“Le ultime parole di Marco Pantani, il Pirata: ‘Hanno voluto colpire solo me’. Le ultime parole di Fausto Coppi, il Campionissimo: ‘Osteria, che freddo’”.
Giorgio Bocca scrisse un pezzo sulla “fragilità dei semidei” in morte di Pantani (“la Repubblica”, 17 febbraio 2004, ma anche nel libro “Il partigiano della parola” a cura di Piero Colaprico per “la biblioteca di Repubblica-l’Espresso), sottolineando similitudini e differenze con Coppi, “sul peccato di droga il primo, sulla malaria che lo uccideva il secondo, entrambi sulla fragilità mortale dei semidei, che piace agli uomini comuni quanto e forse più che le loro vittorie. Entrambi eroi scontrosi che non si confidano, che tacciono, che nascondono ciò che sono dentro”.
Fisicamente: “Brutti ma amatissimi. Coppi con un petto sporgente simile a quello di un uccello migratore, le gambe lunghissime, magro come uno zingaro, Pantani piccolotto e pelato, ma che nelle grandi giornate si trasformano, diventano bellissimi, lievitano, sfiorano l’asfalto della strada, realizzano il sogno di tutti, volare, salire senza sforzo, esenti dalla gravità, dalla fatica”.
Psicologicamente: “I due, passionali scontrosi, cedono al rapporto con la folla di magica attesa, loro hanno bisogno del suo amore totale, lei di quella potenza sovrumana che può scatenarsi ma nessuno sa come e quando”.
Ciclisticamente: “Ogni corsa un mistero, ogni avventura sportiva un intreccio di attese e di ansie, giornate spente cui succedono quelle luminose, indimenticabili, le vittorie nel Giro d’Italia e in quello di Francia, le imprese impossibili, le fatiche sovrumane di cui infatti si muore ma che la folla non vorrebbe mai finite, la passione per il semidio che si consuma lentamente, la speranza di vederlo risorgere che dura per anni”.
Bocca, piemontese come Coppi, un anno più giovane, ricorda l’ultimo atto: “Al capezzale di Coppi morente si alternano in un complicato gioco di orari la moglie legittima Bruna e la moglie di fatto Giulia. Ai funerali sarà tutto un balletto di corone spostate e riportate, di manifesti che rivendicano le vedovanze. L’amante Giulia si è fatta per il funerale un abito nero ma quando appare la gente mormora: ‘La dama bianca, la dama bianca’, il nome da favola che le hanno dato le gazzette. Solo qualche cronista correrà ai ripari chiamandola ‘la vedova nera’”.
Ma è il rapporto con il popolo a colpire Bocca ed elevare Coppi a immortale: “La folla si prende anche i funerali di Coppi a Castellania, ai parenti che vorrebbero delle esequie riservate, modeste, Livio Coppi il fratello anziano ricorda: ‘Fausto appartiene alla folla, non possiamo impedire alla folla di rendergli l’ultimo omaggio’. E così avviene, una folla sterminata fa da ala al feretro lungo venti chilometri”.
Nessuno, né Giorgio Bocca né Livio Coppi, avrebbe mai immaginato che 65 anni dopo la folla si riappropria del suo Fausto. A Castellania. Quella chiesetta, quelle colline, quel freddo che ti entra nelle ossa. Anche domani.