Ormai è un vero e proprio evento caratteristico della città di Treviso e, questo weekend, la Granfondo Pinarello è pronta a riempire nuovamente il centro cittadino di biciclette e appassionati provenienti da tutto il mondo. Piazza del Grano e Borgo Mazzini faranno da quartier generale come da tradizione e la festa partirà già questo pomeriggio con il culmine della gara di domenica. Ad orchestrare il tutto, da buon padrone di casa, c’è Fausto Pinarello.
Fausto, i numeri dicono che questo non è un anno banale per la Granfondo Pinarello.
«No, non è un anno come gli altri, perché siamo arrivati al 25esimo anno della Granfondo, un traguardo importante. E il fatto che cada proprio nel giorno in cui mio papà avrebbe compiuto 100 anni è ancora più bello. Come se non bastasse, l'azienda compie quest'anno 70 anni; quindi, ci sono tutti i motivi per dar vita a una Granfondo addobbata a festa. Poi sarò ripetitivo, ma ogni volta che posso non perdo occasione per ringraziare i volontari, senza di loro nulla di tutto ciò sarebbe possibile. Forse non abbiamo il Pordoi, il Sellaronda e altre salite mitiche, ma tra Treviso, Conegliano, Valdobbiadene e il Muro di Ca' del Poggio abbiamo strade spettacolari. Senza dimenticare il Montello, la palestra dei trevigiani, forse sottovalutato, con le sue 20 prese adatte a qualsiasi tipo di bicicletta».
Quale di questi numeri la impressiona di più?
«Dal punto di vista personale sicuramente il 25° anno della Granfondo, perché allestire una manifestazione per 25 anni consecutivi non è cosa banale. È vero, c'è anche chi ha una storia più lunga, ma noi siamo l'unico evento in cui l'organizzatore è lo sponsor, l'organizzatore è un marchio di bicicletta, un appassionato ciclista e guida un gruppo di 195 scalmanati con una passione incredibile per questo sport. Se penso che 4-5 dei nostri granfondisti hanno partecipato a tutte e 25 le edizioni mi vengono i brividi. Poi, naturalmente, i 100 anni di mio papà hanno un valore affettivo molto importante».
Cosa ricorda della prima edizione del 1997?
«Avevo sicuramente meno pensieri di oggi. Ricordo che facemmo 5700 iscritti, mio papà voleva festeggiare i suoi 75 anni e fu una manifestazione bellissima, che ci ha invogliato ad andare avanti con altre edizioni. Al tempo organizzare un evento del genere era più facile, più snello, e c'erano molti più volontari!».
Si aspettava di arrivare così lontano?
«No, non lo avrei mai pensato, anche perché quando l'abbiamo creata con mio fratello Andrea, nel 1997, c'erano appena 4-5 Granfondo in tutta Italia. Inizialmente la FCI non voleva nemmeno che ci si attaccasse il numero alla schiena, ma noi abbiamo spinto per poterlo fare, perché sapevamo quanto fosse importante per questi amatori sfidare amici e parenti, dare il massimo e divertirsi come se fossero al Giro d'Italia o al Tour de France. E poi birre e panini pedalando in compagnia. Dopo la gara, si andava avanti un anno a parlarne. Per me rimane sempre il Campionato del Mondo dei trevigiani».
Ogni anno, però, bisogna sempre pensare a qualcosa di nuovo.
«Certo, non è una cosa facile. Anzi, ammetto che stiamo riflettendo su un possibile nuovo format per i prossimi anni, perché cambiano le biciclette, cambiano i terreni, cambiano le abitudini. Se si vuole crescere ulteriormente bisogna pensare a qualcosa di innovativo. La cosa che mi colpisce di più è che c'è più di qualcuno che si iscrive, paga, e poi non si presenta, ed è una cosa che faccio un po' fatica a capire».
Le iscrizioni stanno andando bene.
«Sì, quest'anno tocchiamo quota 2000 iscritti, un buon numero, in crescita di circa il 20% rispetto all'anno scorso. Siamo una delle poche Granfondo che non ha perso partecipanti rispetto all'edizione passata. Peccato che qualcuno dovrà rinunciare per il covid, soprattutto qualche straniero».
Sta guardando la sua Ineos Grenadiers impegnata al Tour de France?
«Certo. Ovviamente mi piacerebbe rivincere il Tour de France, ma anche quest’anno la vedo un po’ dura. Pogacar è davvero un fenomeno, ma la Ineos Grenadiers saprà togliersi le sue soddisfazioni. La cosa che mi piace di questa squadra è che il gruppo viene sempre prima del singolo; negli anni sono venuti fuori grandi capitani come Wiggins, Froome, Carapaz o Bernal, ma alla fine ci si ricorda della forza del collettivo. Per questo mi piace essere legato a loro e vederli in testa alla classifica a squadra, con il caschetto giallo e con 4 corridori in Top 10 mi rende orgoglioso».
A Filippo Ganna è sfuggita la maglia gialla nella cronometro inaugurale.
«Peccato, ma non toglie nulla al suo immenso valore. Ci ha già dato tante soddisfazioni e continuerà a darcene. Mi ricordo quando Davide Cassani ce lo portò in azienda che non era nemmeno maggiorenne. "A questo ragazzo bisogna fargli una bici perché è veramente forte", e gliela facemmo. In un'Italia ciclistica che fa fatica a sfornare talenti per la salita, lui rimane uno splendido punto di riferimento».
Domenica pedalerà coi granfondisti come consuetudine?
«Dopo la Maratona delle Dolomiti ammetto di essere un po’ affaticato, ma sicuramente partirò per il percorso lungo. In tutte queste edizioni non ho mai visto arrivare i primi al traguardo perché ero impegnato nel pedalare. Prima o poi non mi dispiacerebbe godermi la festa in piazza…».