Qualche giorno fa Simone Petilli ha compiuto 28 anni, ma è stato veramente poco il tempo per festeggiare, con la valigia già pronta si è messo subito in viaggio per raggiungere la sua squadra a Torino; parteciperà per la terza volta alla corsa rosa e a ben 4 anni di distanza sarà la sua occasione di rivalsa dopo tanta sfortuna. C’è fermento in tutta la Intermarchè Wanty Gobert che è al debutto al Giro d’italia, 8 ragazzi carichi e determinati che faranno di tutto per dare spettacolo. Simone Petilli ci ha raccontato come si è preparato alla grande occasione e i suoi obbiettivi.
Ormai ci siamo, manca pochissimo al via del Giro. Hai iniziato a sentire l’adrenalina?
«Sono felicissimo di essere al via di questo Giro, rispetto alle altre due volte sono più disteso e sicuro delle mie carte, non ho ancora sentito la vera ansia, forse però è un bene. Nel 2016 e nel 2017 avevo pensato ad andare forte subito, ora credo che se anche non otterrò un ottimo risultato al prologo non devo preoccuparmi, ci sono 21 tappe e 21 occasioni per fare bene. In questi primi giorni alloggiamo poco fuori Torino, nell’area industriale, è una zona piuttosto incasinata, ma fortunatamente abbiamo individuato dei bellissimi vialoni dove possiamo allenarci in tutta velocità».
Sono passati quattro anni dalla tua ultima partecipazione. Quanto senti di essere cambiato?
«Il 2017 è stato il mio miglior anno, ho fatto un Giro strepitoso e pensavo di fare veramente grandi cose, poi però ho accumulato un infortunio dopo l’altro e ho rischiato seriamente di perdermi. Ora sono cresciuto, sono consapevole dei miei mezzi e realista, mi presento al via con uno spirito tutto nuovo, con la voglia di divertirmi e fare bene. Il livello dei partenti è veramente alto e penso che sia inutile tentate il tutto e per tutto per entrare nei primi 20 e poi rischiare di non riuscirci, preferisco piuttosto puntare su una tappa e una bella azione da lontano per regalare un po’ di spettacolo».
Dopo aver corso in Spagna a fine marzo sei praticamente sparito. Dove sei stato?
«Dopo il Catalunya sono andato subito in Sierra Nevada per allenarmi in altura; abbiamo passato insieme 25 giorni con tutta la selezione per il Giro. Poi, giusto il tempo di tornare un attimo a casa e sono ripartito per il Romandia che è stata l’ultima rifinitura in vista della corsa rosa»
Nella penultima tappa sei stato protagonista di una fantastica fuga. Che risposte ti ha dato quella giornata?
«Ero partito con l’idea di andare in fuga per fare l’ultimo test in vista del Giro, era una tappa particolarmente dura e quindi il terreno ideale. Sapevo che dietro non ci avrebbero mai fatto arrivare, ma chilometro dopo chilometro ho iniziato a stare bene, ho avuto la conferma che il lavoro in altura ha dato veramente i suoi frutti, era il riscontro che mi serviva. Poi, diciamocelo, ho avuto anche l’occasione di testarmi con il freddo e la pioggia, è stata praticamente una frazione da tregenda, non mi sentivo più i piedi e le mani a causa del freddo».
Vi presentate al via del Giro con una squadra che è al debutto alla corsa rosa: quale sarà il vostro obiettivo?
«In Sierra Nevada ci siamo allenati tutti insieme e abbiamo avuto modo di creare un gruppo veramente affiatato. Il nostro obiettivo è farci vedere, andare in fuga ed arrivare il più lontano possibile. Hirt ed io siamo i due uomini da salita, poi ci sono Pasqualon e Minali che invece faranno del loro in volata. Secondo me la grande rivelazione della squadra sarà Quinten Hermans: viene dal ciclocross e alle Ardenne è andato veramente fortissimo, in pochi se lo aspettano e stupirà tutti quanti».
In squadra siete tre italiani, ma tu sei l’unico ad aver corso il Giro, tutti faranno affidamento su di te…
«Non mi sento vecchio, ma in qualche modo sono il veterano del gruppo, su 8 corridori soltanto in tre abbiamo già corso il Giro. Minali è un ragazzo fortissimo, è al suo primo grande giro e mi ha già chiesto un paio di consigli. Andrea Pasqualon è un grande amico e sono felicissimo di essere al suo fianco. Lui ha sempre corso il Tour andando in fuga e centrando degli ottimi piazzamenti, ma sono convinto che sia il corridore italiano più sottovalutato: all’estero è molto apprezzato, mentre in Italia in molti non lo conoscono. È giusto che si prenda quello che gli spetti e spero che il Giro sia una grande vetrina per lui».
Tu invece hai già messo una tappa nel mirino?
«È impossibile nasconderlo, ho messo gli occhi sull’Alpe Motta. È la tappa di casa e troppe persone mi chiedono se andrò all’attacco, tra l’altro verrà tutto il mio fanclub, sarà d’obbligo inventarsi qualcosa. Abito davvero vicino, ma in realtà non la conoscevo, così quando sono stato un paio di giorni a casa prima di partire per il Romandia ho colto l’occasione. È una bella salita e poi l’ultima vera tappa dura del Giro, tutti saranno con il contagocce dell'energia e spero di aver ancoraforza sufficiente per dare la mia stilettata».
Quest’anno ci sono al via tantissimi campioni. Chi si contenderà la vittoria finale?
«Secondo me ci sarà soprattutto un terzetto da tenere d’occhio: prima di tutti c’è Yates che è sempre una sicurezza, Evenepoel ha tutte le carte in regola per essere la grande sorpresa e poi c’è Egan Bernal che a mio avviso è il grande favorito per portarsi a casa il trofeo senza fine.»
Cosa dobbiamo aspettarci da Simone Petilli?
«Tanto spettacolo e tanta voglia di divertirsi».