Bolzano, di fianco al Museion. Dieci ritratti fotografici di contadini della Val Senales. E una bicicletta. I dieci ritratti fotografici, opera di Ludwig Thalheimer, sono stati voluti, cercati, trovati, fissati, incorniciati, incastonati. E la bicicletta, una bici forse da gravel adattata e adottata dalla città, una Cinelli, è casuale, appoggiata, incatenata, temporanea, estemporanea. I dieci ritratti fotografici “caratterizzano il volto del paesaggio” e il paesaggio “caratterizza quello delle persone in un’osmosi reciproca”, come scritto nella didascalia dell’opera. E la bicicletta caratterizza non solo il paesaggio ma anche il passaggio, e comunque e dovunque caratterizza anche le persone in un’osmosi, un gemellaggio, un tandem reciproco. Né Thalheimer né Cinelli avrebbero mai immaginato o preteso o sperato in quell’incontro, ma l’incontro era, prima o poi, sempre, inevitabile. Perché la bicicletta va incontro e indietro, va con e per, va agile e silenziosa, va da e a, va rispettosa e generosa, va su e giù, va campionessa e gregaria, va intorno e attraverso, va anche contadina e cittadina.
Quella bicicletta sembra un dono, un omaggio. Sembra anche un’interpretazione, una dichiarazione. Sembra perfino un miraggio, una fantasia. E’ invece il segno di un’integrazione, di un’inclusione. E’ invece il simbolo di una esistenza, di una coesistenza, di una resistenza. E’ invece il matrimonio di un sistema umano e naturale, culturale e naturale, agricolo e atletico.
I dieci ritratti fotografici di contadini della Val Senales. E la bicicletta. Per pedalare nell’arte, nella bellezza, nella storia.
PS Tornato sul posto, la bicicletta ovviamente non c’era più. E i dieci contadini ovviamente sì. Ma mi sono sembrati, per così dire, orfani.