Il Filosofo. Lo chiamavano così - i più superficiali – per i suoi occhiali da vista con la montatura rotonda, come quelli di John Lennon. Lo chiamavano così - i più informati – per i suoi studi in Filosofia all’Università di Pavia, traguardo piuttosto raro, se non addirittura sospetto, fra i corridori professionisti. In corsa non filosofeggiava: non era il caso. Ma in bici, a piedi, in tv, al telefono, nella vita di tutti i giorni, Marco Vitali è – questa l’etimologia di filosofo – un amante della sapienza. E coerente con i suoi principi, si distingueva, e si distingue.
Quella volta che il Velo Club Mendrisio, la squadra per la quale è sempre stato tesserato da dilettante, gli consegnò una Colnago nuova fiammante e lui, il Filosofo, immediatamente ne riverniciò loghi e marchi per nasconderli, contrario alla pubblicità. Quella volta che, dopo i Mondiali di Goodwood, mentre gli altri rientravano in patria per prepararsi ai campionati nazionali, lui, il Filosofo, si fermò a Londra per curiosare, esplorare, aggiornarsi. Quella volta che commentò con passione una vittoria di Nibali al Tour de France e un telespettatore svizzero scrisse “italianissimo Vitali, smettila di incensare Nibali, hai rotto i…”, e a colpire lui, il Filosofo, non fu solo la volgarità nascosta dai puntini, quanto quell’italianissimo, una storia che risaliva al 1987, quando il Filosofo conquistò una tappa al Giro d’Italia, Adriano De Zan gli domandò se si sentisse italiano o svizzero, e lui onestamente rispose – appunto – italianissimo. E tutte quelle volte che la corsa entrava nel vivo e giungeva sul più bello e lui, il Filosofo, era sopraffatto da crampi o conati o fitte.
Giancarlo Dionisio ha dedicato a lui, il Filosofo, un capitolo del libro “Sulle strade eroiche del Tour de Suisse” (Fontana edizioni, 240 pagine, 39 franchi svizzeri): 10 pagine, 12 foto, il titolo “Marco Vitali e lo stomaco birichino”, e poi avventure e disavventure, con precisione (svizzera) e calore (italiano), ma anche con l’affetto e la gratitudine di chi ha condiviso, per una ventina d’anni, Dionisio giornalista sportivo della Radiotelevisione Svizzera Italiana e Vitali opinionista, il racconto di un migliaio di giornate ciclistiche e stradali, agonistiche e spirituali, sentimentali e filosofiche.
“Vitali – scrive Dionisio – la carriera l’aveva interrotta quando non aveva ancora 32 anni. Aveva ancora energia da vendere all’ingrosso. Ma la motivazione andava scemando. ‘Non era più il mio ciclismo’ mi confessò durante una delle innumerevoli cene consumate insieme al seguito delle corse”. Se non era più il suo ciclismo, era sempre sua la bici. Un modo per essere e pensare, per scoprire e capire. Come, adesso, quelle perlustrazioni per individuare percorsi protetti o da proteggere nella Svizzera italiana. Come, adesso, quei viaggi per vedere e studiare quello che si fa altrove, recentemente in Algeria. Come, adesso, libri da leggere, che bello tuffarsi nelle vite degli altri.
Così, fra radiotelecronache e supplenze, il Filosofo pedala e pedalando filosofeggia.