Cosa possono mai avere in comune un ciclista provetto un po' dandy come Rodolfo Muller e un mito dell'arte come Amedeo Modigliani? Varie cose. Hanno vissuto entrambi a Parigi più o meno nello stesso periodo, erano nati entrambi a Livorno nonostante il cognome crucco di Muller potesse fuorviare l'anagrafe e tutti e due erano famosi come magistrali tombeurs des femmes.
Le somiglianze si fermano qui, anche perché Muller era un frequentatore graditissimo de la “Haute Societé Parisienne” e viveva nell'agiatezza economica, mentre il geniale Modigliani spesso non riusciva a mettere insieme il pranzo con la cena. Modì però non ce ne voglia, poiché questa Bicifigurina è dedicata principalmente al suo conterraneo appassionato della bicicletta. Definito dai media dell'epoca come un poeta, un artista e pure un grande sportsman, Muller era “alto, magro e biondiccio””persona generosa e disponibile, di tempra resistentissima nonostante l'aspetto fisico dimesso”. Amava gli animali, in particolare i cavalli e i cani e praticava molti sport, come il motociclismo in cui fece registrare il record di velocità al Tour de France motociclistico, come le gare a piedi e soprattutto le corse in triciclo e quelle su quel velocipede che era terribilmente di moda in quel periodo.
Non gli mancarono i risultati, come il record italiano dell'ora dietro triciclo a motore, ottenuto a Milano nel 1899, piazzamenti nei primi cinque in gare di resistenza su 24, 48 e 100 ore su pista; ma fu anche 6° nella Parigi-Roubaix 1898, 6° nella massacrante Paris-Brest-Paris di oltre mille chilometri nel 1901, 2° nella Marsiglia-Parigi, 3° nella Gran Fondo a Milano e 3° nella Bordeaux-Parigi nel 1902 (4° nel 1903 e 1904).
Questo antefatto statistico per significare che Rodolfo Muller godeva di una notevole fama, certamente meritata, negli ambienti sportivi e ciclistici parigini, tanto che “Monsieur” Tour de France, al secolo Henri Desgrange, mise gli occhi proprio su di lui per risolvere una situazione che gli aveva causato non poche fastidiose paturnie, se non dei veri e propri attacchi di panico.
Con il suo giornale, il leggendario “L'Auto”, Desgrange aveva già disegnato tutte le tappe del neonato Tour de France, ma c'era un ma grande come una casa: come verificare che i percorsi prescelti fossero tutti adatti ad ospitare una gara ciclistica? Osservarli su una carta era una cosa, ma percorrerli concretamente era tutt'altro discorso: a quel tempo non c'erano droni né webcam. Nella primavera del 1903 Desgrange scelse convintamente Muller, che accettò con entusiasmo di perlustrare in moto e in bicicletta tutti i 2500 chilometri in programma, registrando l'esattezza dei posti di controllo, lo stato delle strade, eventuali interruzioni, la durezza del tracciato calcolando i tempi medi di percorrenza, se vi fossero animali pericolosi, cani mordaci, l'ostilità eventuale di contadini o il pericoloso entusiasmo nel voler dare un aiuto vietato ai ciclisti loro compaesani.
Muller portò a termine con eccezionale precisione il suo compito e Desgrange con L'Auto tirò un grande sospiro di sollievo. Muller, un livornese a Parigi, dopo essersi guadagnato l'eterna riconoscenza di Monsieur Desgrange, partecipò addirittura in prima persona al primo Tour de France, con la squadra La Française e il dorsale numero 33 quale unico italiano in gara. Egli si piazzò 11° il 2 luglio sul traguardo della prima tappa, a quasi tre ore dal vincitore Maurice Garin (l'oriundo valdostano che avrebbe poi vinto il primo Tour); fu poi 5° a Marsiglia, 8° a Tolosa, 3° a Bordeaux , 6° a Nantes e 6° nell'ultima tappa a Parigi. Nella classifica finale ottenne un lusinghiero quarto posto, quale primo degli stranieri e intascò premi per 1250 franchi francesi.
Dopo il memorabile anno 1903, il ciclista franco-livornese trionfò nel febbraio 1904 nella 1000 chilometri disputata sulla pista parigina del Velodrome de Buffalo. Fu l'apoteosi della sua carriera ciclistica, poiché coprì la distanza dei 1000 chilometri in 28 ore, 44'49”2/5, precedendo Beaugendre, Jacek e Lootens. Il suo successo fu così commentato dai cronisti francesi dell'epoca:”autore di una corsa saggia e intelligente, ha distribuito bene le sue forze. E' andato in testa alla ventesima ora e nessuno l'ha più raggiunto”.
Non ci sono testimonianze che i due illustri personaggi livornesi adottati da Parigi, Muller nato nel 1876 e deceduto nel 1947 e Modigliani, nato nel 1884 e deceduto nel 1920, si siano incontrati durante la loro lunga permanenza nella Ville Lumière. Tuttavia in quegli anni del loro fulgore i livornesi a Parigi erano numerosi e l'incontro potrebbe essersi verificato, magari in qualche prestigioso salotto dell'alta società francese dove Muller era in pratica un habitué e dove Modì poteva essere stato invitato per esibire i suoi quadri o realizzare qualche ritratto di vanagloriose gentildonne di lui invaghite.