Chissà se il detto “stare in campana” per esortare a essere pronti, attenti, vigili, con gli occhi e le orecchie, può avere pure qualche attinenza con il ciclismo oltre a quello rappresentato dalla funzione primaria delle campane attraverso i secoli - e che tuttora continua – quale mezzo di avvertimento e segnalazione, in varie circostanze, sia per le funzioni religiose, sia per motivi civici.
Sta di fatto che la campana si può dire che accompagni, da sempre, il ciclismo, soprattutto quello su pista con i rintocchi che segnalano l’ultimo giro per il traguardo finale, conclusivo e pure per i traguardi intermedi. Per le corse su strada è richiesta dal regolamento quando la conclusione della corsa è in circuito e il suo suono continuo segnala ai corridori l’inizio della tornata conclusiva. Di pari passo con la campana, in un binomio in pratica inscindibile, c’è il contagiri che segnala, sia su strada, sia soprattutto in pista, per la natura propria delle caratteristiche e del teatro della specialità, in ordine decrescente, il numero di giri che mancano alla conclusione della prova. Ora, e negli anni più recenti, specialmente in pista, il contagiri è di tipo elettronico, digitale mentre, su strada, per ragioni di dimensioni e visibilità, è ancora in voga il classico cartellone esposto manualmente. Le figure del “campanaro” e del “contagiri” per solito coincidono per affinità della funzione.
In pista, al Vigorelli e alla Sei Giorni di Milano, ricordiamo soprattutto Mario Radaelli, taxista di professione a Milano, appassionato di ciclismo così come i suoi famigliari, per vari anni operatore al contagiri e alla campana. E svolgeva il suo “lavoro” sia nell’impianto di via Arona, sia al vecchio Palasport di Piazza VI Febbraio, sia in quello che fu il nuovo Palazzo dello Sport – disgraziatamente per pochi anni – di San Siro, inaugurato nel 1976 e con la copertura crollata per l’eccezionale nevicata del gennaio 1985. Da allora più niente, purtroppo.
Nelle corse su strada la funzione della campana e del contagiri è assai sporadica. Fra i molti che hanno interpretato il ruolo, di solito insieme con altri compiti organizzativi, “multi task”, ci sono stati molteplici addetti di varie organizzazioni.
Tornando un po’ a ritroso nel tempo, per conoscenza diretta, ricordiamo alcuni fra questi, soprattutto per le gare della Gazzetta dello Sport con le sue molteplici corse.
Dagli anni 1960 è stato Ezio Longoni, milanese di Bollate, a svolgere questa funzione unitamente alle molte altre che gli erano affidate nell’organizzazione dell’arrivo. Ha collaborato nel tempo con il responsabile arrivo Carlo Carini, conoscitore di ciclismo (e nella squadra c’era anche Pino Villa di Novi Ligure, amico di Fausto Coppi, poi d.s. della Gazzola, organizzatore, direttore di corsa e ideatore, fra l’altro del Trofeo Laigueglia). Dalla fine degli anni ’60, con il sanremese Gerolamo “Mimmo” Filippi – oggi lucido novantaduenne – che, con il compianto socio della società OTAT Piero Parise poi, scomparso nel 2015, hanno curato il trasporto e il montaggio delle strutture all’arrivo e alla partenza. Ha continuato ancora quando la responsabilità dell’arrivo fu assunta da Alberto Della Torre. Annotazione a margine: pure lo storico cartografo Cesare Sangalli, alla bisogna, ha suonato talvolta la campana e girato il contagiri, oltre alla sua specialità all’arrivo, quella di scrivere il succedersi dei migliori tempi con il gesso, con la sua chiara grafia, sul tabellone all’arrivo, sovente inquadrato dalle telecamere.
