Iniziamo la carrellata degli interventi del webinar “Sistema immunitario: nutrizione e sport” con quello del dottor Luca Mondazzi, medico specialista in Scienza dell'Alimentazione ed in Gastroenterologia, responsabile del servizio di Nutrizione per lo sport e dietologia per il wellness del Centro Ricerche Mapei Sport di Olgiate Olona (Varese).
Il sistema immunitario è altamente sensibile all’attività fisica e alla sedentarietà. Tuttavia, le influenze dell’attività fisica sul sistema immunitario non sono ancora né ben conosciute né, tantomeno, sempre prevedibili. In particolare, le incertezze riguardano gli effetti dell’esercizio di grande livello, cioè l’esercizio ad alta intensità, eseguito per tempi non brevi e ripetuto spesso.
L’attività fisica riduce il rischio di numerose patologie cronico degenerative e, in particolare, il rischio di coronaropatie, vasculopatie cerebrali, diabete di tipo 2 e demenze. In tutti questi casi, è rilevante il controllo dell’infiammazione, che è anche parte integrante delle risposte immunologiche. Tuttavia, gli effetti dell’attività fisica sulle risposte immunologiche strettamente intese sono più direttamente correlabili allo sviluppo delle malattie oncologiche e di quelle infettive.
L’attività fisica riduce il rischio di comparsa e metastatizzazione di numerosi tipi di cancro, con evidenze particolarmente chiare per: colon, mammella, endometrio, rene, vescica, esofago, stomaco, polmone. Questo effetto è mediato da azioni complesse e multiformi che includono le funzioni immunitarie e l’infiammazione. Non è noto quale sia il livello minimo di attività capace di determinare una riduzione del rischio oncologico, ma abitualmente si applicano le linee guida generali sull’attività fisica, essenzialmente commisurate al controllo delle malattie cronico degenerative: 150-300 min/sett di attività moderata o 75-150 min/sett di attività aerobica vigorosa.
Gli effetti dell’attività fisica sul sistema immunitario sono stati valutati anche prendendo in considerazione il rischio di malattie infettive. Tra queste, le più diffuse in ambito sportivo sono di gran lunga quelle delle prime vie respiratorie. Ciò che è risultato è che l’attività fisica regolare riduce la severità dei sintomi delle malattie infettive respiratorie e il numero complessivo dei giorni di malattia durante il periodo di osservazione, ma non il numero di episodi di malattia infettiva respiratoria per soggetto. Tuttavia, queste evidenze sono ancora incerte, per una serie di debolezze metodologiche degli studi dai quali originano.
Se è opinione ormai condivisa che l’attività fisica moderata-intensa eseguita all’interno delle linee guida sia di beneficio al sistema immunitario e riduca il rischio di malattie infettive e oncologiche, più incerti sono gli effetti dell’attività fisica di grande livello, come tipico dell’ambito agonistico. La teoria comunemente condivisa negli ultimi decenni è che quando i livelli di esercizio divengano molto grandi, le funzioni immunitarie declinino ed aumenti, in particolare, il rischio di infezioni respiratorie. In effetti, anche se la maggior parte degli atleti non ha più episodi di infezione respiratoria della popolazione generale è anche vero che il 5-7% di essi si ammala spesso. Almeno il 30-40% delle malattie degli atleti diagnosticate come infezioni del tratto respiratorio ha realmente una eziologia infettiva e sono possibili, non rare, riattivazioni di infezioni virali latenti, come tipicamente è il caso dell’infezione da virus di Epstein Barr. Dunque, secondo numerosi esperti, sessioni ripetute di esercizio strenuo di durata superiore a 2 ore ciascuna deprimerebbero l’immunità, con conseguente aumento del rischio infettivo. L’immunodepressione degli atleti può essere causata anche da carenze nutrizionali, stress psicologico, privazione del sonno, lunghi viaggi con cambiamento di molti fusi orari. In aggiunta, il fatto che gli atleti si ammalano di più durante gli eventi agonistici di massa ed anche durante le fasi di allenamento di gruppo può essere semplicemente espressione della maggiore esposizione ad agenti infettivi respiratori che si verifica in queste situazioni. Infine, non tutte le forme di malattia respiratoria sono in realtà ad eziologia infettiva, anche quando si utilizzano strumenti diagnostici sofisticati, si deve considerare anche il caso di semplici irritazioni o di allergie.