Dopo la scorpacciata di salite che ieri ha portato Ivan Sosa a indossare la maglia azzurra di leader della corsa, la quarta tappa riporta la Adriatica Ionica Race dalla montagna al mare.
La partenza è da San Vito di Cadore, sempre nello scenario magnifico delle Dolomiti, patrimonio paesaggistico di valore mondiale, inserite dal 2009 nell’elenco Unesco dei patrimoni dell’Umanità. L’abitato sorge in una vasta conca al centro delle Dolomiti bellunesi fra estesi spazi verdi prativi e curati boschi di conifere e altre specie. Gli fanno da preziosa quinta e scenario i noti e spettacolari gruppi dell’Antelao, del Pelmo, della Croda Marcora e delle Marmarole occidentali. Il centro propone una lunga storia con vari episodi legati ai differenti periodi e costruzioni tipiche, civili e religiose, d’interesse. Il turismo, nelle sue declinazioni stagionali, è l’attività principale.
Si scende per Vodo di Cadore, preceduto dalla sua frazione di Peaio, nella valle del Boite, in costante visione di splendidi scorci dolomitici. Uno sbarramento artificiale forma il lago di Vodo le cui acque alimentano le centrali idroelettriche di Pontesei. E’ nativo di Vodo di Cadore Gianpietro Talamini (1845-1934) fondatore e direttore poi per 50 anni del quotidiano il Gazzettino con sede a Venezia.
Si passa per Venas di Cadore, frazione del comune di Valle di Cadore, località sovrastate dall’Antelao e del Sasso di Mezzodì, luoghi con ancora tipiche abitazioni e ricordi della storia che l’ha caratterizzata, con pregevoli edifici di culto e civili. Dopo Tai di Cadore, frazione di Pieve di Cadore, si giunge appunto nel capoluogo storico del Cadore che conserva notevoli reperti romani. Sorge su un promontorio collinoso sulla destra del Piave, in prossimità della confluenza d’importanti direttrici di comunicazione. E’ tuttora la sede della “Magnifica Comunità di Cadore”, istituzione storica dell’intero Cadore, risalente al 1338. Era l’organo di autogoverno del territorio. Il Palazzo della Magnifica Comunità fu edificato, nella prima versione, nel 1447 e l’attuale è situata nella centralissima piazza Tiziano, accanto alla chiesa, dove sono custoditi documenti e cimeli di valore storico. Sempre nella piazza dedicata a Tiziano Vecellio, maestro della pittura innovatore qui nato nel 1488/90 e scomparso a Venezia nel 1576 con la statua che lo raffigura, si affaccia la casa natale dell’artista dichiarata monumento nazionale. Sono ricordati anche i patrioti cadorini che sostennero Pier Fortunato Calvi nelle guerre d’indipendenza. Di valore è anche la chiesa arcidiaconale di S. Maria Nascente con opere di Tiziano e, per il versante economico e di costume, il Museo dell’Occhiale, attività manifatturiera prevalente nel Cadore. Vari sono gli specialisti di sport invernali nati a Pieve di Cadore per varie specialità e, fra questi, lo sciatore Kristian Ghedina (1969). Pure don Luigi Ciotti, sacerdote impegnato nel sociale con l’associazione Libera, è qui nato nel 1945.
Si passa Perarolo di Cadore, Ospitale di Cadore che deve il suo nome all’ospizio che ricoverava i viandanti, con struttura ancora visibile. Si entra poi nel comune di Longarone, attraverso la frazione di Castello Lavazzo o Castellavazzo, Codissago, con il museo delle zattere, Provagna e Soverzene. Il nome di Longarone si collega tristemente al disastro del Vajont del 9 ottobre 1963 quando, un’estesissima frana si staccò dal fronteggiante monte Toc e precipitò nel sottostante bacino artificiale formato dall’omonima diga. La tracimazione dell’acqua colpì dapprima Erto e Casso, paesi situati in val Cellina, nella confinante provincia di Pordenone, quindi precipitò nel fondovalle del Piave distruggendo Longarone che pagò il più alto numero di vittime (1.458) e molti dei comuni a valle provocando la morte di 1.910 persone. La parte vecchia dell’abitato salvata dal disastro presenta edifici tipici mentre quelli realizzati durante la ricostruzione sono d’impronta moderna con richiami a quelli tradizionali. L’economia cittadina è sviluppata in vari ambiti e di particolare rilievo è la tradizione del gelato artigianale, attività tipica della vicina val di Zoldo e del Cadore che ogni anno, a Longarone, si esprime con la “Fiera del Gelato”.
Nel 1976 fu traguardo della Verona-Longarone, tappa del Giro d’Italia vinta dal veneto Simone Fraccaro e Gimondi in maglia rosa, atteso dal gruppo dopo una caduta.
Si raggiunge Pian di Vedoia, nel comune sparso di Ponte nelle Alpi, con il territorio e le numerose frazioni disposte su entrami i lati del Piave, nella zona del lago di Santa Croce, dapprima bacino naturale poi, attorno agli anni 1930, ampliato e di molto con sbarramento artificiale, quindi passaggio per altre frazioni quali Paiane e Maset.