Ezio Longoni, di professione elettricista, appassionato di ciclismo, è sempre stato molto prossimo a Vincenzo Torriani, Giovanni Michelotti e poi a Carmine Castellano. Aveva il dono di un’eccellente manualità applicata bene e in fretta anche alle molteplici esigenze di tipo ciclistico in un’epoca dove la legge 626, che ha in seguito disciplinato la sicurezza sul lavoro, era di là da venire. Ogni mattina, di buon’ora, montava le pesanti cabine telefoniche d’allora collegandole alle linee, apprestava le prese di corrente per la sala stampa, il quartiertappa e quindi si trasferiva al traguardo per molteplici altri compiti. Era amichevolmente definito “re del filo di ferro” per la capacità che aveva d’utilizzare questo duttile materiale, velocemente, per varie situazioni ed esigenze del momento. Angelo Morlin, altro “risolve problemi” e collega elettricista, tuttora in servizio attivo nelle corse RCS Sport dal 1979, lo considera sempre il suo “maestro” in materia. Era Ezio Longoni a recuperare il vincitore di tappa per accompagnarlo rapidamente alla tribuna TV. Il contagiri e la campana, quando occorrevano, erano partita sua. Anche in età abbastanza avanzata, ben oltre i sessanta, vantava una peculiare agilità nell’arrampicarsi, quando era utile, sui pali della luce, anche a notevole altezza, per esporre stendardi o per fissare striscioni. Abilità e agilità sempre conservate da quando, giovanotto, lavorava alle linee elettriche anche aeree. E’ scomparso alla fine degli anni ’90.
Nel frattempo erano notevolmente mutati e ampliati i canoni e le strutture organizzative delle corse, soprattutto del Giro d’Italia, con notevolissimo incremento degli addetti.
Torniamo alla campana e al contagiri che, durante il periodo di Della Torre, furono soprattutto affidati ad Angelo Milani, solido bustocco di Vanzaghello che fu poi rilevato nel ruolo, a metà degli anni 2000 circa, anno più, anno meno, da un altro dei “Della Torre boy’s” – sul termine boy ci sarebbe da discutere….. -, Ferdinando Piazza, per tutti “Nando”, ereditato anche da Giovanni Mantovani, Mario Broglia e Ercole Mealli che, in tempi successivi hanno condiviso le responsabilità dell’arrivo.
Nando Piazza è un monzese di nascita, precisamente del quartiere S. Albino, classe 1941, diventato varesino per matrimonio andando ad abitare dapprima a Solbiate Olona e quindi a Gorla Minore. E’ stato corridore in gioventù, senza molti risultati per sua stessa ammissione e che, dopo trentasei anni in officina, era un tornitore specializzato, trova nella collaborazione alle corse una – per lui – nuova, inaspettata, primavera per diverse esperienze vissute dal 1995, primo anno della pensione, sempre con passione, anzi, entusiasmo manifestato con una costante e pronta disponibilità. Ha così la possibilità di coniugare e vivere nell’ambiente, in diretta, il sempre vivo interesse per il ciclismo e per la bicicletta, intesa anche come mezzo meccanico. Ha curato e cura tuttora la piena efficienza meccanica e la pulizia delle bici di vari suoi amici della zona. Ha avuto a lungo quale vicino di casa l’australiano Michael Rogers, una sorta di figlio adottivo, ottimo corridore professionista per molti anni.
Dalla fine degli anni ’90 cura il podio delle premiazioni, anzi lo coccola, e dopo Milani è affidato a lui il compito del contagiri e della campana. E’ quel signore che, sovente inquadrato dalla tv, come Ezio Longoni, poi Bruno Destro della Rancilio e altri ancora, rincorre il vincitore di tappa per scortarlo, senza toccarlo e cercando di evitargli contatti con chi, a vario titolo, lo rincorre, nel più breve tempo possibile, al recinto premiazioni per rispettare la scaletta del protocollo, agendo con decisione ma sempre con tatto e gentilezza, compostamente, educatamente, come nella sua natura. E’ orgoglioso della sua partecipazione ai due mondiali di Verona.
Nell’ambiente delle corse è sovente ricordata un’avventura in cui è stato coinvolto con un serpente, sì un rettile, vissuta alla Vuelta Espana del 2000, quando ha collaborato con i meccanici della Fassa Bortolo che ha fatto il giro del gruppo internazionale dell’ambiente professionistico. Capiterà magari una prossima occasione per entrare nei dettagli, con nomi e cognomi degli attori protagonisti e relativa ambientazione del fatto.
La sua aspirazione, vivo desiderio, è di finire la sua seconda, bella carriera, sul campo, anzi sulla strada, al Giro d’Italia n. 100.
Giuseppe Figini
foto di Antonio Pisoni e Luca Bettini