Un concretizzatore di sogni. Così Elena Cecchini parla del suo Elia Viviani. Nel 2016 era l’olimpionico di Rio (pista, omnium), adesso è anche campione d’Italia e velocista di riferimento su strada, dopo i 18 centri 2018 e i 2 di questo inizio di 2019. Viviani ha iniziato l’anno a braccia alzate nella prima tappa del Santos Tour Down Under e alla Cadel Evans Ocean Race. Per conoscere meglio il 30enne veronese della Deceuninck Quick Step, uno degli uomini più attesi per la Milano-Sanremo, abbiamo chiesto di raccontarcelo alla sua dolce metà: Elena Cecchini.
La ventiseienne friulana, dal 2014 al 2016 tre volte di fila campionessa d’Italia, punto fermo della Nazionale del c.t. Salvoldi e campionessa del mondo della cronosquadre con la formazione tedesca Canyon Sram, ci ha svelato i segreti dell’uomo che c’è dietro al campione. Si erano conosciuti nel 2009, agli Europei su strada in Belgio. Elena vinse la medaglia d’oro tra le juniores, Elia arrivò 11° tra gli Under 23. Dal Capodanno 2012, era stata lei a fare il primo passo, dopo un anno di corteggiamento “serrato”, sono inseparabili. Tra una gara e l’altra, si intende.
«In un anno trascorreremo insieme 100-150 giorni al massimo. Le stagioni sono sempre più lunghe e impegnative, sia per me che per lui, ma tra ottobre e novembre riusciamo a ritagliarci del tempo per noi. Quando siamo separati la tecnologia aiuta, ci sentiamo e “vediamo” spesso via telefono. Ci piace parlare molto, non solo del lavoro, così quando siamo in ritiro o alle corse ci telefoniamo ogni volta che è possibile. Questa vita in giro per il mondo ha dei pro e dei contro: ovviamente quando siamo distanti per lunghi periodi mi manca, ma quando stiamo insieme è sempre tempo di qualità. Non possiamo concedere troppo spazio a problemi o pensieri negativi, cerchiamo di cogliere il lato positivo e di goderci appieno il tempo che abbiamo per noi. Stiamo insieme da sette anni, questo è l’ottavo, ma sembra ieri che ci siamo fidanzati».
Dove hai iniziato la stagione?
«Ho cominciato alla Valenciana, una bella gara, che seppur sia solo alla seconda edizione, ha già raggiunto un livello alto. Disputerò le principali classiche, mi concederò un periodo di riposo dopo l’Amstel per focalizzarmi sulla seconda parte di stagione che comprenderà il Giro Rosa, obiettivo importante per la squadra, e poi penserò al mondiale nello Yorkshire. Andrò a vederlo a maggio, sembra adatto alle mie caratteristiche. La maglia iridata è il mio grande sogno. Altre due gare alle quali voglio arrivare in forma sono il Gp Plouay, la classica di fine anno in cui mi sono piazzata quarta nel 2018, e prima il Fiandre, altra corsa in cui sono già riuscita a finire nella top five. Per aggiudicarti la Ronde devi avere tutto: devi essere forte, fortunata e anche coraggiosa nel prendere le scelte in gara».
Come state a Monte Carlo?
«Io faccio ancora la spola con casa dei miei genitori, a San Marco di Mereto di Tomba, vicino Udine. Quando Elia è a casa lo raggiungo. Vivere nel Principato di Monaco è come stare in una bolla, bella, tranquilla, perfetta per la “vita” da corridore perché hai meno distrazioni e dopo aver svolto le tue ore in sella puoi riposarti al cento per cento. A gennaio mi sono allenata in Riviera, approfittando del clima favorevole e dei percorsi bellissimi. Nel post carriera vorremmo tornare in Italia, dalle mie parti, ma è presto per pensarci. Io, facendo parte della Fiamme Azzurre, so cosa andrò a fare mentre Elia dovrà valutare».
Che tipo è nella vita di tutti i giorni?
«Lo stesso ragazzo che ho conosciuto quando aveva 20 anni, non è cambiato di una virgola. Il giorno del suo compleanno è venuto a Gandia, in Spagna, dove ero in ritiro. Alle mie compagne straniere che mi chiedevano di presentarglielo perché erano intimorite di parlargli direttamente, ho risposto di fare da sole, Elia è uno “easy”. Si sono stupite, ma nonostante tutto quello che ha vinto è super tranquillo. A casa è un tuttofare, è davvero instancabile. Io sono più da allenamento e divano, sono più pigra di lui».
Cosa vi piace fare assieme?
«Cose semplici e non stancanti. Se riusciamo a stare assieme solo una settimana dopo lunghi periodi separati usciamo a cena anche tutte le sere, andiamo al cinema, ci facciamo una passeggiata con Attila (il bulldog francese che Elia ha regalato ad Elena nel 2015, ndr) o andiamo a fare shopping. Gli piace anche guidare, quindi un giro in macchina ogni tanto ci sta, così come un pomeriggio alle terme. A differenza di altre coppie di ciclisti, ci alleniamo anche insieme. Andare in bici insieme è bello perché ci permette di confrontarci e condividere una passione in comune. Del nostro lavoro ne parliamo, siamo la migliore spalla l’uno per l’altra. Detto questo il ciclismo già occupa gran parte della nostra vita ed è importante spaziare, nei nostri discorsi per fortuna c’è tanto altro. Giù dalla bici io amo leggere e sono appassionata d’arte, Elia è più per la tecnologia e le auto quindi a un libro preferisce una rivista tecnica».
