È il più grande specialista italiano a livello mondiale. Ma, si sa, nessuno è profeta in patria. E la sua stessa città, Monza, non è nemmeno consapevole di essere divenuta punto di riferimento internazionale di una disciplina che vola alto, ma che sa di dover ancora pedalare per farsi un nome.
Lui è Torquato Testa e il suo pane si chiama dirt jump. A Monza, quartiere Cederna, giovani tedeschi, svizzeri e portoghesi, ma addirittura canadesi, fanno la spola per allenarsi al bike park. Soprattutto in inverno, quando le strutture del nord Europa sono inchiodate da freddo e neve.
L’impianto, il Monza Pizza bike park, è una struttura riadattata alla più spettacolare e scanzonata delle discipline di mountain bike. Le rampe in terra battuta sono curate da un gruppo di ragazzi, nove tra i 18 e i 27 anni, che ogni giorno prestano braccia e sogni.
Torquato “Toto” Testa in primis. «Un impianto piccolo, ma concentrato. Apprezzato anche all’estero proprio perché è vicino al centro città e alle comodità: trasporti, alberghi, attrazioni turistiche». Lui, 24 anni e un posto stabile tra i primi 10 del ranking internazionale, può considerarsi il precursore italiano della disciplina insieme al varesino Diego Caverzasi, suo amico e compagno di allenamenti. «La struttura più assimilabile alla nostra di Monza la si ritrova a Barcellona. Con l’handicap, in quel caso, di essere però a 30 chilometri dalla città. Qui è diverso, siamo in centro».
Per realizzare il Monza Pizza bike park, Testa ha avviato l’iter di contatti e confronti in Comune oltre 4 anni fa. E oggi che il progetto è decollato, insieme agli altri giovani membri dell’associazione Emissioni zero che è nata proprio per far crescere il dirt jump, corre sulle rampe in terra per stendere 300 metri quadrati di teli, ogni qualvolta la pioggia rischi di far franare il paziente lavoro suoi e dei suoi compagni d’avventura.
Lì si trovano settori di pump truck, trail jump ed evoluzioni che come modello e ambizione hanno il Whistler canadese, capace di radunare 30mila spettatori. I numeri per sperare ci sono: lo dicono anche le 200mila visualizzazioni online sui siti dedicati. Dove le quattro categorie di dirt jump, disciplina che in Italia ha per il momento la sola affiliazione Uisp, modulano spettacolo tra i silver a i diamond, di cui Testa fa parte.
L’intenzione è battezzare in primavera un evento internazionale, sulle rampe brianzole. Per richiamare giovani e sponsor a un mondo fatto di evoluzioni e acrobazie. Le biciclette di dirt sono simili a bmx, più leggere di quelle di downhill, con al massimo un freno, ruote da 26 pollici e una forcella anteriore abbastanza dura da assorbire i colpi ma non la spinta, con solo 10 centimetri di escursione. E, al di là degli aspetti tecnici, la voglia di conquistare anche l’Italia partendo da un obiettivo chiaro in Testa: divertire e stupire.
Stefano Arosio