de France ma non lo conosco bene. Bernal lo conosco di più e penso che sarà uno dei protagonisti della prossima stagione».
Nel 2016 mentre correva le Olimpiadi è caduto e il suo sogno di vincere si è infranto. Ripensa mai a quel giorno?
«Quella giornata senza l’incidente avrebbe dato sicuramente un risultato differente, ma il ciclismo è fatto anche di queste cose. Sono situazioni che fanno parte del gioco: ho ripensato a quel giorno ma non troppo...».
La sua è una stagione molto impegnativa potrebbe esserci spazio per il Mondiale?
«Credo che con la stagione intensa che avrò, dopo le Olimpiadi non ci sarà spazio per il Mondiale».
I giovani stanno andando veramente forte vincendo ovunque. Pensa che a 30 correranno ancora con la stessa voglia di essere i primi?
«Non è facile pensare a questo, il ciclismo moderno è più scientifico. Dipende dalla crescita e dalla fortuna che avranno e da quanto vinceranno. Questa poi è stata una stagione anomala, bisogna vedere cosa succede con un calendario normale. Si dice che un atleta raggiunga il massimo della forma intorno ai 30 anni, quindi dobbiamo aspettare e vedere».