E’ morto da campione del mondo. Lunedì scorso, davanti alla tv, guardando i Mondiali di Glasgow, tra pista e strada. Troppo, troppo appassionanti, troppo emozionanti, troppo belli per i suoi quasi 86 anni. E pensare che Wikipedia lo aveva già dato morto l’11 novembre 2010. Quando glielo dissi, lui sorrise: “Mi allungherà la vita”. Non solo gliel’ha allungata, ma forse l’ha resa anche più dolce e serena.
Giuliano Bernardelle era nato, a Vicenza, già corridore: nonni, papà e zio corridori, poi lui. Pane e ciclismo, polenta e ciclismo. Senza sconti. La prima bici - una Legnano color verde oliva, prezzo quarantatremila lire – fu acquistata dal papà. Il bello è che a vendergliela era stato lo zio di Giuliano, rappresentante locale della Legnano. Unica facilitazione: le rate. Poi fu un romanzo rotondo. La prima corsa a Vicenza, da esordiente, un centinaio alla partenza, Giuliano quarto all’arrivo. La prima vittoria a Vicenza, da allievo, il traguardo dietro il Monte Berico, Giuliano staccò tutti e arrivò da solo. L’ultimo anno da dilettante ne vinse 15, eppure fece fatica a passare professionista, prendeva 50 mila lire al mese ma per 10 mesi, come se gli altri due si vivesse di aria. Da professionista un anno alla Torpado (con la vittoria della prima tappa del Giro di Sicilia), due all’Atala e altri due alla San Pellegrino, dove aveva Gino Bartali come direttore sportivo (con un terzo posto ai campionati italiani e alla Coppa Bernocchi nel 1961).
Qualche anno fa chiesi a Bernardelle di venire a una rappresentazione teatrale proprio su Bartali. Alla fine della recita, lo feci raccontare. E lui incantò la platea: “La San Pellegrino era una squadra che partiva senza capitani e gregari, le gerarchie si stabilivano strada facendo”, “Bartali preparava, organizzava, controllava, pretendeva, poi ci aspettava in albergo e tuonava: ‘Tutto sbagliato, tutto da rifare’, e ‘Dovete dare e fare di più’. Dopo la cena ci bastonava, finché cominciava a raccontare di quando spiava Coppi, di quando la bici di acciaio pesava 13-14 chili e di quando limava gli ingranaggi per risparmiare qualche grammo”, “Quella volta che in un albergo di Roma, vicino alla Stazione Termini, ci presentammo in tuta e ciabatte, il direttore di sala s’infuriò e ci mandò via, ‘Tornate in giacca e cravatta’, Bartali venne a cercarci perché nessuno era sceso, la verità è che nessuno di noi aveva la giacca e la cravatta, allora Bartali s’infuriò con il direttore di sala e ci autorizzò a presentarci in tuta e ciabatte”, “Quella volta che, alla vigilia di una corsa a Pistoia, dopo il massaggio e il riposino, andammo tutti al cinema, e quando si riaccese la luce, nella nebbia perché allora al cinema si poteva fumare, c’era Bartali, furente e furioso, che ci urlò ‘Lazzaroni, fuori di qua’”.
Bernardelle smise di correre per colpa di una caduta, ma continuò a vivere di biciclette, fra le biciclette, con le biciclette. Direttore sportivo. E vigile urbano. E di biciclette, fra le biciclette, con le biciclette ha chiuso gli occhi.