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UN CANTIERE ADDOSSO A CARAPAZ
di Cristiano Gatti | 06/05/2022 | 17:54

So di non dire una cosa originale, ma è l'unica che va detta e ridetta, doverosamente e categoricamente, senza sfumature, senza ma-se-però: tocca a Carapaz. Certo non mancano gli avversari, certo altri hanno qualche dovere, ma il più obbligato a vincere è Carapaz.

Deve, tassativamente deve, perchè:

Uno: il Giro l'ha già vinto e sa bene come si fa. Caso mai, questo è più difficile perchè nel 2019 ha certamente sfruttato la famosa formula del terzo che gode tra i due litiganti (Nibali-Roglic, che il Cielo li perdoni), benchè poi abbia dimostrato di avere comunque le gambe più sane.

Due: ha 29 anni (attenzione, li compirà domenica 29 maggio, giorno di chiusura all'Arena veronese, prevedibile festa iperbolica con torta, maglia rosa e lacrime di popolo ecuadoregno), ha 29 anni e dunque non ha più niente da scoprire e farci scoprire, siamo nella piena stagione dei fatti e della realtà consolidata, la stagione in cui non sono verosimili nuovi miglioramenti e neppure primi segni di cedimento.

Tre: dei partenti, è sicuramente quello che arriva dal 2021 più sciccoso, con Giro di Svizzera (non una corsetta), oro olimpico e terzo posto al Tour, dietro a chi sappiamo.

Quattro: vedi sopra e dunque teniamo conto che arrivare terzi al Tour è segnale comunque di tenuta fisica e psicologica nei grandi giri, anche da primadonna, non solo da imbucato casuale.

Cinque: ha la squadra più ricca (più forte lo vedremo strada facendo). Avendo la squadra più ricca, comunque molto forte, i doveri per il leader sono chiari e fuori discussione: bisogna vincere, non si fa la squadra per andare a spasso, in gita sociale.

Sei: tecnicamente è forte in salita, può difendersi nella dose omeopatica di cronometro, è agile e scattoso per le tante tappe nervose di questa edizione. Ha tutto quello che serve, se non gli chiedono di vincere pure gli sprint del gruppo compatto.

Evitando di farla lunga, saltando varie ed eventuali, eccolo qui il Giro d'Italia 2022, con il suo tema nitido e definito: tutti addosso a Carapaz.

Il resto è cantiere. A cielo aperto. Non sto qui a dire che un Giro senza Pogacar e Roglic è di serie B, perchè c'è troppa gente permalosa in Giro: comunque aggiungo volentieri che dobbiamo amare anche un Giro senza i superVip, perchè gli assenti hanno sempre torto e in questo caso i presenti meritano il massimo rispetto, senza dimenticare come tanti campionati di B diventino spesso molto più divertenti di certe serie A depressive, così come tanti Giri e certe Vuelte si siano rivelati alla fine più eccitanti di certi Tour di noia letale.

E comunque, torno al cantiere: sì, a parte Carapaz, questo Giro 2022 deve appendersi alla transenna il cartello “Lavori in corso – Stiamo lavorando per voi”. Prendiamoli a uno a uno e facilmente scopriamo come tutti i favoriti, chi più chi meno, abbiano faccende da definire.

Velocissimamente: la coppia Landa-Bilbao della Bahrain è parecchio intrigante, ma come sempre siamo qui a chiederci che cosa mai s'inventerà stavolta il buon Landa per perdere di nuovo. La coppia Kelderman-Hindley della Bora è buona, però stiamo ancora aspettando di sapere – dal Giro pandemico – chi dei due sia capace di vincere qualcosa. E poi c'è Simon Yates, che entra sempre al Giro da papa e ne esce sempre da cardinale, senza chiarire mai se la stoffa del papa ce l'abbia davvero. E poi c'è Almeida, del quale ancora non sappiamo se ha finalmente trovato il soldo che gli manca per essere qualcuno. E poi questo Bardet, che se fosse donna diremmo prima o poi immancabilmente vittima dei suoi giorni critici. E poi c'è Lopez, tra tutti i cantieri aperti quello perennemente aperto, la Salerno-Reggio del ciclismo moderno. E poi Dumoulin, un cantiere di restauro e ristrutturazione, che ancora non ha capito se è quello del pre-ritiro o un semplice ologramma. Infine il nostro Ciccone, cantierissimo da una vita ormai, stavolta ancora di più per le duemila rogne di tutte le risme, salvo magari accorgerci alla fine che arriva ancora prima l'immarcescibile Mollema. Lascio in coda il trio Nibali-Valverde-Pozzovivo non certo perchè sia ai titoli di coda, ma perchè da loro nulla è preteso, anzi, qualsiasi acuto riusciranno a inventarsi, anche minimo, sarà comunque un prodigio di natura.

Tutta questa brigata, comunque, avrà il suo bel daffare, nelle prossime tre settimane: in scia a Carapaz, dovrà costruire o ri-costruire qualcosa di solido e definitivo, arrivando a tetto del proprio progetto di riscossa. Tutti, ma proprio tutti gli avversari di Carapaz sono al Giro per chiarire qualcosa di sé. Sono incognite e variabili, non certezze.

Può essere che poi alla fine sia proprio questa nebbia di valori a diventare la grande bellezza del Giro. Solo per capire da chi guardarsi sul serio, almeno nella prima metà Carapaz si ritroverà col mal di testa. I nemici sono tanti e nessuno. Sbucano da tutte le parti, qualcuno vero, altri finti. Alle volte è meglio averne uno solo: forte, chiaro, esplicito. Battuto lui, battuti tutti. Non è proprio questo il caso.

 

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