E’ una famiglia d’appassionati sportivi quella dei Maffeis di Cene, in Val Seriana, a una quindicina di chilometri a nord del capoluogo Bergamo e centro, dove il ciclismo è sempre in auge grazie anche all’impegno di questa famiglia con la bicicletta nel DNA.
Ed è appunto pure il ciclismo, la bicicletta, il trait-d’union che ha accomunato, allora come ora, i tre fratelli Maffeis con, in particolare evidenza, Giuseppe, il primogenito, e l’ultimogenita della famiglia, Elisabetta. In mezzo a loro c’era la sorella Tina, pure lei appassionata, che però non ha corso e si è “sacrificata”, perché la mamma, Maria, minacciava – bonariamente – di cacciarli tutti da casa.
E, per dovere di cavalleria dovuto a una signora, non teniamo conto della cronologia di nascita e dei diritti d’anzianità – termine non molto applicabile alla famiglia Maffeis - e iniziamo con il presentare la signora Elisabetta, una delle “pioniere” del ciclismo femminile in Italia. E’, come si diceva, l’ultima dei tre fratelli Maffeis e non ha nessuna difficoltà, né ritrosia, nel ricordare la sua data di nascita: il 27 luglio 1947.
Fin da giovanissima dimostra grande propensione per la bicicletta, seguendo le orme del fratello Giuseppe, ottimo dilettante, frutto anche della passione per la bici di papà Giovanni. Ricorda che da quindicenne desiderava già gareggiare in bici ma la strada per tesserarsi era difficile, irta di difficoltà e di diffidenze, per le rappresentanti del gentil sesso in bicicletta all’epoca. E a proposito ricorda le parole, in schietto orobico, del cav. Giuseppe Moneta, a lungo popolarissimo fiduciario provinciale della F.C.I. a Bergamo, per cercare di dissuaderla dal suo intento espressogli nel 1962, l’anno dei campionati del mondo di Salò.
Elisabetta riesce, però nel suo intento, non demorde, e nel 1964 veste la maglia della Granfort Bergamo, formazione nella quale gareggiava già il fratello Giuseppe e Ivan Ruggeri, poi diventato presidente dell’Atalanta Calcio, con un giovanissimo Gianni Sommariva – altro big poi del ciclismo bergamasco e nazionale - quale tecnico. L’anno seguente, il 1965, passa alla Trevigliese e poi, dal 1966 al 1968, è con l’Eliplast mentre dal 1969 al 1971 è la “capitana” del G.S. Tre Risotti, forte formazione della provincia di Varese che ha notevolmente contribuito allo sviluppo delle due ruote al femminile e nel 1972 pone termine alla carriera agonistica nella C.B.M., altra squadra del varesotto che, alla fine degli anni 1970, ha costituito una formazione professionistica, la C.B.M Fast Gaggia capitanata da Roberto Visentini, diretta da Italo Zilioli.
Con bella continuità Elisabetta Maffeis ha sempre rivestito la maglia azzurra dal 1966 al 1972 con Giovanni Gioia ed Eugenio Rimoldi, dirigenti lombardi F.C.I., che si applicavano a seguire e gestire un movimento ancora in fasce, ben diversamente organizzato e strutturato rispetto a quello di oggi.
Ancora adesso, sulle strade della Brianza, zona nella quale risiede la Maffeis, precisamente a Besana Brianza con il “mitico” Monticello lì vicino, con frequenza, compie ancora delle lunghe uscite in bici e tiene testa anche a molti maschietti pedalatori, pure con carta d’identità con data di nascita più recente. E fra questi sovente s’incontra con il gruppo del Kammi Calzature di Bollate con il presidente Daniele Azzalin e i suoi “boys”, boys di un tempo che fu. Uscite che armonizza con il suo impegno di nonna “impegnata”, rafforzativo, anzi impegnatissima precisa, con tre nipoti da seguire ma trova sempre un po’ di tempo per seguire le vicende del ciclismo e praticarlo.
E parliamo ora del fratello di Elisabetta, Giuseppe, nato pure lui a Cene, nel 1944. Per tracciarne, in estrema sintesi, le valenze e le qualità di corridore basta riferire che ha rivestito la maglia azzurra fra i dilettanti (non è mai approdato alla categoria professionisti) in ben novantanove giornate di gara. E’ dilettante con l’U.S. Sedrinese dal 1966 – è la squadra nella quale ha corso anche il grande Felice Gimondi, nato proprio a Sedrina – e qui rimane fino al 1968. Dal 1969 al 1972 passa al G.S. Fiat di Torino, una “corazzata” di quei tempi per la categoria dilettanti, condotta dall’ammiraglia da Giuseppe Graglia, famoso direttore sportivo e interprete di uno stile.
Nel 1970 Giuseppe Maffeis s’impone nel Piccolo Giro di Lombardia e, in maglia azzurra, nella corsa a tappe Vuelta Uruguay. L’anno successivo, era il 1971, mette in carniere la gara a tappe francese Tour de la Vaucluse, la Montecarlo-Alassio e, soprattutto, il G.P. della Liberazione, una sorta di mondiale di primavera con partecipazione d’altissimo livello internazionale.
Ancora oggi Giuseppe Maffeis è sulla breccia ed è sempre lo storico presidente della Scuola Ciclismo Cene, un vivaio sempre prolifico, curato con passione, in varie categorie giovanili.
Proprio di recente è stato presentato un libro sulla figura di Giuseppe “Beppe” Maffeis, nella sua Cene, scritto dall’amico Osvaldo Barbetta, alla cui presentazione, condotta da Giorgio Torre ed Elena Bonzi di BiciTv, hanno partecipato ex compagni del G.S. Fiat accompagnati dal giornalista torinese Franco Bocca, ed esponenti delle due ruote orobiche. Alla presentazione ufficiale della stagione 2018 della Scuola Ciclismo Cene ha proposto un organico numeroso e qualificato di giovani corridori che si possono avvalere della collaborazione di molti ex che restano nella società in vari ruoli e funzioni d’appoggio, mossi sempre da viva passione per le due ruote.
E anche qui il cognome Maffeis ricorre sovente. E i fratelli Maffeis rivedono un po’ la loro vicenda sportiva, attualizzata, in quella dei fratelli Persico, Silvia, in forza alla Valcar e del fratello Davide che, al suo primo anno quale juniores, ha optato per il ritorno a casa, letteralmente, in quanto è di Cene e pensa di trovare nei valori della Scuola Ciclismo Cene, dove ha esordito giovanissimo, la mediazione e la strada maggiormente proficua e formativa per lo sviluppo armonico della promettentissima carriera.
I Maffeis, Elisabetta e Giuseppe, sono stati i primi fratelli a gareggiare nella medesima edizione di un campionato del Mondo su strada. E’ accaduto nel 1970, ai mondiali inglesi di Leicester. I primi nella storia e di una bella storia a pedali.
Giuseppe Figini
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