Quelli che "eh ma la Bassa è piatta, nosiosa, sempre uguale", dovrebbero venire a pedalare in Kansas. Cinquecento miglia in bolla perfetta, per chi ha fatto il magütt oppur ne ha visti all'opera, non c'è bisogno di spiegazioni: chi' ga voeul propi i garu’n, direbbero i puri milanesi (noi bergamask parliamo diverso, si sa), ci vorrebbero le gambe - nel mio caso la forma verbale è "ci vorrebbero" - e se tira una bava di aria entrante da ore nove a ore tre (cioè di fronte o di fianco, scusate neh se preciso) si può anche ammainare le vele e sedersi sotto un albero a meditare. Se lo si trova, l'albero. A occidente, è dura trovarlo. A oriente, dove per fortuna il vostro fedele Sergio Gh. trovasi, gli alberi ci sono e sono bellissimi. C'è anche un caldoumido che in Colorado neppur s'immaginava, ventononostante, e così uno si prepara già a quel che l'aspetta in Missouri, sissignor, andiamo verso il grande fiume, ma quello grande grande grande, come i libri di Mark Twain, fors'anche il più grande giornalista mai esistito, se ne son mai esistiti (ha ha ha), lo dice uno che ha sempre provato a farlo (il giornalista) e quasi mai ha avuto la sensazione di riuscirci. Un po' come in bicicletta, 'nsomma.
Pensieri da Kansas, dove tutto è quiete, tutto è agricoltura, tutto è allevamento, tutto è cavalli che ti puntano e a volte ti seguono, e poi purtroppo anche pozzi, pozzi, pozzi di gas naturale e chissà che altro. E non finisce, non finisce mai. Ma mette addosso una pace profonda, perché quei pochi che incontri guidano bene, ti passan lontano. E ti salutano, tutti, assolutamente tutti qui ti salutano. Diventa noioso anche quello, ma come fa a non piacerti? Prova a salutare uno che incroci in qualche padania nostrana: minimo pensa che lo hai mandato affa. " No vayas, que te cansas" era la vocina spagnola che sentivo dentro prima di partire, ma il Kansas "puede cansarte las piernas, no el alma", dico io nella mia seconda lingua (l'ingleseè` la terza, il bergamask la quarta ma lo tengo per gli amici stretti sennò pensate che sto mandando affa anche voi, cari miei venticinque lettori).
Ho impropriamente citato il Manzoni, qualcuno se n'é accorto? Ma in questo viaggio l'autore che più mi è venuto in mente si chiama Edgar Lee Masters. Non so se per la sua inimitabile Antologia di Spoon River potessero averlo ispirato le strade d'America (che erano poche al tempo suo) ma quelle di oggi, con tutte quelle croci coi fiori e i cartelli e i bigliettini e i pupazzetti e quantaltro ai lati, fan veramente pensare che l'umanità cossiddettavanzata (che saremmo poi tutti quanti noi) non ha capito uno straniente di niente. Una morte per strada, e mi tocco con permesso, è la più insensata che si possa immaginare, e che sia la più probabile (e mi ritocco) dimostra l'imbecillità di questa specie sedicente leader del pianeta.
Ma preferisco pensare a E.L.M. in altro modo, immaginare la sua Spoon River in uno dei mille cimiteri d'erbetta e piante e pietre discrete, senza fotografie, dei cimiteri dei tanti cristianesimi non-cattolici che vedo disseminati ovunque, luoghi di pace vera, di tumulazioni logiche, senza quegli orribili condomini del ricordo che sono I nostri colombari. Forse ve l'ho già scritto ma repetita iuvant, a volte: la bici, solo la bici, ti porta in posti dove ti senti come Corto Maltese a Stonehenge, in uno di quei capolavori del disegno raccontato del grande Hugo Pratt.
Mia mamma, morta a 53 anni, nella sua vita spericolata aveva fatto in tempo a introdurmi alla parapsicologia, e allora pensate che male (tono ironico eh) posso arrivare a stare in un cimitero in generale, ma soprattutto di questi qua del Kansas. Ho visto perfino una tomba con annessa panchina in pietra. Ma certo, perché no? Sedetevi qui, che mi fate compagnia, e vedrete quanti ricordi, quante idee posso ancora ispirarvi, da qua sotto o da là sopra o da dove volete voi che mi trovi. Non è bellissimo? A me sembra di sì.
Però adesso basta cimiteri, basta Lee Masters, ed esauriamo la parte pseudo-cult rivelando che libro mi son portato per questa "costucost": la seconda parte de "L'uomo senza qualità" di Robert Musil, un affrescone scritto e ambientato nella Mitteleuropa di cent'anni fa (giusto alla vigiia della Grande Guerra, già che ormai siamo nel centenario) che i grandi critici non esitano a mettere sul piano dei Joyce e dei Proust. Roba tosta per un ciclista-campeggiatore, devo ammetterlo, ma sto maturando e posso anche farcela. A finire Musil, e a finire la Costucost. Se non finisco (e mi stratocco) tra la brava gente di Edgar Lee Masters, vi riscrivo dal Missouri, eh? Dai, che fra quattro articoli avete finite di soffrire anche voi...
Sergio Ghisleni
PUNTATE PRECEDENTI
1 - Oregon selvaggio, terra di amici
2 - L'Idaho che fa paura
3 - I grandi cieli del Montana
4 - Wyoming, la terra del vento
5 - Colorado, l'emozione del Sand Creek