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GATTI&MISFATTI. L'IMBATTUTO
di Cristiano Gatti | 01/06/2019 | 19:09

Forza, un passo avanti, rossore di vergogna, ma almeno fieri e leali: tutti in coro, scusa Carapaz.

Comincio io per primo: da Courmayeur in poi ho pensato e scritto che Carapaz era in maglia rosa, candidatissimo a vincere il Giro, grazie alla solenne asinata di Nibali, quel giorno arrivato a 18’’ dalla sua ruota in fuga e poi colpevolmente ricaduto nelle ripicche con Roglic, tira tu tiro io, con il famoso risultato del distacco fatale e letale (1’54’’).

Sono qui a emendare la mia teoria: l’asinata sesquipedale resta tutta, ma Carapaz non è lì per caso. Per una fortunata congiunzione astrale. Non è un astuto profittatore, non è il terzo che gode tra i due litiganti: è semplicemente e nettamente il più forte. Altro che chiacchiere. E se proprio vogliamo giocare al gioco del se, possiamo ora aggiungerne uno per niente bizzaro: chi ci dice che anche in caso Nibali e Roglic l’avessero ripreso a Courmayeur lo stesso Carapaz non sarebbe poi riuscito comunque a battere tutti? C’è un dato incontestabile che rende molto rispettabile questo se: mai, e sottolineo mai, Nibali e Roglic sono riusciti a staccare Carapaz nel corso delle intere tre settimane. Io, almeno, non ricordo. Se qualcuno ha altri ricordi, sono qui a risponderne. Io ricordo che Carapaz li ha staccati a Frascati, in una tappetta nervosa, quella volta comunque sfruttando una caduta (fatale a Dumoulin). Li ha staccati a Ceresole. Li ha staccati a Courmayeur. Li ha staccati ad Anterselva. E anche quando Nibali ha provato a scrollarselo di dosso, risultati zero: a Como, Carapaz è andato di persona a riprenderlo (in pianura), qui sul monte Avena gli si è incollato alle spalle e nessuno l’ha più smosso.

Risultato limpido, niente da dire. Tutti in piedi, grande applauso e anche doverose scuse per averlo in qualche modo sottovalutato: prima e persino dopo.

Liberando il partigiano che c’è in me, dico poi che mi spiace gigantescamente per Nibali. E’ comunque secondo (la crono finale risulta ormai inutile: Roglic può volare, ma non lo scavalca). Ancora una volta va sul podio, sesta volta negli ultimi sei Giri corsi, ma soprattutto si conferma l’unico campione nostro di livello mondiale. L’ultimo, purtroppo non ancora per molto (i 35 anni sono lì a chiedere conto). Avesse vinto, sarebbe adesso il vincitore più anziano di tutti i tempi, ma poco cambia. La sua suite nella storia del nostro sport è comunque già riservata, e nessuno può sognarsi di toccargliela. O di occupargliela abusivamente.

Chiudo con un invito rivolto a tanta bella gente che tutti i giorni si esibisce dall’alto del suo magistero. Opinionisti ed espertoni di varia metratura ci hanno tenuto per la gola nelle prime due settimane dicendo di aspettare la terza, “perché a quel punto i distacchi si misureranno a chili”. Cifre alla mano, la terza settimana ha cambiato niente: basta confrontare la classifica di sabato scorso a Courmayeur con quella di adesso, alla fine dell’infernale terza settimana. Cambia di 7’’ tra Carapaz e Nibali (il topolino partorito dalla montagna di Anterselva). Questo per dire che il tracciato del Giro 2019 si conferma esattamente come si era presentato già in autunno alla presentazione: due settimane noiosissime, tanta cronometro, terza settimana per niente infernale. Disegnato su misura, come abito di matrimonio, per Froome. E il taglio del Gavia ha completato l’opera.

 

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