“Sicuri in bicicletta”, presentato a Roma il giorno di San Valentino, è un progetto che merita la giusta attenzione. Non solo per l’autorevolezza dei soggetti istituzionali che lo propongono: FCI, Ministero dell’Interno, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Fondazione Ania, ma soprattutto, per la novità di alcuni “pensieri” e strategie che non debbono sfuggire a chi, a vario titolo, s’interessa di sicurezza nel ciclismo e per la bici in genere.
Dalle enunciazioni ai fatti il percorso potrebbe non essere così scontato, tuttavia, di “Sicuri in bicicletta”, alcuni aspetti sembrano vogliano fare la differenza.
Prima osservazione. L’esperienza e la credibilità nell’aver costruito, nel tempo, valide misure per la tutela delle proprie competizioni, consente oggi alla FCI la condizione di inserirsi nel tessuto scolastico non soltanto come soggetto di promozione sportiva, ma, anche, di soggetto “educativo”, affermando il valore della sicurezza stradale come parte integrante della formazione delle giovani generazioni.
Uno sport, così proposto, può solo farsi voler bene, fino a rappresentare, come dice il Presidente federale Renato Di Rocco, «una battaglia di civiltà».
Seconda osservazione. Viene proposta una educazione stradale attraverso pratiche di formazione concreta e continuata che se da un lato, nella scuola, viene proposta con nuovi strumenti, ad esempio: tutorial commentati con le emoticon, opuscolo informativo, pettorina ad alta visibilità, dall’altro, nell’ambito ciclistico sportivo, la FCI, con il suo Centro Studi, si propone di inserire il tema della sicurezza stradale «in ambito agonistico» nei programmi dei corsi per tecnici federali, con la formazione anche del personale che nelle scuole svolge iniziative sulla sicurezza in bicicletta.
Una filosofia ed una volontà che sembra convergere con quanti da tempo sostengono e praticano l’utilità delle lezioni di sicurezza, come parte integrante della preparazione tecnica e culturale dei corridori, fino a prevedere forme diffuse ed obbligatorie di partecipazione.
Su questo versante, esemplare il pensiero di Elia Viviani, presente alla presentazione del progetto, quando dice: «Questa per me non è certo una giornata di allenamento persa, ma, anzi, una giornata di formazione guadagnata».
Chissà se questa affermazione sarà stata letta anche da quei (troppi) direttori sportivi che non sanno trovare una sera per riunire i loro ragazzi a parlare di sicurezza.
Terza osservazione. Finalmente la FCI gioca il ruolo “politico” che le spetta, rimarcando come in Italia la questione del casco per i ciclisti non possa essere procrastinata oltre, spalleggiata in questo dall’autorevole figura del Prefetto Roberto Sgalla, Direttore Centrale delle Specialità della Polizia di Stato ma anche Presidente della CNDCS della FCI, quando egli dichiara «faremo di tutto per riproporre l’esigenza di mettere mano al Codice, per focalizzare l’attenzione sul tema della visibilità e per arrivare all’uso del casco obbligatorio».
Un richiamo netto a chi diffonde le mode del vestirsi di nero durante gli allenamenti, rendendo “invisibili” molti cicloamatori, ed ancora di più una posizione di sfida a quelle Associazioni che, pur vantando propositi di mobilità in bici e sicurezza, riescono ancora a fare argine all’obbligatorietà del casco con la vecchia cantilena che questo produrrebbe eccessive ricadute negative su tutto il settore.
Esattamente quello che si sosteneva 31 anni fa quando questo obbligo fu introdotto per i motociclisti, salvo poi essere smentiti dai fatti e confortati da migliaia di vite salvate.
“Sicuri in bici”, si presenta, pertanto, come una volontà più determinata per dare sistematicità ed organicità alla battaglia per la sicurezza dei ciclisti e del ciclismo per la quale, è dato di credere, gli obiettivi potranno essere più facilmente raggiunti se, FCI ed Istituzioni, sapranno strategicamente coinvolgere ogni potenziale risorsa presente nei territori, dalle società ai direttori sportivi, dai direttori di corsa ai gruppi di moto staffette e scorte tecniche.
Almeno questo è l’augurio.
Silvano Antonelli