Nibali c’è, Aru tornerà ad esserci. Il siciliano è la nostra certezza. È la continuità, l’uomo che più di ogni altro in questi anni ha tenuto alto l’orgoglio ciclistico italiano vincendo due Giri, un Tour e una Vuelta. Il sardo è ai box, dopo aver subito l’operazione all’arteria iliaca femorale: tornerà ad agosto, per il Giro di Spagna.
Questa è la nostra Italia per i Grandi Giri. Tutto sembra essere ridotto a due nomi, che al momento è uno solo: Vincenzo Nibali, 35 anni da compiere il prossimo 14 novembre, cinque podi consecutivi al Giro. Poi una serie di signor x, che vanno scoperti, decrittati e portati a galla. Tra questi nuovi nomi che attendono di essere tirati fuori dalla corsa rosa c’è Davide Formolo, 26 anni, un passato da predestinato del pedale e un presente tutto da vivere e scrivere. Per il terzo anno di fila questo ragazzo veronese, che vive con la moglie Mirna a Montecarlo, è stato protagonista alla Liegi. Due anni fa aveva staccato tutti sul Saint Nicolas: ripreso ai 300 metri dal traguardo. L’anno scorso settimo, prima di giungere secondo il 28 aprile scorso, solo, alle spalle di un superlativo Jakob Fuglsang.
Davide, dove cominciamo?
«Io riparto dal decimo posto al Giro di un anno fa. Quello è stato il mio primo step, adesso voglio qualcosa di più. Spero molto di più».
Risultato minimo.
«Non mi pongo limiti, voglio fare bene punto».
Dopo la Liegi cosa hai fatto?
«Una settimana in Val Senales, a Maso Corto, a 2 mila metri di altitudine per rifiatare un po’. Da solo con mia moglie Mirna, ci voleva proprio».
Un anno fa un buon avvio, poi la caduta sull’Etna.
«Che mi ha tagliato le gambe e addio sogni ambiziosi. Però, nonostante quella maledetta caduta che mi ha condizionato per una decina di tappe, poi sono riuscito a chiudere in crescendo, disputando forse la mia terza settimana migliore, che ha significato per me un decimo posto che tutto sommato, per come sono maturate le cose, non è da buttare via».
Adesso, però, tutto è stato resettato e si rincomincia.
«Parto con una buonissima condizione e una bella motivazione. La Bora (squadra tedesca, ndr) partirà da Bologna con due punte designate: Rafa Majka e il sottoscritto. Poi per le volate avremo invece Pascal Ackermann da pilotare al meglio contro Elia (Viviani, ndr), un amico da sempre».
C’è «vita» dietro a Nibali?
«Non siamo messi così male, e alle recenti classiche del nord si è anche visto. La vittoria di Bettiol al Fiandre, il mio piazzamento alla Liegi e tanto altro. Certo, di Nibali non ne nascono tutti i giorni, Vincenzo è davvero qualcosa di unico. Sa piuttosto cosa penso?...».
Dica.
«Che nonostante i suoi 34 anni suonati, per me Vincenzo è il favorito di questo Giro. Perché ha classe, temperamento, esperienza e in qualsiasi momento è uno dei pochissimi corridori capaci di inventarsi sempre qualcosa. Credetemi, di Nibali in gruppo ce ne sono davvero pochini».
E Formolo?
«Sta crescendo, sono arrivato ad un’età che è perfetta per far vedere finalmente qualcosa di importante».
Il tuo allenatore, Patxi Vila, dice un gran bene di te.
«Rispetto ad un sanno fa abbiamo cambiato moltissimo nella preparazione. Prima facevo tanti lavori massimali a tutta, quest’anno abbiamo scelto di svolgere molte più ore di lavoro pensando all’ultima settimana del Giro».
Insomma, non ti senti un semplice signor X.
«Francamente no, ho un nome, un cognome e anche un soprannome».
Sempre Roccia?
«Sempre quello, perché non mollo mai. Sono duro più della pietra».
Però il cuore è buono: il tuo e quello dei suoi tifosi…
«Vero, ogni anno il mio fan club organizza la festa di fine stagione e tutto quello che viene raccolto finisce all’asilo di Marano di Valpolicella, dove ancora vive la mia famiglia. Io da due anni sono di stanza con mia moglie Mirna a Montecarlo, ma le mie radici sono lì».
Ci sono quasi sessanta chilometri contro il tempo, non credi che questi condizioneranno oltremodo la corsa rosa?
«Sono crono particolari, tutte e tre. La prima, quella di Bologna è in pratica una cronoscalata. Poi c’è quella di San Marino che è piena zeppa di salita. E anche quella di Verona non scherza».
Ma gente come Dumoulin e Roglic può subito prendere il largo.
«E noi li rincorreremo».
I punti nevralgici di questo Giro.
«La tappa di Ponte di Legno con Mortirolo e Gavia e poi l’arrivo sul Croce d’Aune».
La tappa che ti fa gola?
«Ponte di Legno».
A proposito di gola: vieni dalla Valpolicella, quale vino ami?
«L’Amarone. Un “goto” de vin, se le cose vanno bene, non me lo faccio mai mancare».
E se c’è da accompagnarlo?
«Lo abbino con “la pearà”, salsa ideale per bolliti di carne, di cui io vado pazzo. In dialetto “pearà” significa pepata. È fatta con pane raffermo, midollo di bue, brodo di carne, formaggio grana, pepe, olio d’oliva e chiaramente sale. C’è chi ama la “pearà” densa e chi un po’ più morbida: io propendo per la prima. È un tipico piatto natalizio, e il cotechino è la morte sua».
Con le ricette ci sai fare, ma la formula per sbancare il Giro ce l’hai?
«Una cosa è certa: ho fame».