Non sono un genio, ma ad un genio mi ispiro e cerco di abbeverarmi per non finire nei gorghi della depressione. C’è la crisi.
Sì, c’è la crisi da anni. Da sei, per l’esattezza. E da sei anni vedo
musi lunghi e ascolto parole prive di speranza che guardano solo al
passato. A quando andava peggio - e per questi illuminati pensatori -
era anche meglio.
Il ciclismo vive la crisi totale e la sua “particulare”.
Non è un buon momento per il movimento delle due ruote, sia dal punto
di vista organizzativo che sponsorizzativo. I problemi sono tanti, forse
pure troppi. Si fatica a fare le squadre, si tribola a trovare
corridori, ad organizzare le corse e a farle circolare per le strade. Un tempo le strade erano pericolose, oggi, in alcune Province del Bel Paese non ci sono nemmeno più: le strade.
Nel senso che mancano i permessi. Perché i Comuni e le Province non più
vogliono grane. Le strade sono ridotte a colabrodi: mancano i soldi,
non si fanno le manutenzioni. Se ci sono le buche, aumentano gli
incidenti e di pari passo le denunce dei malcapitati. E allora meglio
non far circolare i ciclisti, perché basta e avanzano i “vaffa” dei
cittadini.
Non sono un genio, ma ad un genio mi ispiro. «Non possiamo
pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose»,
scrisse Albert Einstein. Per questo genio, «la crisi è la più
grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta
progressi. La creatività nasce dall'angoscia come il giorno nasce dalla
notte oscura. È nella crisi che sorge l'inventiva, le scoperte e le
grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere
'superato'».
Parole che risuonano come musica celeste e hanno il
sapore del miele, non perché medica le ferite dell’anima, ma perché ci
inducono a fare e a credere in quello che facciamo. «La vera crisi, è la
crisi dell'incompetenza», scrisse nel suo «Il mondo come io lo vedo»,
sempre il fisico e filosofo tedesco.
Non voglio imbarazzare nessuno, o passare direttamente da genio a cretino in un sol colpo, ma gli amici del Gs Progetti Scorta, con Silvano Antonelli in testa -
nel loro piccolo - quando hanno percepito anni fa la difficoltà di
garantire sicurezza nelle corse ciclistiche, perché la Polizia di Stato,
i Carabinieri, i vigili della polizia locale e via elencando hanno
incominciato ad avere sempre più difficoltà a seguire le nostre
manifestazioni, si sono rimboccati le maniche e hanno fatto in modo che il problema fosse affrontato e superato sul nascere.
Da anni, il ciclismo ha sentito puzza di bruciato ed è corso ai ripari.
Da anni il ciclismo ha capito il problema e, a differenza del calcio
che ora protesta davanti all’idea del Governo Renzi di esercitare un
prelievo forzato che va dall’1 al 3% sulla vendita dei biglietti per
avere un rimborso di quello che fanno, il nostro movimento ha creato quello che oggi tutti riconoscono e apprezzano: le scorte tecniche.
Per
usare sempre le illuminanti parole del genio tedesco «senza crisi non
c'è merito. È nella crisi che emerge il meglio di ognuno... Finiamola
una volta per tutte con l'unica crisi pericolosa, che è la tragedia di
non voler lottare per superarla», il povero e malandato ciclismo non ha
mai smesso di lottare. Non ha mai cessato di guardare all’orizzonte per
comprenderne i mutamenti e adeguarsi di conseguenza.
Il ciclismo,
con tutti i suoi difetti e limiti, sta affrontando la crisi da tempo con
impegno e creatività. Il mondo del calcio prosegue a trastullarsi
garrulo convinto di non dover mai pagare dazio. Il ciclismo pedala di
buona lena, mentre il calcio, in certi momenti, sarebbe davvero da
prendere a calci.
Pier Augusto Stagi, da "Il Giorno della Scorta"