Si entra quindi nel nuovo comune di Alpago in cui sono confluiti di recente anche vari comuni. E’ una zona storica della provincia bellunese, ricca di tradizioni per attività casearie e turistiche in territorio naturale, in una conca, circondata dalle Prealpi Bellunesi, che a sud confina con l’altopiano del Cansiglio. Si passa per le località di Bastia, Puos d’Alpago, Cornei, Borsoi, Tambre, Broz. L’itinerario prevede il GPM di 2^ cat. a m. 1120 di Passo Crosetta, con pendenze anche impegnative, in suggestivo panorama fra foreste e prati, che mette in comunicazione il Veneto con il Friulia-Venezia Giulia, con la provincia di Pordenone.
Da qui tutta discesa e pianura fino all’arrivo di Grado. La veloce discesa termina a Sarone, frazione di Caneva, comune legatissimo al ciclismo in varie forme e con molti personaggi che qui hanno svolto attività, zona di produzione casearia e vitivinicola, l’altra frazione di Fiaschetti e quindi Ranzano, Vigonovo (sede comunale), frazioni di Fontanafredda, zona vinicola con costruzioni di rilievo e si passa poi per Porcia prima di giungere nel territorio del capoluogo Pordenone. E’ una città con origine romana, l’antica Naonis, sviluppata in varie epoche e ora attivissimo centro industriale. Notevoli sono il Duomo concattedrale di S. Marco così come altri edifici di pregio come il gotico palazzo comunale.
Sulla pista dello stadio-velodromo, intitolato a Ottavio Bottecchia, sono cresciute diverse generazioni di corridori. Il Giro d’Italia ha posto qui l’arrivo di tappe nel 1973 con la vittoria del pesarese Enrico Paolini e nel 1974 salutò il successo del colombiano Martin Rodriguez, il popolare “Cochise”, questo era il suo soprannome. E’ nativo di qui il valido professionista, tuttora in attività, Davide Cimolai. E’ stata pure sede di partenza e d’arrivo di varie edizioni del Giro del Friuli organizzato dall’appassionato Ugo Caon.
La corsa prosegue, sempre in pianura, in terra di risorgive e vigneti, per Orcenico Inferiore, Casarsa della Delizia, primario centro vitivinicolo con varie attività culturali che ricordano Pier Paolo Pasolini, qui sepolto, nella cittadina d’origine della mamma.
Con Codroipo, si giunge nella provincia di Udine. Nella frazione di Passariano si trova la storica villa Manin mentre in quella di Rivolto c’è l’aeroporto base delle Frecce Tricolori. Sempre nella zona della bassa friulana si passa per Gonars e la sua frazione, Fauglis, raggiungendo quindi Bagnaria Arsa con interessanti costruzioni. Si trova quindi Cervignano del Friuli, il centro principale della Bassa Friulana orientale, con il duomo e la chiesa madre di San Michele Arcangelo e ville di piacevole struttura con una sviluppata economia nel settore terziario. Qui è nato nel 1944 Paolo Flores d’Arcais, filosofo e intellettuale di rilievo. Segue Terzo d’Aquileia, comune con buona produzione vinicola e da qui la corsa entra in un tratto di strada con fondo sterrato di circa km. 3,500 prima di raggiungere Aquileia. Ha storiche origini romane questo centro che fu capitale della X regione augustea e metropoli della chiesa cristiana che conserva importanti reperti archeologici. L’abitato attornia l’antica basilica patriarcale e la zona archeologica che sono riconosciuti dal 1998 Bene Protetto dall’Unesco. E‘ di Aquileia (1950) Luigi “Gigi” Delneri che è stato calciatore e ora ancora allenatore di lunga carriera.
Segue un altro tratto di sterrato di poco meno di km. 2 che termina a circa km. 13,500 dal traguardo di Grado.
E’ nella provincia di Gorizia questo importante e notissimo centro balneare e termale il cui territorio si estende fra la laguna omonima, la foce del fiume Isonzo e il mar adriatico. Nel 1936 Grado è stata collegata alla terraferma da un ponte che ha contribuito a una vivace espansione urbanistica. Fra le architetture religiose spiccano la Basilica di S. Eufemia e, staccato, ma poco distante, il Battistero del V secolo, la Basilica di S. Maria delle Grazie e altri motivi di varie epoche ancora. L’isola di Grado presenta chilometri e chilometri di spiagge sabbiose che digradano dolcemente nel mare. La laguna, che si è formata dopo il V secolo, è disseminata dei caratteristici “casoni”, abitazioni semplici con tetto di paglia utilizzate nel passato dai pescatori. Specialità di Grado, conosciuta nei secoli, sono le Terme Marine con la possibilità di molteplici trattamenti che ampliano l’offerta turistica di livello internazionale, con diverse specialità enogastronomiche, soprattutto di pesce.
Personaggio di Grado è il poeta e scrittore Biagio Marin (1891-1985) che ha valorizzato il dialetto di Grado in molte sue poesie entrate a far parte della letteratura italiana.
Il Giro d’Italia ha proposto qui un arrivo nel 1954 con la vittoria del veneto Adolfo Grosso mentre nel 2009 c’è stata la partenza della 3^ tappa, con arrivo a Valdobbiadene, vinta da Alessandro Petacchi.
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