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GARE CICLISTICHE E CENTRI ABITATI, I RISCHI DELLE MANCATE ORDINANZE
di Silvano Antonelli | 25/10/2023 | 08:08

Finita la stagione agonistica, si avvicinano i mesi dedicati ai corsi di formazione e di aggiornamento delle figure tecniche appartenenti alla FCI, tra cui, quelle significative del comparto sicurezza e dei direttori di corsa.

È il tempo in cui chi gestisce la formazione è chiamato ad illustrare le regole, a specificare come si gestiscono e, in modo particolare, a precisare quanto rigore sia indispensabile nell’applicarle, sia per prevenire le situazioni di rischio, cosa fondamentale, sia per tutelare al meglio le responsabilità di quanti hanno un ruolo nell’impostazione e nella conduzione delle gare ciclistiche.

Una attività che, scegliendo i modi giusti, può essere svolta con successo.

Una questione che però incuriosisce non poco è quella del che cosa verrà insegnato o ripetuto di fare relativamente alle varie ordinanze di sospensione della circolazione necessarie al transito delle gare, senza scadere nell’assurdo del «questo è almeno quello che si dovrebbe fare», oppure, «queste sono le regole, vedete voi come riuscirci», oppure ancora, «a voi la responsabilità di procurarvele tutte oppure no»?

Blande raccomandazioni, incertezze o pressapochismi, non accettabili per una questione che carica sui direttori di corsa una responsabilità pesante con conseguenze non ancora del tutto esplorate, tipo quella di un grave sinistro in gara proprio in un tratto di strada non coperto dall’ordinanza di sospensione temporanea del traffico. Responsabilità insita nelle prescrizioni dell’autorizzazione e, più recentemente, richiamata in modo forte dal Disciplinare dove il direttore di corsa, in qualità di responsabile del servizio di scorta, è chiamato ad accertarsi, per poter dare il via alla gara, dell’esistenza delle dovute autorizzazioni e delle varie ordinanze di sospensione della circolazione. Di tutte, ovviamente!

Questo in linea di principio. Una situazione che, bene ripeterlo, dovrebbe essere il rigoroso rispetto delle regole, da parte di tutti, ma anche a tutela, di tutti!

Ma come stanno veramente le cose? A quanto pare, piuttosto male, anzi, molto male! La maggioranza delle gare ciclistiche di media o alta complessità, specie quelle a tappe o che per estensione attraversano più province, partono senza o con solo una parte delle ordinanze comunali per l’attraversamento dei vari centri abitati.

Facciamo un passo indietro per farci capire meglio.

L’attuale Codice della Strada, sin dalla sua entrata in vigore (1992), ha stabilito che alle ordinanze di sospensione del traffico nei tratti stradali extra urbani devono provvedere i prefetti (art.6), mentre per i centri abitati, ovvero i tratti urbani, la competenza è dei sindaci (art. 7).

Senonché, vista la complessità burocratica che il disposto proiettava sui transiti interessanti più territori, come ad esempio nel caso delle gare ciclistiche, tutti i prefetti hanno via via assunto l’orientamento di emettere le proprie ordinanze a copertura dell’intero percorso, quasi estendendo la loro competenza “a fin di bene”, senza che nessuno si sia mai opposto, tanto è evidente il beneficio in termini di semplificazione.

Tutto questo fino al 2020, anno in cui, alcuni sindaci, spiaciuti per l’aver dovuto subire il transito nelle loro località turistiche di una importante competizione ciclistica, decidevano di rivolgersi al Ministero dell’Interno rivendicando il rispetto delle proprie prerogative e quindi, ottenere il dovuto chiarimento, che avveniva con la Circolare del 29.9.20 dell’allora capo della Polizia Gabrielli, il quale, si rivolgeva a tutti i prefetti d’Italia richiamandoli alla necessità di un rigoroso rispetto delle competenze stabilite dagli art. 6 e 7. Un atto obbligato, ineludibile, dall’involontario sapore di quei cartelli appesi dietro al bancone di certe botteghe di campagna con la scritta «per colpa di qualcuno non si fa credito a nessuno».

Da allora sono passate ben tre stagioni agonistiche. E se all’ inizio del 2021 era normale supporre un primo periodo di “assestamento” entro il quale dare modo alle prefetture e ai comuni di “assorbire” la novità e quindi avviarsi verso l’indispensabile uniformità e comunanza d’intenti, non è più normale, anzi appare incredibile, che l’indirizzo della Circolare Gabrielli non abbia trovato applicazione, se non parzialmente, addirittura fino a tutto il 2023.

