Caro direttore, ho letto la tua intemerata a difesa di Moscon. Sono completamente d’accordo a metà. Lui dovrebbe imparare l’arte dell’autocontrollo, questo il vero punto. Consiglio mio: anziché andare mesi sui Teide, ogni tanto conviene un solo mese sul Tibet, assieme ai monaci del posto. Ma non voglio aggiungere parole inutili alla tua giusta causa. Voglio passare velocemente alla metà che non mi trova d’accordo: per favore, te lo chiedo davvero come un favore personale, piantala di iscrivere tra le vittime della vita i poveri corridori che scelgono il loro futuro in base alla cifra del contratto. Io penso che alla maggiore età ciascuno sia padrone del proprio destino: se tu e il tuo procuratore guardate solo ai bigliettoni, la scelta è rispettabile, ma poi non potete avviare il lamento dello squadrone arrogante e tracotante che non ti consente di esprimere i tuoi talenti da fenomeno.
Basta, davvero basta: se lo squadrone ti copre di denaro, si paga anche il capriccio di farti portare le valigie. Nessuno ti schiavizza, nessuno ti umilia: è un semplice accordo di lavoro. Se vuoi essere una star a vent’anni vai da Savio o da Reverberi, non alla Sky (tra parentesi: non mi pare che il nuovo semidio Bernal la faccia tanto lunga dovendo tirare come un mulo). E comunque: frignare con la cassaforte piena è uno sport che io non sopporto più. Ci sono battaglioni di giovani italiani che lavorano come schiavi – sul serio – senza prendere euro: non dico nelle piantagioni di pomodori, parlo di università e studi notarili. E allora vediamo di capirci: si sceglie in libertà e poi – la sparo grossa – ci si assumono onori e oneri della scelta.
Purtroppo, di questi tempi piace soltanto la panna montata della torta, non il bruciato che c’è sotto. Ma che frignino i corridori e i loro famelici procuratori posso anche capirlo: che lo faccia tu, caro direttore, a me risulta molto più indigesto. Questo ti dovevo, questo ti ho detto. Con il solito abbraccio.
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