La riforma Cartabia ha inciso sulla legge del 2016 relativa all’omicidio stradale, lesioni gravi o gravissime. In particolare la riforma ha tolto la procedibilità d’ufficio per i casi di lesioni reintroducendo la necessità della querela della parte offesa.
Si mette mano quindi alla legge 41/2016, approvata a tutela delle vittime degli incidenti stradali che aveva introdotto una nuova fattispecie di reato: l’Omicidio stradale e lesioni stradali.
La riforma del 2016 era nata da un’iniziativa popolare del 2010 con lo scopo di punire più severamente i cosiddetti “pirati della strada” ed infliggere pene più gravi ai responsabili di incidenti con danni gravi, dando un forte segnale di reazione dell’Ordinamento nei confronti di questa particolare forma di omicidio o lesione.
Oltre all’inasprimento delle pene la legge del 2016 aveva stabilito si procedesse d’ufficio, ovvero in caso di lesioni gravi o morte il procedimento penale si sarebbe avviato in modo automatico. La procedura imponeva ai medici che rilevassero prognosi superiori ai 40 giorni di avvisare le autorità giudiziarie e far partire il procedimento penale.
Prima del 2016 le pene previste erano a dir poco leggere con procedimenti che si concludevano per lo più con l’archiviazione o con patteggiamenti ridicoli e con la pena sospesa!
In sintesi: i colpevoli restavano impuniti e le vittime dovevano pure attivarsi per ottenere un processo che non avrebbe poi portato a nulla.
La legge del 2016, introducendo il reato di omicidio e le lesioni gravi stradali ha segnato una svolta in senso punitivo nei confronti dei comportamenti più gravi, ma non ha funzionato come avrebbe dovuto, ed anzi si è visto prendere il via ad una serie di procedimenti aperti d’ufficio, poi abbandonati a seguito dell’ottenuto risarcimento da parte delle vittime.
Risultato: una mole enorme di fascicoli pendenti che hanno riempito e ingolfato gli uffici Giudiziari.
Vi è da aggiungere che la procedura risultava in alcuni casi eccessivamente punitiva nei confronti di responsabili di incidenti stradali, i quali venivano rinviati a giudizio in modo automatico anche senza che vi fossero gravi elementi di responsabilità, per scoprire solo nel corso del processo che vi era un concorso di colpa (in questo caso non vi sarebbe responsabilità penale).
La Legge Cartabia ha dato un taglio all’automatismo, escludendo la perseguibilità d'ufficio per le lesioni e mantenendola solo in caso di omicidio stradale o se vi siano aggravanti anche in caso di lesioni.
Oltre allo scopo deflattivo, quindi alleggerire gli uffici dai procedimenti, la riforma ha poi ripreso un argomento importante: la cosiddetta giustizia riparativa, introducendo programmi di mediazione tra vittima e autore del reato che, qualora venissero efficacemente applicati, potrebbero snellire e incentivare le procedure di risarcimento dei danni da parte anche delle assicurazioni.
Una procedura che andrebbe a vantaggio delle vittime ma con una particolare attenzione alla rieducazione stradale degli imputati responsabili dell’incidente. Il primo intento sarebbe quello di ridurre i danni per le vittime di incidenti stradali mediante una più snella ed efficace procedura di risarcimento del danno.
Il risarcimento del danno quando si rimane vittima di un incidente è un fattore determinante per eliminare quanto più possibile le conseguenze dannose che qualora non fosse tempestivo ed equo provocherebbe un secondo danno, restando vittime una seconda volta.
Tutti i propositi sembrano lodevoli, ma sarà l’applicazione sul campo a dare le risposte e gli esiti di un impegno che dovrebbe volgere all’eliminazione per la vittima delle conseguenze dannose del reato subito.
Lo scopo di questa modifica è quello quindi di incentivare, tramite un mediatore, la composizione dei conflitti tra vittima e assicurazione dell’investitore. Inoltre si imporrebbero all’imputato corsi di formazione di sicurezza stradale, per far si che prendesse coscienza della condotta tenuta, delle responsabilità e dell’educazione stradale.
In tutto ciò sarebbe auspicabile un capitolo sulle vittime più vulnerabili (ciclisti e pedoni), per far sì che gli automobilisti si rendessero più responsabili e consapevoli alla guida.
La giustizia riparativa persegue infatti l’obiettivo di evitare che il colpevole torni a commettere il medesimo errore.
La domanda che sorge spontanea è sul funzionamento delle strutture, se siano sufficienti ed efficienti e nelle condizioni di educare, formare, far prendere coscienza soprattutto a quegli individui che utilizzano l’automobile in modo incosciente e senza regole, distratti, maleducati…
Meditiamo e monitoriamo gli esiti di questa riforma affinchè sia un passo avanti e non due indietro.
Avv. Federico Balconi