Provate a immaginare di vedere una partita di Serie A... seduti sulla panchina di una delle due squadre. Impossibile, anche per un giornalista. Fortunatamente, invece, il ciclismo non ha (e speriamo non lo faccia mai) acquisito quella coltre blindata che rende pressoché inaccessibile un team di alto livello professionistico nel calcio e in altri sport. E può capitare (certo, mica è la normalità quotidiana, ma può capitare) che un giornalista possa assistere alla tappa di un grande giro seduto dentro l'ammiraglia di una delle squadre partecipanti.
Et voilà! Ieri la 12^ tappa del Giro d'Italia, da Bra a Rivoli, l'abbiamo seguita dentro la seconda ammiraglia della Cofidis, la formazione World Tour con la maggior continuità di sponsor e nomenclatura: sebbene nella massima categoria sia entrata nel 2020, esiste dal 1997 e sempre con lo stesso unico nome di Cofidis!
Sciorinato questo dato, torniamo alla giornata di ieri. Non siamo saliti a bordo della vettura prettamente "decisionale" di Roberto Damiani, bensì su quella più "di servizio" guidata da Jean-Luc Jonrond, al quarto Giro d'Italia nella sua lunga carriera da direttore sportivo iniziata nel 1994 dai dilettanti. Il che ci ha permesso, ad esempio, di assistere "dall'interno" a un cambio ruota di François Bidard, che ha cambiato un copertone 25 mm con un 28. O meglio, gliel'ha cambiato Franck Laurance, ex corridore bretone e oggi meccanico del WorldTeam transalpino. Abbiamo assistito a passaggi di borraccia e barrette, ma anche di smanicati viste le condizioni grigie e umide della tappa, con un Simone Consonni in versione "distributore per i compagni". Abbiamo assistito al rifornimento, a cura dell'addetto Olivier Feche, e all'avvicinamento ad altri due corridori per urlar loro di fare "gruppettò, gruppettò" sul colle Braida.
Non essendo al seguito della fuga, inoltre, abbiamo visto da vicino quelle cose che accadono in gruppo, che chi ha corso in bici sa perfettamente ma che lo spettatore puramente televisivo può non evincere. Tipo che anche in un "gruppo compatto" difficilmente sono sempre presenti tutti i corridori dal primo all'ultimo: risalendo con l'auto dal fondo, si trova sempre qualche uomo che per qualche motivo è distaccato, anche solo temporaneamente. Problemi meccanici, passaggi all'ammiraglia, difficoltà varie, i famosi "piss stop" (che riguardano anche il personale delle ammiraglie) e poi via a cercare le scie delle auto per rientrare. L'avvicinamento a un corridore per dirgli o chiedergli qualcosa porta con sé una piccola aura di apprensione, con la consapevolezza che, da quel finestrino abbassato, bisogna esser chiari e tempestivi. Diesse e meccanici sembrano quasi sviluppare una tonalità della voce ad hoc, cadenzata e stentorea, per comunicare in quei pochi secondi.
E qui si apre il capitolo del traffico delle ammiraglie: se c'è una licenza apposita da conseguire per guidare dentro la corsa, si capisce molto bene il perché. A maggior ragione per star dietro (o di fianco, o davanti) a un ciclismo che corre sempre più veloce. Finché si segue la fila delle altre auto è facile (almeno finché non si è in piena discesa, spesso curvilinea, e bisogna farla tutta sopra i 70 all'ora!) ma appena si deve risalire il gruppo per andare sulla fuga o da un corridore, esce fuori la maestria di chi da anni fa questo mestiere. La strada può anche esser larghissima, ma se devi passare tra una moto e un'altra ammiraglia ed eventualmente una bici vi assicuriamo che si fa stretta stretta e sono "peli" continui. Muovendosi così rapidamente in spazi così trafficati, si comprende anche come sia possibile che purtroppo, su 999 volte che tutto avviene senza intoppi, alla millesima possa scapparci lo spiacevole incidente: una di quelle fatalità che non dovrebbero mai succedere, ma che purtroppo rientra nei molteplici rischi del mestiere di ciclista.
Al contrario, se si deve aspettare un corridore attardato, si cerca il primo punto buono dove accostare: quelli sono i rari momenti in cui si può scendere dall'auto a prendere un po' d'aria, ma lesti a ripiombare dentro in mezzo secondo e ripartire. A impressionare ulteriormente è che a dover condurre il mezzo con tal prontezza e spesso "a strappi" nel traffico di gara non sia un autista ad hoc, un pilota che deve pensare solo a quello. Bensì un direttore sportivo, che nel frattempo deve tenersi aggiornato sulla corsa, pensare alle tattiche e comunicare con corridori e altra ammiraglia. L'apoteosi del multitasking.
