L’ultima strategia spunta in Olanda, la repubblica a pedali (18 milioni di bici, 16,5 milioni di abitanti) il cui governo definì nel 2008 il furto ciclistico “priorità politica”: a Rotterdam, la polizia semina da un anno bici-esca. In luoghi di notoria “volatilità” se ne lascia una appetibile e indifesa, dotata di identificatore Gsm. Risultato: in meno di un anno sono stati arrestati 170 ladri. Ma ci sono anche i nuovi archivi di bici perse e recuperate on line, pubblici e privati, con l’app dedicata, lucchetti hi-tech, il boom delle folding bike, che parcheggi al sicuro sotto la scrivania. E un dibattito internazionale su nuovi strumenti di legge antifurto. Sono anni di Ladri di biciclette. Certo, in giro, almeno in Italia, ce ne sono tante. Certo, tra carobenzina e spirito ecologista si usano di più anche in città, dove secondo il Censis il 68% degli italiani ha ridotto nel 2012 gli spostamenti in auto. Ma i numeri dell’emergenza sono incredibili. Una pandemia.
Duecento milioni in fumo. A Milano secondo Fiab Ciclobby i furti sono passati da 20 a 30 al giorno: da 7.500 a 11.000 l’anno. Due milanesi su tre hanno subito un furto. Vogliamo calcolare in 150 euro il prezzo di un decente velocipede urbano? Ecco quasi 200 milioni di euro in beni bruciati, quello che ha appena stanziato la Ue in progetti di miglioria dei trasporti continentali. Si rubano le bici del bike sharing, le bici nei parcheggi custoditi, nei garage. A Roma il sito Ciclomobilisti stima 150mila ciclisti abituali, 300mila occasionali. E sul suo forum scorrono storie di romani scippati del mezzo tre-quattro volte in un anno. Gli arresti in flagrante in tutto il 2012 sono stati invece solo 12, compresi il padre e figlio (sì, come quelli di De Sica) che la mattina arrivavano in centro fingendosi fruttivendoli e ripartivano a sera con il camioncino carico; nel loro garage hanno trovato più di cento bici. A Genova più volte le forze dell’ordine hanno intercettato furgoni carichi di bici razziate in ogni parte d’Italia, dirette al porto per “svernare” in qualche mercato del Maghreb.
Aggiungiamo il ladro occasionale, il tipo che la prende “in prestito” e l’abbandona due quartieri più in là. Aggiungiamo il furto parziale: ruote, sellini, accessori scomparsi e persi per sempre. Una piccola grande violenza che tocca tutti, sfregio quotidiano, il reato più diffuso al mondo. Quasi impunito. Il sito americano Planet Money spiega bene perché le bici siano il bene rifugio più diffuso tra i ladri. Primo l’offerta: sono ovunque, bene mobile e anonimo. Secondo, energia e tempo necessari all’acquisizione: basta un tronchese. Terzo, il rischio d’impresa: bassissimo; difficile essere colti in flagrante. Quarto, il mercato: ogni città ha la sua Porta Portese, con date, orari, meccanismi di compravendita. Il guadagno finale è basso, la bici media scende fino a 60, 40 euro. Ma Gary Becker, padre della teoria economica del crimine, spiega che la motivazione del delinquente è composizione di rischio e sicurezza dei guadagni; nella curva delle attività criminali il furto di bici è per entrambi i parametri al vertice opposto del sequestro di persona. Senza gara. Il dramma è che il mercato si autoalimenta.
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