Un ponte sul torrente Schiesone. In Valchiavenna. In provincia di Sondrio, dove anche la Svizzera profuma di Italia. Un ponte ciclopedonale che collega Prata Camportaccio con Pizzo, un tratto di poco più di un chilometro, ma reso complicato proprio dal passaggio sul torrente Schiesone. Poi un progetto interregionale Italia-Svizzera, poi l’iniziativa della Comunità montana della Valchiavenna, poi i lavori, infine lo scorso giugno l’inaugurazione. Con Beppe Saronni. E il ponte sul torrente Schiesone ha liberato ciclisti e camminatori, biciclette e pedule, gambe e anime di viandanti e viaggiatori.
I ponti collegano e uniscono, a loro modo fidanzano e sposano. Sono il contrario dei muri, che invece bloccano e dividono. I ponti ciclopedonali sono anche più snelli e leggeri, meno aggressivi e invadenti, più puliti e lenti. A volte si rendono indispensabili. Come, pare, in questo caso. La ciclopedonale passava più a monte del nuovo tracciato, ma era priva di un ponte e per oltrepassare il torrente occorreva attraversare una briglia che, in caso di pioggia, risultava complessa, pericolosa, se non impossibile. Da quel giorno è come se la ciclopedonale della Valchiavenna avesse tirato un sospiro di sollievo.
Il percorso fa parte della rete Bicitalia n.17 Ciclovia dell'Adda ed è collegata al Sentiero Valtellina e alla Ciclabile del Lago di Como. Si raggiunge facilmente con il trasporto pubblico, grazie alle stazioni dei treni lungo la ciclabile e ai pullman con trasporto bici in servizio tra Chiavenna, Spluga e St. Moritz in Svizzera. E’ un esempio di quel turismo lento, dolce, pulito, rispettoso, con una sua significativa economia. Lungo tutto il tragitto si trovano aree di sosta, fontane d'acqua, noleggio e assistenza bici ed e-bike, stazioni di ricarica, ristoranti, agriturismi e bar per soste gastronomiche. E con una nuova segnaletica verticale. Informazioni e tracce GPX sono scaricabili dal sito www.valchiavennabike.it.
E poi Saronni. A dimostrare che si può (si dovrebbe) trovare un collegamento fra la bicicletta e il ciclismo, fra chi pedala per piacere e chi per professione, fra chi usa le due ruote per girare esplorare scoprire e chi per competere e magari vincere, fra chi va per riempirsi i polmoni e chi li spreme finendo in apnea. Saronni, quel giorno (e spesso da quando non ha più il ruolo ufficiale di team manager e ha assunto quello affettuoso di ambasciatore), era un po’ tutti noi.
A schegge, a frammenti, a incastro. Lentamente, dolcemente, a volte silenziosamente. S’infittisce la rete stradale per la mobilità più semplice e umana, anche la più debole e fragile. L’ultima nata – l’inaugurazione sabato scorso - è una striscia di asfalto ciclopedonale lunga 1700 metri, larga tra i 2,50 e 3,50 metri, pianeggiante e a due sensi di marcia, fra Besozzo e Cocquio Trevisago, nel Varesotto. E già si prevedono altri tratti dedicati soltanto a chi cammina o pedala.