Where are you heading? (Forma corretta). Whe're ya headin'? (Forma colloquiale-fonetico-stradale). Whe're ya headin' farà pure inorridire i professorini/oni, ma è più reale e in un certo senso più bello: l'inglese ha successo anche perché è facile e pieno di vaccate, usiamolo come tale, no? Allora, la domanda, semplice e diretta, è quella che ti fanno subito tutti quando ti vedono con la bici carica come un somaro (o quando vedono un somaro con la bici carica, caso mio). Dove sei diretto? ma letteralmente la traduzione sarebbe: dove stai TESTANDO? Dove dirigi la testa? verso dove la chini su quel manubrio curvo?
A me la forma verbale HEADING, in quest'accezione, sembra meravigliosa perché dà l'idea di tutto: dove uno va, a che cosa pensa, in che cosa spera. Sono in Colorado, ma la testa è già in Kansas, poi in Missouri, poi... in Europa, magari.
Whe're you headin', my man? (Denota ammirazione). E tu rispondi: well, where the wind blows (se vuoi filosofare) o semplicemente: EAST. Ad Est, finalmente, dritto ad Est, è là che tira la rotta, e speriamo il vento, e questo da quando, entrato nel favoloso Colorado, ho scavalcato le mitiche Rocky Mountains, aggirato l'area metropolitana di Denver, e messo la prua dove da settimane sognavo di metterla.
Prima però son riuscito a fare la mia, di vaccata: sbagliare strada. Sì, quella cosa che se la fanno gli altri è una pirlata, se la facciamo noi, una cosa che può capitare a tutti.
Allora, una mattina smonto la tenda (male), faccio poca colazione (malissimo) parto un po' stordito, e quando cedo alla tentazione di guardare il conta-miglia, scopro che son fuori rotta da un bel twenty miles, yes sir. E mò? se torno indietro, fa 40 miglia in più. Se vado avanti, siccome siamo in mezzo alle rockies, faccio tutt'altro giro e mi perdo Hoosier Pass, la Cima Coppi della mia TransAm. Sapete una cosa? Viva Fausto, sempre e comunque, ma al diavolo la Cima Coppi: consigliato (anche) da un vecchio fisherman del Michigan River, mi son fatto il più settentrionale Cameron Pass, son passato a Nord e poi Est di Denver anzichè a Ovest e poi a Sud, e in totale sono stato fuori rotta per quasi una settimana... però cos'è il viaggio, se non avventura day-by-day? (E per stavolta non cito Lao-Tse per non essere pedante).
Vi risparmio le emozioni da alta quota, anche se da uomo delle Orobie (Prealpi che sembrano Alpi vere, anzi lo sono, dai) devo dire che ai 10mila e passa piedi di Cameron Pass (che fa oltre 3mila metri) qualche lacrima l'ho spremuta e non me ne vergogno: lo Stelvio a 35 anni l'avevo pur fatto, ma son "solo" 2.750 metri (e Cata, la mia compagna, che era a Bormio in ritiro colla "sua" nazionale di basket, in cima mi aveva rifilato due bei minuti), e poi, nonostante il buon sangue montanaro, io colle mie gambe non son mai andato oltre I 3.600 metri, sul Monte Rosa a quelle quote mi blocco sempre, e da sciatore ho toccata una volta i 4mila ma col trucco: funivia del Kleine Matterhorn, sopra il Plateau Rosà, versante svizzero. Mai provate sensazioni fisiche più forti. Ma i tremila in bici son stati qualcosa di speciale. Sarà stata la vista del monte Von Richtofen (sì, il Barone Rosso, proprio lui) o di qualcun altro della trentina di "quattromila" che vanta il fantastico Colorado, la terra di Greg LeMond, di Andy Hampsten, l'uomo della più incredibile tappa alpina dei tempi moderni, altro che gli eroi tecnologizzati delle tappe annullate/semineutralizzate/riscaldate di oggi, tutti in Pullman che c'è neve sul Turchino, ma mifaccianoilpiacere e si leggano un po' di roba su Ganna Galetti il Diavolo Rosso eccetera, per non dir di Bottecchia Ottavio, antenato di Ven-cendso N'bale (uso la fonetica colla quale mi citano qui il vincitore del Tour).
Sì, lo so, sto sbracando e sono totalmente fuori rotta anche per l'argomento. Colorado: se non ci siete venuti veniteci, se ci venite ci tornerete. Io l'ho fatto. Ero venuto nel duemila o lì vicino e avevo intervistato a Colorado Springs un'atleta che adoro: Paula Radcliffe, maratoneta britannica, una perdentona di superlusso, idealista, modesta, grandissima. L'atleta che più mi ricorda la madre di mia figlia, eddiciamolo, dai, anche se gli sport individuali sono probabilmente morti e sepolti, almeno nel professionismo, e i team-sports no.
Comunque, un weekend a Colorado Springs non mi aveva dato un decimo di questo viaggio, nel quale scopro che la gente di qui compensa col carattere caldo i gelidi inverni delle Rockies. Rompo un raggio a 12 miglia da Fort Collins, e dalla prima casa che vedo mi fanno cenno di entrare e mi portano in città. Cerco una strada 2 giorni dopo e Melody, anziana impiegata di una gas-station, mi fotocopia una mappa con tanto di riga in evidenziatore giallo, e mi dice: "ma soprattutto sta' attento: a me quasi m'ammazza un'auto quando facevo triathlon ed ero una giovane promessa...". Starà attento, madam, ma noi ciclisti siamo nelle mani degli altri, ahinoi. E anche i due colored, (padre e figlia presumo) che ho visto venirmi incontro a piedi dall'altra parte di un'assolata highway a 40 miglia da Denver (dov'erano diretti), eran nelle mani di qualche cosa o qualcuno che era "altro da loro": abbiam chiacchierato un po', ho dato loro una dritta su una gas-station che distava tre miglia, ho regalato una borraccia d'acqua. Ne avevo tre, sai lo sforzo, ma mi hanno guardato con Quattro occhi che non dimenticherò mai.
E c'è un'ultima cosa del Colorado che non dimenticherò mai. Nella Contea Kit Carson (siii, l'aiutante di Tex Willer) la bici mi ha portato sul luogo del massacro di Sand Creek, una colossale porcata dell'uomo bianco in divisa contro 700 Arapaho e Cheyenne i cui capi solo mesi prima avevano trattato nuove condizioni di pace a Washington. Anno 1864, Sand Creek: la Little Big Horn dei nativi, un massacro orribile. E uno che ha sempre ascoltato De André, senza pensare a fondo a tante parole, non può non togliersi il caschetto e pensare a guerrieri, donne e bambini mitragliati come John Kennedy (altro che Oswald e proiettile magico) non a Dallas ma sul fondo del Sand Creek. Che schifo fa la storia, tante volte, e che schifo come la raccontano, tanti media d'elite, ancora oggi. (Mi riferisco qui a Dallas e ai negazionisti del complotto, che hanno largo spazio su Time Magazine, nientemeno: nel 2029 sapremo, ma c'è bisogno di aspettare che le Cie e le Efbiai aprano i loro c. di archivi per capire lo schifo che c'è in 'sto mondo ipocrita?).
Scusate lo sfogo, probabilmente fuori luogo. Per fortuna ho una baraonda di miglia da fare e la bici aiuta a ripulire i neuroni. Duemila miglia son superate, adesso quelle davanti son meno di quelle dietro. Il che aiuta, azzo se aiuta. Con buona pace del grande Lao-Tse. Ciao!
Sergio Ghisleni
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