Ricorda che si chiama Belìce e non Belice, e che è un fiume, e poi una valle. Ricorda che esiste un paese che si chiama Vita, che per il terremoto del 1968 era morto, ma Vita è rinata, così adesso c’è la vecchia (o la prima) Vita con i ruderi e la nuova (o la seconda) Vita con le case. Ricorda che anche di Gibellina ce ne sono due, una che vive solo nel passato e l’altra che è sperimentale. Ricorda che a Salemi, accanto al Museo dell’arte sacra e al Museo dei cimeli del Risorgimento, c’è anche il Museo della mafia.
Spiega come Borgo Borzellino, costruito durante il fascismo per ripopolare le campagne, sia stato abbandonato, ma forse sarà recuperato per realizzare una scuola di cinema. Spiega come a pochi chilometri dal borgo di Sambuca di Sicilia ci sia un fortino arabo che scompare e ricompare ogni sei mesi a seconda dell’allagamento del bacino artificiale. Spiega come, nonostante tutto, sopravviva il pioppo nero, che i siciliani chiamano, affettuosamente, “’u chiuppuni”.
E rivela come le gole del fiume Sosio creino stupendi canyon naturali. E rivela come un borgo importante come San Carlo, fondato da un cavaliere genovese, alla fine dell’Ottocento un importante snodo ferroviario e commerciale, oggi possa contare sì e no su un centinaio di abitanti. E rivela come il lago Pozzillo, il bacino artificiale più grande della Sicilia, sia fra i più grandi d’Europa.
“Sicily divide in bicicletta” (di Giovanni Guarneri, Terre di Mezzo, 120 pagine, 16 euro) racconta, descrive, illustra e insegna, spiega, rivela la grande traversata (“divide”, in inglese, significa attraversare) dell’Isola. Da Trapani a Catania, ma anche da Catania a Trapani, 460 km, volendo con una deviazione aggiunta da Gibellina a Palermo, ma anche da Palermo a Gibellina, 76,5 km. Con tanto di istruzioni per l’uso e dove mangiare e bere, dove dormire, dove informarsi, dove farsi assistere.
I viaggi più belli si fanno su mappe e guide. Perché li immagini. Poi, però, su una bici, sono ancora più belli. Perché li vivi. Perché li conquisti.