Settant’anni dopo. Sandrino l’aveva scalata al Tour de France, Marco fuori corsa, fuori classifiche, fuori tabelle, fuori soglia, ma non fuori dal tempo. Sandrino l’aveva affrontata con la maglia gialla di primo nella generale, Marco con una maglia verde con la fascia orizzontale tricolore. Sandrino era arrivato in cima frenando, terrorizzato all’idea di sottrarre il primato al suo capitano Fausto Coppi, Marco l’ha fatta – e non ha nessun timore o vergogna a confessarlo – anche grazie alle spinte dei compagni. Perché Sandrino era un gregario, anzi, il gregario, invece Marco, a suo modo, almeno per un giorno, ha vissuto da capitano.
I Carrea sull’Alpe d’Huez. Sandrino, il papà, il 4 luglio 1952, la prima volta che il Tour si arrampicava per quei misteriosi 21 tornanti in 14 chilometri, un serpente incastrato nella roccia, e Marco, il figlio, ne ha ripetuto, se non le gesta, almeno quello che ne resta, pedalate sante e sudate, affettuose e pesanti, 70 anni dopo per un ricordo, un omaggio, una celebrazione, una nostalgia, una staffetta. Sandrino giunse sesto, a 3’29” dal Campionissimo, gli cedette la maglia gialla per l’inezia di 5”, e c’è da credergli che, se non avesse frenato, avrebbe mantenuto quell’imbarazzante primo posto in classifica. Marco è giunto, e questa è la notizia più rassicurante, sano e salvo, felice e spaesato, appiccicoso e grato.
L’idea è venuta a Marco (Sandrino gli avrebbe chiesto se fosse matto), Marco ne ha parlato con gli amici (Sandrino avrebbe scosso la testa rimangiandosi le parole), gli amici hanno risposto con entusiasmo (ma stavolta Sandrino non sarebbe riuscito a frenare le parole), bisogna sapere che gli amici appartengono al Gruppo ciclistico Girardengo di Cassano Spinola (Sandrino avrebbe alzato gli occhi al cielo chiedendo l’intercessione celeste del mitico Costante), a quel punto la Roquette (colosso mondiale nel settore delle bioraffinerie) ha sostenuto la gita di gruppo (Sandrino avrebbe ricordato i 20 anni spesi lavorando per l’azienda di Cassano Spinola), la Santini ha creato la maglia (nelle fasce bianca e rossa risaltano le immagini di Coppi e Carrea, e Sandrino avrebbe commentato che non era proprio il caso) e il giornalista belga Frederik Backelandt di “Grinta” ci ha messo idee e gambe (nel gruppo sull’Alpe d’Huez c’era anche lui, che ci tiene a definirsi coppiano). Il bello è che stavolta un Carrea (Marco, appunto) è arrivato prima di un Coppi (Giancarlo). E quella smorfia sul muso di Sandrino avrebbe tradito un mezzo sorriso.
Così, 70 anni dopo, ecco l’Alpe d’Huez nel nome del padre. E Sandrino, da qualche parte, forse anche lassù, avrebbe scosso la testa senza trovare le parole giuste. O con pudore, o con commozione, inghiottendole.