Finiscono per una volta ancora, gli anni 60, gli anni dei cuori e delle scritture non placcate, con la morte l’altra notte di Imerio Massignan, l’impervio scalatore vicentino, scomparso ad 87 anni. Finiscono, e le proviamo infine rideste, di un 1960 anno tondo che vedeva la morte di Fausto Coppi e le Olimpiadi di Roma e Livio Berruti, al gusto variegato della Coppa Olimpia, le emozioni irripetibili di Gastone Nencini e Jacques Anquetil, e di Charly Gaul, tutti protagonisti dell’ umanesimo del ciclismo e dello sport migliore.
E tutte portate via simbolicamente da quel Massignan scalatore, in sella ad un nome - Imerio - che non si usa più, segno del Capricorno come Karstens e Pantani, maglia "Legnano" che fu il primo ciclista a valicare in testa e solitario il Passo Gavia al Giro ‘60: prima di essere raggiunto e sconfitto per le forature in discesa, dal vincente Charly Gaul. Le lacrime di Massignan allora in una televisione senza colori furono intese emblematiche come il displuvio - per tanti, e non solo per i cuori perdenti - fra l’ infanzia e l’adolescenza forse, al microfono di Adone Carapezzi ed Enrico Ameri.
Ma di certo rappresentano oggi la fine ultima, la fine per sempre, non un attore non uno sprint in più, non un remake oltre, degli anni ‘60. E di quella nostra memoria di allora, che non ha più sguardi ed interlocutori - e chissà se Imerio ritroverà nello stesso cielo il prediletto compagno di squadra Graziano Battistini - per mantenersi ancora presente.
da Il Mattino del 7 maggio 2024