«La Valtellina ha le salite giuste per sviluppare il prodotto bike. Ma per costruire un’offerta turistica mirata e vincente non basta: servono idee e azioni chiare ed efficaci con un piano marketing e di comunicazione condiviso e sostenuto dal territorio».
Da giornalista dello sport valtellinese a docente al corso di perfezionamento in Management dello sport dell’Università di Pavia, Pietro Illarietti racconta il proprio punto di vista sullo sviluppo del turismo legato allo sport delle due ruote e sull’esperienza accademica che inizierà fra poco più di un mese. Il management dello sport trova sempre più spazio negli atenei: si costruiscono competenze specifiche con percorsi ad hoc. Ma sui territori - nel nostro caso è quello di Mortirolo, Stelvio e Gavia - cosa succede?
«In Valtellina le premesse per creare sempre più opportunità per i turisti e l’economia locale ci sono tutte, visto che i passi sono conosciuti da tutti gli appassionati di ciclismo e abbiamo varie piste ciclabili. Ci sono state, negli ultimi anni, iniziative interessanti. Ma per trasformare le opportunità in una reale occasione di crescita del turismo valtellinese dobbiamo essere capaci di raccontare ai potenziali clienti la storia che si è scritta su queste strade. Pensiamo, ad esempio, alle tappe del Giro d’Italia che si sono combattute sui tornanti delle nostre valli e all’attenzione raccolta dalle manifestazioni che hanno portato gli appassionati a pedalare con i campioni come Alberto Contador. Il contenuto deve diventare cultura per il territorio, lo sportivo ospite deve respirare aria di bici e riconoscere quindi qualità all’ambiente che frequenta. Il segreto sta nelle persone, non solo nelle strutture. Ricordiamo che la concorrenza è di livello internazionale e non nel nostro vicino».
La stagione invernale che si sta per chiudere dimostra che di solo sci non solo non si vive, ma si rischia di soffrire moltissimo. Intanto anche in inverno si pedala sulle fat bike. Come interpreta l’atteggiamento degli enti locali su questo fronte?
«Non basta affermare che si punta sul turismo della bicicletta. Occorre programmare le azioni sulla base di una precisa visione per coordinare e sviluppare il prodotto. Alle istituzioni locali sono state presentate delle proposte finalizzate alla costruzione di prodotti turistici adeguati a un target, quello del mondo del ciclismo, e della vacanza attiva, in costante crescita. Se ci pensate bene una località turistica vale l’altra, quello che fa veramente la differenza è lo star bene in un posto. Come? Con l’offerta adeguata sviluppata da persone preparate. Io ritengo necessario che il territorio sviluppi un piano chiaro. Bisogna crescere a livello di prodotto e saper comunicare le proprie offerte con messaggi credibili e trasparenti, raccontando agli interlocutori quali sono le peculiarità della Valtellina. È necessario il coraggio di credere in queste scelte e sfruttare tutte le carte che abbiamo in mano. Il verde, la mobilità sostenibile e la cultura del territorio sono argomenti vincenti in un mondo che viaggia sempre più veloce in contesti caotici metropolitani e degradati».
Lei nasce giornalista: quant’è importante comunicare in modo efficace nell’ambito del turismo sportivo?
«Anche quest’abilità è fondamentale: è indispensabile poter contare nelle aziende e nelle istituzioni su competenze specifiche, aggiornate sia per le varie proposte, sia a seconda delle piattaforme comunicative nell’ottica della crossmedialità. Tutti noi, insomma, in ogni momento della giornata, vogliamo comunicare, lo dimostrano i fatti. Ma il rischio di commettere errori che potrebbero costarci in termini di immagine e denaro, o comunque limitare le nostre occasioni di business, è dietro l’angolo. Per questa ragione la qualità della comunicazione è cruciale. Comprenderne le dinamiche e saperle gestire è un valore aggiunto che si può rivelare fondamentale per l’affermazione di prodotti e progetti, oltre che per il brand di un territorio».
Tornando al corso universitario, passare dalle belle parole alle esperienze concrete è anche uno degli scogli che devono essere superati dal mondo dell’istruzione e della formazione. Spesso si osserva lo squilibrio fra le ore di teoria e le opportunità pratiche offerte dai percorsi scolastici e accademici.
«Le esperienze sul campo sono fondamentali e gli stage sono un’occasione preziosa. Ma attenzione: accedere a un tirocinio non vorrà probabilmente dire lavorare in quell’azienda. Però è importantissimo acquisire competenze per poi rivenderle sul mercato. Servono grandi sforzi mentali per essere pronti a cambiare e cogliere opportunità. Si impara, poi il mondo cambia e si deve essere pronti a re-imparare. Forza d’animo, elasticità mentale, e curiosità sono elementi cruciali».
Come proverà a trasmetterli ai suoi studenti?
«Cercherò di partire dalle mie esperienze sul campo. Alle lezioni teoriche classiche preferisco l’interazione continua, con le domande del docente agli allievi, finalizzate alla costruzione di un ragionamento che vuole aprire la visuale. Il lavoro può essere fantasia e passione e fare della propria passione un lavoro è un dettaglio non da poco, migliora la tua vita. Vorrei trasmettere questa mia idea ai partecipanti. Vari studenti, in occasione di iniziative del passato, l’hanno compreso e per me è stato motivo di soddisfazione. Non è facile insinuare la curiosità nei ragazzi, ma quando capiscono che parli con il cuore allora ti sorprendono per voglia di fare. Mi piacerebbe raccontarlo anche ad allievi valtellinesi: a Pavia c’è posto anche per loro. Noi siamo persone pragmatiche, ma per cambiare in meglio è necessario anche osare. Cercheremo di farlo insieme».
di Stefano Barbusca, da La Provincia di Sondrio