Che emozione tornare a pedalare, ritrovando il vento, le montagne, i laghi, i paesaggi incantati del suo Trentino come compagni di viaggio. «Macinare chilometri in strada è stata una sensazione unica, le ore in sella filano via come non mai. Ho riscoperto una voglia matta di godermi la bici. Io sono un'amante delle gare e dell'adrenalina, mi piaccioni i lavori “a blocco”, adesso però godo anche nel pedalare ore e ore, questo mi aiuterà tanto per accumulare il fondo perso nei mesi chiusa in casa» ci racconta Letizia Paternoster, purtroppo dal lettino del fisioterapista. «È stato bellissimo finchè è durato. Concluso il lockdown ho ripreso i miei allenamenti all'aria aperta, ma purtroppo ben presto ho dovuto fermarmi una settimana e mezza per colpa di una tendinite al ginocchio sinistro. Avverto ancora un po' di fastidio, fa fatica a sfiammarsi, ma con le terapie e un po' di pazienza passerà anche questa. Non ho mai fatto una vacanza così lunga in vita mia...» spiega la bella 20enne senza perdersi d'animo.
Letizia sa che «per raggiungere l'apice, devi risalire dal fondo» e per natura è ottimista. Realizzare i sogni costa fatica e impegno, la portacolori della Trek Segafredo e delle Fiamme Azzurre lo ha imparato grazie alla bici e ha applicato il suo mantra, anche nel periodo di quarantena forzata, che ha affrontato da sola nella sua casa di Riva del Garda.
«Prima di un grande alto, devi passare da un grande basso. Me lo ha insegnato la mia ancor breve carriera sportiva. Sfodero un bel sorriso davanti alle sfide che la vita mi pone davanti, cerco di affrontarle con positività. La fatica della bici è uno straordinario insegnamento. Per poter arrivare a goderti gioie ed emozioni devi essere più forte dei momenti no e dimostrare costanza. Sopportando dei sacrifici puoi raggiungere tutto ciò che vuoi».
Dicono che ad ambire di atterrare sulla luna, mal che vada inciampi sulle stelle. E che quindi vada bene così: punta in alto che qualcosa di sicuro poi succede. Questa è la filosofia con cui è cresciuta questa ragazza talentuosa, che si divide con egual profitto tra strada e pista.
«Quello che ricordo dei miei inizi è la capacità di mamma e papà di farmi credere che tutto fosse possibile. Che ogni desiderio si potesse realizzare. Non mi hanno mai detto che fosse meglio sognare in piccolo. Non mi hanno mai fatto presente che in alto, nello sport, ci arrivano in pochi. Non hanno mai provato a sfilare dal mio cuscino un sogno troppo grande per essere credibile, neppure quello di andare sulla luna. E, per tutto questo, sono stata molto fortunata».
Letizia ha iniziato a pedalare ancor prima di camminare. «Stando a quanto raccontano i miei, il ciclismo ha avuto la mia predilezione fin dal principio. Quando ero ancora piccolissima quasi mi rifiutavo di camminare e non ero contenta se non avevo il mio triciclo vicino. Ero arrivata al punto di riuscire ad andare in bici senza le rotelle prima di imparare a camminare. Per cui: gattonavo a quattro zampe fino alla bici, ci montavo sopra e da lì scorrazzavo liberamente senza l’aiuto delle rotelline laterali. La prima bici da strada è stata una Fondriest, piccolissima, con il cambio sul telaio. La prima gara (vinta, ovviamente, ndr) a 6 anni».
Quella per i pedali è stata, ed è, una passione difficile da spiegare. Letizia l'ha raccontata ai numerosi tifosi che la seguono nel corso di tante dirette sui social, che ha concesso negli ultimi mesi per tenersi e tenerli impegnati. «Ci sono atleti che hanno una forza dentro, una convinzione tale da sostenerli anche nelle difficoltà. Per qualcuno è necessario sentirsi forte per diventare forte veramente. Per altri, invece, funziona esattamente al contrario ed io appartengo di sicuro a questa seconda categoria. In questa situazione inaspettata la squadra è stata di grande supporto a me e alle mie compagne, a differenza di altre formazioni World Tour la Trek Segafredo non ci ha fatto mancare nulla, il contatto con i tecnici è quotidiano» ha raccontato, rivelando di non amare i rulli smart, in questo periodo in voga come non mai.
«Non ho usato Zwift, mi sono allenata seguendo le tabelle mirate del mio allenatore Dario Broccardo, al massimo ogni tanto durante gli allenamenti indoor mi collego in videochiamata con la mia migliore amica. Non trascorro mai più di un'ora e mezza sul ciclomulino, mi concentro su esercizi corti per stimolare forza e potenza. Mi ritengo molto fortunata di avere come sponsor Technogym, che con i suoi macchinari mi ha permesso di allestire una palestra ben attrezzata nel mio appartamento, la mia “salvezza” nel periodo in cui non si poteva uscire su strada. Gli squat, la pressa, i massimali, tanto core stability ed esercizi a corpo libero mi sono serviti per rinforzare tutta la struttura fisica. Per il mio grande obiettivo, vale a dire i Giochi Olimpici di Tokyo 2020, la forza è uno degli aspetti su cui devo lavorare di più per alzare l'asticella e in generale il mio valore. Ho sfruttato la reclusione forzata per migliorarmi ed uscire più forte da tutta questa vicenda».
Tacchi più delle sneakers, