È stata una vigilia di Lombardia speciale per il Museo del Ghisallo che ha accolto in visita uno dei campionissimi del ciclismo mondiale. Jan Ullrich, vincitore del Tour nel 1997, in questi giorni è in Italia per girare alcune parti di un documentario di cui è testimonial e ha preso l’occasione per vedere con i suoi occhi il celeberrimo museo del ciclismo. C’era una vera e propria folla di appassionati ad accogliere l’ex atleta tedesco attivo dal 1995 al 2006, sia italiani, ma soprattutto stranieri, saliti in bici fino al Ghisallo per rendergli omaggio insieme al presidente del museo Antonio Molteni e la direttrice Carola Gentilini.
Entrato nel Museo del Ghisallo, Jan Ullrich sembrava un bambino nel paese dei balocchi, gli occhi sbarrati e la testa che girava qua e là in continuazione. «Questo posto è bellissimo, sembra un sogno - ha ripetuto più volte - penso che nel mondo dovrebbero esserci più posti come questo, in grado di accogliere appassionati di ciclismo e di raccontare la storia di questo fantastico sport. Venendo qui lungo la salita ho visto tante persone in bici e la cosa mi ha riempito di orgoglio e mi ha fatto emozionare. Si sente il cuore pulsante di uno sport magico, di una grande famiglia di cui sono contento di fare parte». Ora anche Jan Ullrich fa parte del museo del Ghisallo, in occasione della sua visita infatti ha donato due magliE autografate: una della Telekom e una della nazionale tedesca. Il regalo più prezioso è stato però una bici Pinarello del 1998 che verrà posizionata accanto a quella di Eddy Merckx.
«Per me il ciclismo è come una grande famiglia, ammetto di aver avuto una vita frenetica e spesso un po’ complicata, ma in questo mondo ho sempre trovato grande affetto. Il 1997 per me è stato un anno magico, sono stato il primo tedesco a vincere il Tour e non è stato facile reggere tutta quella pressione. Nel cuore mi rimangano i duelli con Amstrong, siamo sempre stati rivali, ma poi siamo diventati grandi amici. Ci sentiamo spesso e quando possiamo ci troviamo per ricordare insieme quei momenti» ha spiegato Ullrich rivolgendo un ricordo particolare a Marco Pantani con cui aveva duellato nella Grande Boucle 1998. Sono proprio le immagini del pirata che il tedesco cerca nel museo appena vi mette piede; alcuni cimeli sono poco distanti dal punto in cui è stata posizionata la sua bici, sorride, in qualche modo è come essere vicini e duellare ancora una volta. «Marco è stato un atleta straordinario - riprende - per me è un onore averlo avuto come rivale, nel 1998 sono arrivato dietro di lui ma mi sono comunque tolto delle belle soddisfazioni. Avere qualcosa di mio in questo museo è per me un onore immenso, sono orgoglioso che la mia bici e le mie maglie siano qui».
Domani si corre il Giro di Lombardia, gara a cui Ullrich ha preso parte soltanto una volta, era il 2001, si partiva a Varese per arrivare a Bergamo dove vinse Danilo di Luca. «La classica delle foglie morte è una delle gare più belle in assoluto, mi dispiace averla corsa soltanto una volta, attraversa sempre dei luoghi straordinari. Io spero che vinca il migliore, l’anno scorso ha trionfato Pogacar e penso che sia anche il favorito numero uno. Non lo so, ma mi sento che vincerà un italiano. Sicuramente ci sarà un po’ di malinconia, lasciano due grandi campioni come Nibali e Valverde, io ho avuto la fortuna di conoscere molto bene il secondo e di correre anche con lui, a loro auguro tutto il meglio» ha detto Ullrich ricordando il suo amore per l’Italia e facendo un augurio speciale a Vincenzo Nibali e ad Alejandro Valverde. Non ha mai smesso di seguire il ciclismo, lo fa da spettatore a bordo strada vedendone la sua evoluzione. «Sono cambiate tante cose rispetto a quando correvo io. Ci sono campioni fortissimi, a partire da Alaphilippe e da Van Aert, grandissimi corridori di classiche, arrivando fino a Vingegaard e Pogacar che quest’anno al Tour sono stati protagonisti di un grande duello. Ammetto di essere un fan di Peter Sagan che in bici fa cose uniche» dice il campione tedesco.
Prima di uscire dal Museo Jan Ullrich si guarda intorno ancora una volta, sul volto l’orgoglio e un enorme sorriso. Promette che ritornerà per visitarlo ancora meglio e goderselo ancora una volta, soprattutto per salutare la sua bicicletta e quella dei molti amici.
foto di Carlo Monguzzi