Dopo un 2020 vissuto troppo in fretta, Davide Cimolai con la sua Israel Start Up Nation cerca il riscatto. Voleva far sua una tappa al Giro d’Italia, ma si è dovuto accontentare di un quinto posto a Matera, dove a vincere è stato Demare. Davide è uno sprinter, abbastanza veloce e adatto a percorsi medi, nei suoi sogni c’è la Milano-Sanremo e in questo 2021 vuole far bene, correre per una vittoria e aiutare chi in squadra sarà più veloce di lui.
Che anno è stato per lei il 2020?
«Un anno particolare così come lo è stato per tutti. Nella mia vita ho ottenuto diversi risultati, ma in questa stagione non sono riuscito a portare a casa l’obiettivo che mi ero prefissato, come una tappa al Giro d’Italia».
In molti avete detto che siete partiti subito forte e che questo può aver influenzato il rendimento di alcuni corridori. Anche lei è di questo parere?
«Siamo partiti subito ad altissima velocità e quello che hanno i fatto i giovani fin dalla prima corsa mi ha veramente sorpreso. Ad ogni gara il livello era altissimo, c’era un ritmo folle e penso che il ciclismo stia cambiando. Quelli come me hanno risentito del fermo e della ripartenza veloce, probabilmente per questo abbiamo reso di meno rispetto ai giovanissimi. Non voglio trovare delle scuse, ma penso che tra noi e questi talenti emergenti ci siano grandi differenze».
Cosa le fa pensare che ci siano queste differenze?
«Sono dell’idea che dobbiamo cambiare qualcosa noi, che dobbiamo probabilmente modificare il modo di allenarci, chiedendo anche aiuto alla tecnologia, per trovare nuove forme di preparazione».
Il 2020 è stato un anno particolare, cosa l’ha sorpresa in particolare?
«In tutta onesta sono stati alcuni giovani che hanno corso in modo incredibile. Penso a Van der Poel e Van Aert, che hanno corso senza avere mai un momento di calo. Sono riusciti a passare dalla strada al ciclocross senza fare pause. Facendo ciclocross era normale che nella prima parte della stagione fossero più esplosivi, ma lo sono stati così per l’intero anno. Van Aert ha vinto da marzo fino al Mondiale, probabilmente sono autentici fenomeni».
E’ possibile essere competitivi e battere questi ragazzi?
«Sono fuoriclasse e nel gruppo si contano sulle dita di una mano. Per batterli dobbiamo essere noi al cento per cento e loro all’ottanta, una forma questa che riesci a tenere al massimo per un mese. In ogni caso loro anche quando sono al 70% riescono a vincere delle Classiche».
Come è stato il suo Giro d’Italia?
«Io non sono un vincente nelle volate pure, in particolare quando hai corridori come Demare da battere, che ha una base più veloce di me e un treno perfetto per le volate. Cercavo quelle tappe veloci ma dal finale un po’ più impegnativo e alla fine solo una, quella con arrivo a Matera, aveva questa caratteristiche. Sono arrivato quinto con Demare che ha poi vinto, mi è dispiaciuto perché avevo buone possibilità di successo. Ho provato anche con l’arrivo ad Asolo, dove la squadra ha fatto un ottimo lavoro, avevamo staccato i velocisti e poi si sono mossi gli uomini di classifica. Non ho vinto io ma come squadra il successo siamo lo stesso riusciti a coglierlo e questo mi rende felice».
Ha qualche rammarico per come è andata la stagione?
«Non posso ritenermi soddisfatto non ho vinto e se non ho vinto vuol dire che ho commesso degli errori. Forse la condizione fisica non era perfetta, oppure ho commesso errori di posizione».
La nuova stagione sta per partire: quali saranno i suoi appuntamenti?
«Prima ci sarà il ritiro con la squadra a Girona, poi correrò molto in Spagna. Debutterò alla Valenciana, poi Almeria e Ruta del Sol, per arrivare in Italia a marzo, per fare Laigueglia, Tirreno e Sanremo. Sicuramente non farò Strade Bianche, una corsa poco adatta alle mie caratteristiche».
Lei è uno sprinter, in testa al gruppo a giocarsi la vittoria ad alta velocità. Come si prendono le decisioni quando si deve fare una volata?
«Si ragiona d’istinto, in frazioni di secondo devi capire quale sarà la tua mossa. Io non ho un treno che mi porta fino ai 200 metri, dove poi diventa tutto più semplice. Io devo capire quando attaccare e quando scegliere una ruota da seguire e purtroppo se sbagli la ruota automaticamente perdi la volata e la corsa».
Guardando al passato, qual è la corsa che ricorda con più soddisfazione?
«Sembrerà strano ma non è una corsa dove ho vinto. E’ stato l’Europeo dove ha trionfato Matteo Trentin. Era il 2018 eravamo in 5 io ho tirato la volata a lui che ha vinto. Ero dietro di lui e mentre lui passava la linea del traguardo, alle sue spalle ero già con le braccia alzate. Questi gesti in gara si dovrebbero far vedere ai giovani, per far cambiare la mentalità al ciclismo».
In quale modo bisognerebbe cambiare il ciclismo?
«I giovani che fanno ciclismo, che sono ai primi anni, dovrebbero capire che in corsa non bisogna essere egoisti. Un ragazzo dovrebbe imparare valori fondamentali in gara, come onestà, lealtà e generosità. Ancora oggi il ciclismo premia troppo il corridore egoista che pensa solo a se stesso e questo è un concetto sbagliato».
Parlando di egoismo in corsa, vengono in mente gli incidenti, in particolare nelle volate. Cosa pensa di questo?
«Non mi sento di commentare troppo, però nel gruppo ci conosciamo tutti e quando capitano certi incidenti sappiamo che è la voglia di vincere che passa davanti a tutti e tutto. Sappiamo chi siamo e di solito chi è coinvolto in certi incidenti è sempre una persona che nel gruppo non tira mai freni e che corre sempre al limite».
Nella Israel Start Up Nation hanno molta fiducia in lei e dicono che quest’anno saprà dimostrare il suo valore. E’ di questa idea anche lei?
«Hanno ragione e non lo dico perché devono dimostrare qualcosa, visto che il mio contratto è in scadenza. Questa squadra mi piace e voglio rimanerci e immagino il mio futuro con loro. Ogni gara per me sarà uno stimolo in più per vincere e sono certo che arriverò alla vittoria. Con la squadra abbiamo deciso che farò il Giro d’Italia, ma prima di arrivare a questa corsa ce ne sono tante altre dove è possibile salire sul gradino più alto del podio».
Quale corsa le piacerebbe vincere?
«Senza dubbio la Milano-Sanremo. Fa parte delle cinque Classiche Monumento ed è quella che si addice di più alle mie caratteristiche e il suo percorso è bellissimo. Ricordo ancora quando ebbi l’onore di correrla la prima volta, era il 2012 e stavo con la Lampre. Per me fu una sorpresa, subito dopo la Cipressa, eravamo solo io e Cunego e lo aiutai a prendere il Poggio prima degli altri. L’arrivo poi fu in volata e arrivai dietro, ma fu un’emozione incredibile».
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