Il suo miglior pregio?
«Non si pone limiti. Per esempio, parlando delle gare, lui dice “posso vincere” tale gara e poi ci riesce, a volte stupendomi. Se una corsa potrebbe essere adatta al caso suo, la trasforma in una corsa per lui. Questa è la sua forza, l’aspetto mentale è quello più importante per un atleta. Elia è un sognatore in grado di concretizzare le sue idee».
Peggior difetto?
«In confronto è una piccolezza, ma è la causa principale dei nostri litigi. Spesso si prende degli impegni e non me ne parla. Un secondo prima mi dice: “ciao, io devo andare...”. Io sono molto più schematica, programmo gli appuntamenti una settimana per l’altra, anche perché con il poco tempo che abbiamo da trascorrere insieme se non ci organizziamo è un casino. Stiamo migliorando entrambi, lui mi tiene più al corrente della sua agenda e io mi impegno ad essere più flessibile».
Chi porta i pantaloni nella coppia?
«Dipende delle situazioni. Io di carattere sono più testarda, voglio che le cose funzionano in un certo modo, lui tra i due è più artista, più tranquillo, quindi per certi aspetti detto io le regole, ma nelle situazioni più importanti è lui l’uomo, è la mia roccia ed è giusto che sia così. Ci completiamo».
Come avete festeggiato i suoi 30 anni?
«Gli ho organizzato una festa a sorpresa prima di partire per il ritiro. A Udine ho riunito le nostre famiglie. Si vede poco anche con i suoi cari, ci tenevo che ci fossero i suoi genitori e i suoi fratelli. La sorpresa è riuscita. Il giorno esatto del suo compleanno avevamo entrambi in programma giorno di riposo così gli ho chiesto se aveva voglia di raggiungermi in Spagna e abbiamo festeggiato insieme, con un bel pranzetto in spiaggia».
Come prepara un grande evento?
«È molto puntiglioso, fa tutto per bene. Per quanto riguarda la Sanremo ha accumulato tanta esperienza nelle edizioni passate e sta cercando di metterla a frutto per arrivarci nella condizione migliore. Nel 2017 in maglia Sky si era preparato tantissimo a Maiorca, con i miei occhi ho visto quante ore ha trascorso dietromoto, quanto si è allenato per migliorare in volata, quanto è stato attento al peso... L’anno scorso ha avuto un avvicinamento diverso, ma alla fine era lì a sprintare. La Classicissima è un po’ come un mondiale: devi prepararlo dieci volte benissimo per centrarlo una. Conosce gli avversari, il percorso e sa come deve allenarsi. È molto bravo nel gestirsi. Di ritorno dall’Australia, non si è fatto prendere dalla foga, si è concesso una settimana per adattarsi al clima e al fuso, poi ha ripreso ad allenarsi, con uscite lunghe per prepararsi alla distanza, ma senza esagerare. È un obiettivo importante, ma non è il solo. C’è tutta una stagione da correre ad alti livelli».
Sotto data c’è qualcosa che fa o non fa?
«Gli piacciono un sacco le caramelle, in genere quando ci stendiamo sul divano non resiste ad aprire il pacchetto di Haribo, ma in questo periodo ha fatto una sorta di fioretto quindi niente orsetti gommosi».
Una Sanremo val bene qualche sacrificio.
«Già. Si è allenato sul percorso più volte prima di partire per gli Emirati. Ha studiato tutto quello che può succedere tra Cipressa e Poggio, ormai conosce a menadito le strade. Ogni volta che aveva un allenamento di tot ore in programma che gli permettesse di andare verso il finale, l’ha fatto. È molto importante memorizzare le curve e le pendenze, in corsa sei “a tutta”, i meccanismi devono essere così oliati che potresti andare a occhi chiusi. Io sono andata in ricognizione con lui solo una volta».
Una corsa del genere manca al ciclismo femminile...
«Sicuramente. Una delle mie compagne più care, Trixi Worrack, ha vinto l’ultima edizione nel 2005. Si chiamava Primavera Rosa e, da quanto so, era fantastica. Non dovrebbe essere complicato riorganizzarla, c’è già uno storico, basterebbe togliere i 150 km iniziali e farci andare sulla stessa strada degli uomini prima di loro, sarebbe una gara che avrebbe subito un sicuro riscontro mediatico. La versione femminile di Liegi e Amstel sono state un successo, con tutte le big e le migliori squadre al via. Un ritorno della Sanremo “in rosa” sarebbe bello da vedere. Il boom della Strade Bianche è l’esempio perfetto delle potenzialità del ciclismo femminile, nel giro di un paio d’anni è diventato un evento clou, una gara che ti può cambiare la carriera».
Sarai presente a Sanremo?
«Purtroppo la Classicissima cade sempre il giorno prima del Trofeo Binda, quindi seguiremo la solita routine. Porterò Elia in hotel a Milano e proseguirò verso Cittiglio per poi guardarlo in tv».
Chiudiamo con un augurio per te e per lui.
«Ci auguro tanta felicità e fortuna. La tranquillità e la salute valgono più di mille allenamenti. A noi vorrei augurare la forza necessaria per raggiungere i nostri obiettivi, mano nella mano».
da tuttoBICI di marzo