Un sorriso triste, un velo di malinconia. Un arrendersi (quasi) allo strapotere di chi gioca contro il cronometro con una facilità disarmante. L'immagine emblematica del 2024 di Filippo Ganna è tutta racchiusa nel podio allestito sotto la pioggia battente di Parigi, con Remco Evenepoel ad alzare le braccia e l'azzurro a cercare di stiracchiare le labbra in modo tale da rendere meno amara una medaglia d'argento, la prima ai Giochi Olimpici della spedizione italiana.
Quello di Ganna è stato un anno particolare, in cui forse l'obiettivo a cinque cerchi ha totalizzato anima e corpo, andando a influenzare la prima parte di stagione per poi amplificare le emozioni nel finale reso ancor più complicato dai problemi fisici. La prova di forza sulle strade di Desenzano, con la maglia tricolore sulle spalle, ha dato la reale percezione dello stato emotivo del piemontese: «Era da parecchio che non vincevo (256 giorni) e farlo qui, a pochi metri da un velodromo che conosco bene, oltre che in generale in Italia, davanti al nostro pubblico e battendo un campione come Tadej, per me vale il doppio», ha dichiarato in lacrime, segno di un peso sulle spalle abbastanza ingombrante già prima di partire.
Troppo grande, forse, il macigno che se scolpito in maniera poco corretta rischia sempre di trasformarsi in ossessione per la vittoria, probabilmente il limite massimo quando si affronta un'Olimpiade. Un freno, o una sbandata - come quella che per poco non ha disarcionato l'azzurro sulle scivolose curve parigine - di sicuro qualche metro racchiuso tutto in quei 14"92 di differenza dal belga: «Ci ho creduto fino alla fine, da inizio stagione l'obiettivo era la medaglia d'oro ma è arrivato solo un argento. Brucia perché non sono uno che si accontenta», ha ribadito appena sceso dal podio. Parole abbastanza dirette, difficili da digerire dopo una prova ai limiti della perfezione vanificata da Re Remco.
Oltre al peso emotivo c'è però da evidenziare anche l'aspetto tecnico con la doppia preparazione in cui Ganna è stato coinvolto: da una parte i 30 chilometri individuali su strada, dall'altra i 4 della pista (le prove sono state intervallate dal ritorno in Italia, altro fattore da non sottovalutare), due preparazioni differenti, per sforzo e gestione che hanno probabilmente influenzato sull'andamento complessivo. Ma supposizioni a parte, al di là dello spartiacque parigino Ganna ha portato a casa due medaglie d'argento - la seconda ai mondiali di Zurigo - e una di bronzo, nell'inseguimento a squadre (sempre a Parigi). Numeri da fenomeno, segnali in vista del futuro: quella parigina potrebbe essere stata l'ultima gara a cinque cerchi della sua carriera - anche se a Los Angeles avrà 32 anni -, nel nuovo anno Ganna si dedicherà alla strada:
«Non parteciperò più a Mondiali e Coppa del Mondo ma non abbandonerò del tutto la pista, serve per quei volumi di carico che in strada non riesco a mantenere - ha detto nelle scorse settimane al microfono di Adnkronos. - Il primo obiettivo resta vincere. Il più possibile». Due i grandi obiettivi: prima la Milano-Sanremo, poi la Parigi-Roubaix, due classiche complicate per ciò che rappresentano (non solo dal punto di vista storico). Di mezzo anche il Tour e probabilmente i mondiali in Ruanda. Magari con uno spirito differente, con una pressione meno stringente, ma con la stessa voglia di chi non si accontenta mai.