Non poteva mancare alla partenza del Tour de France il numero uno del ciclismo mondiale David Lappartient. Non poteva mancare e non poteva nemmeno augurarsi che alcuni giornalisti non andassero a chiedergli spiegazioni sul concetto espresso nel giorni scorsi su L’Equipe: «I ricchi hanno più probabilità di cavarsela», che non è un pensiero illuminato e nemmeno tanto visionario, ma è chiaramente più che comprensibile e può far comodamente coppia con il classico «più spendi meno spendi».
Detto questo il presidente dell’Uci non si è nascosto dietro un dito o un “no comment” di facciata. «Non mi sembra di aver detto nulla di tanto rivoluzionario. È normale che sia così: chi dispone di tante risorse economiche e ha la possibilità di affidarsi agli avvocati più bravi del mondo, è chiaro che ha maggiore possibilità di poter far valere le proprie ragioni. Questo non avviene solo nel ciclismo, ma nel mondo e nella vita. È così. I migliori avvocati ti difendono meglio».
Poi, in merito alla battaglia legale ingaggiata dall’Uci, ha rivelato che «questo caso ci è costato qualcosa come 255 mila franchi svizzeri, una somma che io francamente avrei speso più volentieri per la promozione del ciclismo nel mondo».
E sulla fuga di notizie, il numero uno dell’Uci ha commentato in modo sibillino. «Nulla è uscito dalle stanze dell’Uci, forse so però cosa è successo, perché quando c’è la notifica di certe notizie, vengono informate diverse persone, anche al di fuori delle stanze Uci. Io penso di sapere cosa è accaduto, anche se non ho la certezza, ma solo dei sospetti…».
Poi un nuovo appello in favore di Froome. «Di solito i tifosi del ciclismo inneggiano tutti, e non vedo perché non dovrebbe essere così anche questa volta. Certo, su 12 milioni di appassionati, un paio di ubriachi possono esserci, ma il grande popolo del ciclismo sono sicuro che saprà essere vicino a questo grande campione».