Se una cosa ho capito uscendo dall’ultimo Giro è proprio questa: teniamoci stretti Nibali. Mettiamolo sotto una campana di vetro, chiudiamolo in un caveau, conserviamolo in salamoia: ma facciamolo durare il più a lungo possibile. Se fosse possibile in natura, direi almeno dieci anni. Anche se sappiamo purtroppo che non sarà così: a occhio e croce, ancora un paio d’anni di un Nibali così, poi inevitabilmente comincerà la sua seconda vita, come direbbero adesso la slow-life.
Lo dico perché ovviamente conservo Nibali nei miei pensieri di tifoso, ma anche perché dietro di lui vedo un grande deserto. Questa è, per quanto dolorosa, la vera verità emersa dalla grande corsa rosa. Aru non ne parliamo, diciamo solo che si spera riesca a ricomporre il vaso cinese del suo futuro andato in mille frantumi lungo le strade italiane. L’altra ipotesi di domani, Davide Formolo, appare ancora indietro, addirittura al punto da far chiedere a tutti se non sia meglio una rapida conversione sulle corse in linea. Per dire che razza di risposta ha dato il decisivo test sulla sua caratura.
Lo so, c’è Pozzovivo. Buon Giro il suo, ma come nasconderci che sta pure per compiere i 36 anni. Su, per quanto serio e longevo, non possiamo pensare al nostro futuro in chiave Pozzovivo. Non è un’offesa nei suoi confronti, lo capirà lui per primo: è una pura questione anagrafica. Senza niente togliere, ma anche senza niente aggiungere.
Per fortuna, si esce dalla depressione del Giro e siamo già in clima Tour. E come per grazia ricevuta si torna a viaggiare in orbita Nibali. Tutto un altro viaggiare. L’Italia ricompare nei piani altissimi dell’ambiente con un credito e un prestigio di primissimo piano. Non siamo più comparse e scendiletto, siamo di nuovo accreditati e rispettati. Voglio andare ancora più in là: andiamo al Tour con il favorito numero uno.
Non è una sparata. È una semplice analisi logica della situazione, prima. Dopo, lo sappiamo tutti che la strada può inventarsi mille soluzioni diverse, ma non è nemmeno il caso di dircelo. La bellezza è ragionare in anticipo, poi vada come vada. E proprio ragionando prima dico forte che Nibali ha un’occasione d’oro zecchino per rivincere il Tour. Per quant’è forte lui, per come è messo il tracciato, per come sono messi i suoi avversari.
Devo dire che l’unico dubbio aperto riguarda la cronosquadre, ma so per bocca di Brent Copeland, l’anima della squadra, quanto il team l’abbia preparata all’autodromo di Varano. Hanno curato tutto, non si sono dimenticati di nulla. Confido davvero che Nibali avrà tutto il supporto per esprimersi ai suoi massimissi livelli. Poi c’è il pavé, poi c’è la salita, poi non c’è tantissima cronometro. Miscela giusta per lui.
Ma soprattutto, gli avversari. Diciamolo: che ci sia o no, Froome non sarà uno splendore. Se poi i francesi riescono davvero a lasciarlo fuori per l’intrigo salbutamolo, dando nel caso una lezioncina agli italiani, è altra questione, ma nella pratica diventerebbe una pesante mutilazione del parco favoriti. La butto lì quando ancora non conosco le decisioni Sky: se lo scenario ipotetico portasse poi al Tour il giovane Bernal, allora sì Nibali si troverebbe davanti un pessimo cliente. Ma non andiamo troppo al largo. Restiamo sul sicuro. Senza Froome o con mezzo Froome, c’è poi Quintana, c’è la Francia di Barguil e Bardet, e poco altro.
Parliamoci chiaro: possiamo sempre frignare sulla forza degli avversari, sappiamo che vincere un Tour è sempre una complicazione maledetta, sappiamo veramente tutto. Però non dobbiamo neanche sputare sulle combinazioni astrali che ci sorridono. E questa, del Tour 2018, a Nibali sorride parecchio. Secondo me è la classica occasione imperdibile. Sono sicuro che s’inventerà di tutto per non sprecarla. Anche perché nella vita non sai mai se ne ricapitano.
Gatti&Misfatti da tuttoBICI di giugno