Tre anni fa si poteva ironicamente dire che per le gare ciclistiche si era aperto il “festival delle ordinanze”, ma ora, a conti fatti, diventa necessario, con amarezza, perplessità e preoccupazione, prendere atto delle incongruenze e trascuratezze dei soggetti istituzionali ed amministrativi preposti che, malauguratamente, si riflettono principalmente sulla “pelle” dei direttori di corsa e, a caduta, su quella degli organizzatori.

Non è una “denuncia” fatta a caso, ma la realtà, e per averne la prova basta esaminare il carteggio di un certo numero di gare e quindi accorgersi che può capitare ancora di tutto.

Il quadro risulta variegato. Vi sono prefetture che emettono ordinanze ancora a copertura dell’intero percorso ed altre invece, più correttamente, solo per i tratti extra urbani. In alcuni casi escludendo però le strade extra urbane comunali (perché?), oppure dando copertura anche ai centri abitati non superiori ai 10.000 abitanti, dimenticando che il centro abitato resta sempre tale, indipendentemente da chi conserva la proprietà in quel tratto.

Vi sono, poi, prefetture che nei loro provvedimenti hanno l’accortezza di richiamare nominalmente tutti i comuni che dovranno emettere le rispettive ordinanze, svolgendo un apprezzabile opera di coordinamento a favore degli organizzatori, come peraltro suggerito nella stessa Circolare Gabrielli. Vi sono, infine, altre prefetture che omettono integralmente questo coordinamento.

A quanto sopra, va aggiunto poi quello che (non) fanno i comuni o le loro polizie locali delegate. In molti casi, infatti, per questi, le ordinanze per l’attraversamento dei centri abitati da parte delle gare ciclistiche appare una materia sconosciuta o quasi.

Altri comuni, invece, ritengono sia sufficiente il tradizionale nulla osta che spetta in quanto enti proprietari, oppure che non sussiste per loro il compito in quanto la strada che attraversa il centro abitato non è comunale, oppure ancora che si può eventualmente fare riferimento all’ordinanza comunale annuale che disciplina la viabilità per i casi di interventi urgenti sulla strada, oppure infine, che è tutto a posto perché basta l’ordinanza del prefetto.

Per non dire dell’ulteriore complicanza data da quei comuni che, pur avendo emesso l’ordinanza di propria competenza, la inviano alla prefettura ma non all’organizzatore, oppure, non la inviano a nessuno, limitandosi alla sua pubblicazione sul sito ufficiale del comune, che sotto il profilo del principio assolve all’obbligo della trasparenza e dell’avviso pubblico, ma che si sottrae a quello di rispondere ad una istanza ufficialmente avanzata dall’organizzatore.

Questo, e tutto questo, solo per limitarci al minimo della casistica possibile, non priva in tanti casi, sia nelle autorizzazioni che nelle ordinanze, di inadeguate prescrizioni formulate a “copia e incolla” oppure con riferimenti legislativi non più vigenti o normative abbondantemente superate.

Temporaneamente, a questo stato di cose, si potrebbe parzialmente porre rimedio con i “tavoli di concertazione” da aprire presso le prefetture, più volte sollecitati dal Ministero dell’Interno, ma che, ahimè, spiace dirlo, sono stati attivati solo in poche realtà, meritevoli certo, ma che sembrano non fare testo in un ambiente ciclistico ed istituzionale sostanzialmente poco sensibile a queste tematiche.

Ma torniamo al punto dal quale siamo partiti e che ha mosso i nostri ragionamenti: quali responsabilità e conseguenze si devono ipotizzare per i direttori di corsa in difetto delle dovute ordinanze?

Un interrogativo che possiamo iniziare a dipanare rivolgendoci innanzitutto agli specialisti della materia, come l’Avv. Celestino Salami, consulente legale del Comitato Regionale FCI dell’Emilia-Romagna, abituato alle cause inerenti le gare ciclistiche, che così ci risponde: “I Direttori di corsa sono depositari, contestualmente, di una responsabilità di tipo civilistico e di una cosiddetta “posizione di garanzia” penalmente rilevante, nei confronti degli atleti e dei terzi: ciò significa, per quanto di interesse in questa sede, che i direttori di corsa sono chiamati a controllare l’adeguatezza, l’idoneità e la sicurezza dei luoghi dove si svolge la manifestazione sportiva, e, a tal fine, sono, o per meglio dire, in questo stato di cose, dovrebbero essere vincolati al rigoroso rispetto ed osservanza di tutte le ordinanze prescritte”.

Ma cosa accade se questa ordinanza viene omessa?

