Simone Fraccaro, dopo 11 stagioni da professionista e due tappe vinte al Giro d'Italia, nel 1984 ha fondato l'azienda di abbigliamento tecnico GSG, che produce le maglie di leader per corse del calibro del Giro Rosa Iccrea e l'Adriatica Ionica Race. Ieri, in occasione del via della corsa organizzata da Moreno Argentin, lo abbiamo incontrato al lancio della nuova collezione avendo l'occasione di visitare l'azienda di Vallà di Riese Pio X (TV) che oggi conta 70 dipendenti.
Quanto è cambiato il ciclismo da quando correva lei?
«Si continua a pedalare, ma è tutta un'altra storia. La pendenza delle salite sembra diminuita per via dei mezzi, delle bici più leggere e dei capi più performanti. A livello tattico e mentale noto grandi differenze: noi avevamo un capitano, per quanto mi riguarda era Francesco Moser, decideva lui cosa doveva fare e noi compagni dovevamo agire di conseguenza, ora gli ordini arrivano dall'ammiraglia e il corridore non pensa più. Agli occhi del pubblico credo lo spettacolo abbia perso qualcosa. Non si vedono le espressioni dei corridori tra casco, occhiali, barbe. Si assomigliano tutti».
Se non fosse per i capi che indossano...
«Quando correvo io usavamo maglie e pantaloncini di lana. In una giornata calda come quella di oggi mentre scalavo l'Izoard al Tour de France 1975, all'epoca correvo con la Bianchi di Felice Gimondi, non riuscivo a respirare così decisi che mi sarei dedicato alla creazione di un abbigliamento più confortevole. Con il sole che batteva sulla schiena non trovavo pace. L'abbigliamento moderno è traspirante, assorbe il sudore, mantiene asciutti e freschi. Nei giorni scorsi alla Moserissima ho rimesso il completino di quando correvo, per fortuna abbiamo fatto solo una salita di un chilometro e mezzo, se no sarebbe stata dura».
In che direzione sta andando la produzione tessile?
«Acquistai la prima macchina digitale a San Francisco 20 anni fa, da allora è cambiato molto nella produzione e nella ricerca, ma non l'impegno e la cura del lavoro fatto a mano, che per quanto ci riguarda è orgogliosamente made in Italy. Oggi abbiamo a disposizione tantissimi materiali tecnici, tutto si basa sulla vestibilità, la modellistica, l'anatomia dei capi e l'aerodinamica. I dati delle ricerche dimostrano quanto quest'ultimo aspetto sia influente. In passato lo sottovalutavo, ma dati alla mano con minime accortezze si può guadagnare 1-2” al chilometro. Da cronoman se al via di una corsa me lo avessero detto sarei già partito convinto di battere tutti».
Il punto forte della nuova collezione?
«Oltre ai modelli per chi ricerca la migliore performance, abbiamo capi più confortevoli con lana fresca, elastica e stampabile, una novità rivolta soprattutto al mondo femminile. Quando esco in bici vedo sempre più donne. Noi fin dagli inizi abbiamo fatto della personalizzazione dei capi un marchio di fabbrica. Ognuno merita il fondello, la cucitura e il taglio che lo fa sentire meglio in sella».