Caro Nibali, sono qui a difendere le mie opinioni. Fatico talmente a partorirle, che poi non mi piace disconoscerle e lasciarle in giro come figlie di nessuno. In questo caso, sento il dovere di rivendicare la paternità diretta di quella che tu hai preso a sberle parlando con Cosimo Cito, il collega de “La Repubblica” che tra parentesi stimo tantissimo. Queste le tue acide parole: “Chi parla di noia il ciclismo lo guarda solo in televisione, non lo corre e non sa quanto sia difficile”.
Potrei starmene zitto e nascosto nell’ombra, ma non mi hanno insegnato così. Eccomi qui: sono io quello che ha apertamente parlato di noia fino alla cronometro di San Marino. Non la metterò all’italiana, dicendo che mi hanno male interpretato, o che hanno estrapolato dal contesto. No, ho proprio scritto così. E se non ti turba eccessivamente, sono qui a ripeterlo.
Certo, come dici tu seccato, io il Giro lo guardo solo in televisione e non lo corro. Sinceramente, è l’unico modo che mi è consentito. Magari un Bramati o un Reverberi potrebbero anche ingaggiarmi, perché pedalo abitualmente da mezzo secolo, ma non credo sia esattamente quello che vogliono loro. E comunque, nell’attesa di un contratto, sono costretto a seguire la corsa in video. Non a correrlo.
Questa situazione comunque non mi impedisce di capire – soprattutto: di rispettare – la fatica di chi vive il Giro in bici. L’ho anche detto all’inizio dell’articolo che rinfacci. Ho proprio messo nero su bianco “con tutto il rispetto per chi se lo sciroppa in bici”: non una frase di circostanza, uno stato d’animo sincero.
Però ripeto il però, anche adesso: la vostra fatica è innegabile, eppure questo non impedisce che dirette troppo lunghe per tappe troppo piatte e scontate, in cui gli unici momenti di eccitazione sono dovuti a cadute, squalifiche Var e esclusioni per doping, tappe così siano una vera noia per chi guarda. Da qui, l’opinione espressa sulla necessità, a futura memoria, di mantenere sempre nella prima settimana almeno un paio di arrivi in quota, un Gran Sasso o un Vesuvio, un Etna o un Blockhaus, che ovviamente non decideranno mai un Giro, ma che comunque tengano in piedi lo spettacolo e mettano un po’ d’ordine nella classifica generale, con una gerarchia meno surreale di quella fino a San Marino.
Tutto qui. Niente di sconvolgente, tanto meno di offensivo nei vostri confronti. Una semplice opinione, discutibile e opinabile, come le tue, se ne hai.
Per questo sono qui a dirti chiaramente, a quattr’occhi, senza nascondermi nel vago e nel generico, che non mi piace proprio il tuo modo di reagire. Guardare il Giro in televisione non è una colpa, un crimine, un handicap. Noi osservatori non siamo figli di un Dio minore, abbiamo pieno titolo per osservare, farci un’idea, esprimerla. Per quanto riguarda voi, star dello spettacolo, avete tutto il diritto di non condividere. Ma dire che “chi parla di noia il ciclismo lo guarda solo in televisione, non lo corre e non sa quanto sia difficile”, permettimi, è solo una banale frase a effetto, che scatena l’applauso del tifoso a favore del campione martire, contro il giornalista scansafatiche e fetente.
Caro Nibali, come appassionato del Giro, io ho molto a cuore il livello dello spettacolo. Il tuo giudizio sprezzante non mi impedirà certamente di pensare che la prima salita alla dodicesima tappa non sia la soluzione migliore per combattere la noia. Poco importa dire che anche la prima metà del Tour è noia: non mi sembra un buon motivo per imitarlo. E infatti siamo sempre qui a dire che il Giro ha magari meno prestigio, ma di sicuro non è così noioso. O ricordo male? E anche se voi la fatica e i rischi li sopportate lo stesso, questo non significa assolutamente che il divertimento sia assicurato a prescindere. Eccetera, eccetera.
Non intendo ripetermi a oltranza, perché proprio non vorrei spacciare in Giro altra noia. Ti saluto ricordandoti che la grandiosa tappa di San Marino ha chiarito perfettamente cosa intendevo dire, esorcizzando la noia. Adesso mi rimetto in macchina per seguire le prossime tappe, dalla partenza all’arrivo, gustandomi lo spettacolo finale davanti al video. L’unico modo che è concesso, a noi che non corriamo. Ti farò una confidenza: anche quando mi annoio, faccio il tifo per te.