“La giurisprudenza è incerta ed ondivaga, parallelamente alla confusione nell’attribuzione delle competenze amministrative di chi deve emettere le ordinanze, quel che è certo, purtroppo, è che, a seguito di un sinistro, ovvero, di un evento lesivo in gara, l’assenza o l’insufficienza delle ordinanze dei prefetti o dei sindaci non esclude la responsabilità del direttore di corsa, né quella civile (dunque: risarcimento dei danni, anche relativamente a somme significative), né quella penale, poiché, secondo il nostro ordinamento, l’essenza della colpa non si sostanzia solo nell’inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline, ma anche nella semplice negligenza, imperizia ed imprudenza e cioè nell’inosservanza di quelle regole di cautela che, anche se non “cristallizzate” in norme giuridiche, sono considerate di comune prudenza e diligenza.

I rischi sono, pertanto, assai elevati ed insidiosi, sino all’ipotesi di imputazione per omicidio colposo, nella malaugurata ipotesi in cui si verifichi il decesso di un atleta ovvero di uno spettatore”.

A ben vedere quindi c’è tutta la necessità che su questa questione se ne venga a capo il più presto possibile, stabilendo il che fare in rapporto alle due strade possibili: una per così dire “interna”, quella federale, dove tra formazione, controlli e iniziative verso le istituzioni, si arrivi all’applicazione coerente e certa dell’interpretazione corretta data dalla Circolare Gabrielli, ed una per così dire “esterna”, spinta dalla FCI e da quanti hanno a cuore il tema, affinché, l’attuale discussione parlamentare sulla riforma del codice della strada, prenda in considerazione, con una modifica all’art. 9, di risolvere la questione nel modo più conveniente e semplice per tutti, per la qualcosa, come “Progetti Scorta Club” mettiamo a disposizione la proposta dei nostri consulenti, così espressa: all’articolo 9 del Decreto Legislativo 30 aprile 1992 n. 285 e successive modificazioni sono apportate le seguenti modifiche: il comma 7 bis è sostituito dal seguente: “7-bis. Quando, per particolari esigenze connesse all'andamento plano-altimetrico del percorso, ovvero al numero dei partecipanti, sia necessaria la chiusura della strada, la validità dell'autorizzazione è subordinata, ove necessario, ad un provvedimento di chiusura della strada ai sensi dell'articolo 6, comma 1, ovvero, se trattasi di centro abitato, dell'articolo 7, comma 1 che deve essere emesso entro i 5 giorni precedenti l’inizio della competizione”; dopo il comma 7 bis è inserito il seguente” 7 ter. Fuori dei casi indicati dal comma 7 bis, la validità dell'autorizzazione è subordinata, ove necessario, all'esistenza di un provvedimento di sospensione temporanea della circolazione in occasione del transito dei partecipanti che, in deroga alle disposizioni degli articoli 6 e 7, è adottato dal Prefetto competente per territorio per l’intero percorso di gara che interessa il territorio stesso. Del provvedimento è data comunicazione ai sindaci dei comuni interessati almeno 5 giorni prima dell’inizio della competizione”.

Ai più precipitosi magari verrebbe da dire, perché allora non pensare ad una sola ordinanza, quella della prefettura interessata dalla partenza della gara, in analogia a quanto fanno le province per il rilascio dell’autorizzazione? Ma per realismo, pensare di modificare i confini delle prerogative dei prefetti, sarebbe troppo pioneristico o, all’opposto, troppo da ingenui. Già sarebbe tanto, ma veramente tanto, riportare gli “orologi” a prima della Circolare Gabrielli, con la semplificazione del possibile.

Possiamo credere che prossimamente qualcosa si muoverà? Magari, ma c’è da dubitarne. Una cosa però è certa: non esiste sicurezza disgiunta dalla responsabilità, e per i direttori di corsa e per gli organizzatori, la responsabilità deve avere un impianto certo e credibile.

Già troppe volte ci si è imbattuti in altisonanti dichiarazioni di principio e in semplicistici “montare in cattedra” successivi ad eventi gravi, quando un attimo prima chi doveva per legge e, per fisiologica attribuzione di competenza intervenire per prevenire, ha omesso non solo il proprio compito per disattenzione, pigrizia, negligenza, ma anche il riscontro a chi questo compito aveva sollecitato.

Ed è su questo aspetto che dobbiamo insistere nel concentrare la nostra attenzione ed indirizzare le nostre segnalazioni ai soggetti competenti: appunto, per prevenire! Magari confidando che il riconoscimento che lo sport ha ottenuto con la recente modifica dell’art. 33 della Costituzione, possa tradursi presto in atti concreti, anche per noi del ciclismo.

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