Fabio Baldato, vicentino nato a Lonigo il 13 giugno del 1968, ha sulle spalle la bellezza di 18 stagioni nel ciclismo professionistico (e il veneto vanta almeno una vittoria di tappa in tutti e tre i Grandi Giri a tappe, cosa che pochi hanno nel palmares), alle quali vanno aggiunte le stagioni da direttore sportivo prima alla Lampre nel 2009 e poi dal 2010 al 2018 in ammiraglia della BMC che dal 2019 è diventata CCC Team. Baldato vive ad Arzignano con la moglie Raffaella (casalinga che però aiuta Fabio nello sbrigare le incombenze burocratiche e di gestione nel lavoro di diesse), la figlia Anna di 23 anni che si è laureata in Scienze e Tecniche Psicologiche (rigorosamente via internet) proprio durante la quarantena, e il figlio Sebastiano, ventenne studente. Con il vicentino andiamo a toccare i temi più attuali del ciclismo, iniziando naturalmente dalla sua squadra di World Tour, CCC Team, che è in grandissima difficoltà per via della pandemia Coronavirus che ha obbligato alla chiusura tutte le attività dell’azienda polacca che produce scarpe e borse.
Qual è la situazione attuale della CCC?
«L’ultimo aggiornamento di fine settimana diceva che era vicino l’accordo con i corridori per il ridimensionamento degli stipendi, non conosco le percentuali in quanto queste cose le seguono i diretti interessati e i loro procuratori. Sembra proprio che sia oramai solo una questione di dettagli e spero che l’iter sia ultimato a breve termine. Per quel che riguarda il personale e lo staff tecnico durante il periodo di inattività è stato sospeso lo stipendio con la promessa che dal momento in cui si ritorna a lavorare, tutto ritornerà alla normalità. Quindi se si dovesse davvero ripartire ad agosto, già dal mese di luglio si dovrebbe ricominciare a preparare la stagione e, di conseguenza, lavorando torneremo a prendere lo stipendio. Io ho fiducia, ho lavorato dieci anni con Jim Ochowicz (statunitense, ex ciclista e presidente del CCC Team, ndr) e posso testimoniare della sua onestà. E’ una persona che mantiene la parola data: purtroppo la crisi economica che ha colpito lo sponsor ci ha portato in questa situazione e non si poteva fare altrimenti. Il presidente è sempre rimasto in contatto con tutti durante questa quarantena e se la situazione si normalizza sono convinto che ne veniamo fuori».
Alessandro Ballan, a riguardo, in un’intervista che ci ha rilasciato, ha fatto questa proposta: «va bene decurtare lo stipendio dei corridori, anche oltre il 50%, a patto che il team prometta di prolungare l’attività di una stagione». Cosa ne pensi?
«Potrebbe essere una soluzione per quelle situazioni in cui lo sponsor principale non ha sofferto più di tanto la pandemia, ma ognuno poi fa il conto con la sua realtà. Il problema sono i soldi e se le aziende che sponsorizzano non incassano sono in difficoltà. Chi si ferma non lo fa per un capriccio, ma per cause di forza maggiore. Nel nostro caso lo sponsor principale, tra l’altro la società è quotata in borsa, ha dovuto fronteggiare la chiusura totale di circa 800 negozi, sta vivendo un momento di grandissima difficoltà economica e quindi ha dovuto fare questa scelta. Ochowicz è da una ventina di anni che porta avanti una squadra nel ciclismo e non ne vuole certo uscire. Io penso e voglio essere ottimista».
Come hai passato la quarantena? Anche i diesse si tengono in allenamento?
«Fortunatamente abito in una bella zona con un giardino bello grande, una bella veranda e vicino alla collina e ai boschi. Quindi non ho avuto problemi a stare in casa, anzi è stata l’occasione per riunirci tutti assieme, cosa che normalmente non accade con continuità, visto che soprattutto io sono in giro quasi tutto l’anno per le corse. E’ stato bello tornare a vivere come quando i figli erano piccoli e tutto veniva scandito con regolarità. E poi mi sono dedicato al giardino che non è mai stato così ben curato, verdeggiante e fiorito, come lo è adesso: sono lavori che mi piacciono ma che spesso ho dovuto trascurare proprio per la mancanza di tempo. Ho rispolverato un vecchio rullo, non di quelli smart, che usavo nel 1996/97 ed è tornato utile per stare in movimento e che dividevo con mio figlio che non pratica sport agonistico ma che comunque è attivo e la settimana scorsa quando c’è stato il via libera per andare in bici mi ha “distrutto“ nell’uscita con la mountain bike».
A proposito di utilizzo dei rulli e del ciclismo virtuale, sono nate diverse e «accattivanti» competizioni. Qual è il tuo pensiero a riguardo?
«E’ stata una novità ed è andata benissimo. E’ servita per tenere un po’ alta l’attenzione sul ciclismo e per tenere vivo l’interesse tenendo la luce accesa sul nostro sport; poi in minima parte è stato utile anche per un piccolo ritorno pubblicitario. Di queste competizioni virtuali se ne è parlato molto e per gli sponsor c’è stato un certo gradimento. E’ chiaro che quando poi si torna su strada tutto cambia e il ciclismo virtuale, fatto "in casa", rimarrà un buon diversivo durante l’inverno quando le ragioni climatiche impediscono gli allenamenti».
L’UCI ha reso noto nei giorni scorsi il nuovo calendario della corse. I pareri sono discordi, qual è il tuo?
«Naturalmente l’ho visto e ho letto tanti pareri, anche discordanti, a riguardo. Le classiche in concomitanza del Giro d’Italia certamente non mi piacciono, ma questo secondo me non è il momento di fare polemiche o di affrontare lotte di potere. Il Tour de France è stato messo al centro del progetto per ripartire, ma ha avuto una maggiore attenzione perché la corsa a tappe francese è vitale per gli sponsor e di conseguenza per tutto il movimento del ciclismo. Non guardiamo solo a casa nostra, ma bisogna ragionare in generale ed è innegabile che il Tour è ancora la corsa più importante del mondo».
Fabio Baldato, prima di congedarsi, fa una dedica al papà Antonio, settantottenne che è inaspettatamente scomparso qualche giorno fa. «Ci tenevo a ricordarlo perché tutto quello che ho fatto nel ciclismo lo devo a lui che mi ha avviato a questo bellissimo sport e mi ha sempre seguito e incoraggiato. Durante la quarantena lo vedevo praticamente tutti i giorni, lavoravamo assieme ad un terreno che lui curava, e da un giorno all’altro improvvisamente ci ha lasciati, niente a che vedere col coronavirus, e davvero non ce lo aspettavamo».