A proposito, come funzionano le comunicazioni? In vari punti dell'auto sono dislocate tre radioline: una di solo ascolto con RadioCorsa e altre due, una collegata all'altra ammiraglia (nel nostro caso di ieri, per sentire Damiani o per parlar con lui) e una collegata con gli auricolari dei corridori. A livello "audio" la tappa in ammiraglia procede tra ascolto delle indicazioni di RadioCorsa e dell'altra vettura della squadra, e proprie comunicazioni verso l'altra vettura e ai corridori. Uno dei leitmotiv di ieri erano gli incitamenti, in perfetto spagnolo, di Roberto Damiani a Jonathan Lastra che faceva parte del fugone.
Ma poi c'è un livello "video". Con la tecnologia attuale, in ammiraglia hai due schermi su cui guardare la corsa. Il primo è uno schermino sul cruscotto dove si vede (seppur con un segnale non sempre perfetto) la tv via satellite: lì metti sulla Rai e vedi esattamente la trasmissione che vedono i telespettatori a casa, col commento di Pancani, Petacchi & co. L'altro schermo è un tablet aperto sulla app VeloViewer [vedi gallery]: una sorta di Google Maps avanzato delle gare ciclistiche. Il diesse la sera prima imposta tutta la planimetria e l'altimetria, fissa sul percorso alcuni punti fondamentali, ossia GPM e traguardi ma anche rifornimenti e altri momenti di interesse interno per la squadra, e il gioco è fatto: durante la corsa hai una visione completa in stile navigatore satellitare, ma con parecchia realtà aumentata, di dove sei tu e dov'è l'altra ammiraglia, con tanto di chilometraggio esatto di dove ti trovi rispetto a partenza e arrivo. Roba che meno di vent'anni fa si faceva con le mappe cartacee.
A integrare tutto questo, un cellulare fisso sul live di ProCyclingStats et similia non può mancare, così come il foglio della lista partenti ufficiale dove segnare con matite, penne e pennarelli, i vari fuggitivi, ritiri etc etc. Capita che, tra una sterzata, un'accelerata e una frenata, si debba recuperare al volo qualcosa che rischia di scivolare sotto un sedile.
Per esigenze descrittive vi abbiamo illustrato ogni singolo aspetto singolarmente, a compartimenti stagni. Ma adesso pensate di sovrapporre tutte queste situazioni contemporaneamente e potrete ben figurarvi il continuum di situazioni a cui direttore sportivo e "co-pilota" (in genere, un meccanico o un altro membro dello staff) devono star dietro: senti RadioCorsa, segnati le novità significative, controlla su PCS e sulla tv situazione e distacchi, guarda sul tablet a che punto siete, comunica e condividi le informazioni con chi è con te in auto, con l'altra ammiraglia e coi corridori, il tutto con pensiero attivo sull'andamento della gara e muovendosi e guidando all'interno di essa. Un ciclo continuo nel quale si riesce a infilare pure qualche chiacchiera e mangiare un panino e uno snack.
Quattro, cinque, sei ore dove non ci si annoia mai. Anche perché a coronare il tutto ci sono i paesaggi e l'entusiasmo della gente. Guardi a bordo strada e vedi gli occhi delle persone di ogni età che si spostano su di te, sull'auto in cui viaggi, i cellulari puntati in foto e video, e ti senti parte integrante dello spettacolo tanto quanto i corridori. Per non parlare delle reazioni dei bambini che riescono ad afferrare una borraccia.
In conclusione, andiamo alla... conclusione della tappa. Nell'immaginario collettivo la corsa finisce coi vincitori e l'arrivo del gruppo principale. L'ammiraglia Cofidis dove siamo stati ieri era quella che stava in gruppo, il che voleva dire essere dietro a vari gruppetti e avere solo gli ultimissimi attardati alle nostre spalle. E avere quindi contezza di tutti i partecipanti in gara, pure quelli che nel seguire la tappa in tv non senti mai nominare. Quindi la gara per noi è finita quasi venti minuti dopo la volata a tre vinta da Nico Denz. E quando, una volta parcheggiato nell'area dei bus, abbiamo salutato i nostri due compagni di viaggio (e incontrato Damiani per una rapidissima intervista) ci siamo incamminati fuori dal grande circo dell'arrivo di tappa del Giro con un'idea e un'immagine ancor più concreta e consapevole di quali siano le sfaccettature e le dinamiche di una corsa ciclistica. E la voglia di raccontarvelo con le numerose righe che avete appena letto.
[nella foto dell'articolo, il direttore sportivo Jean-Luc Jonrond e il meccanico Franck Laurance]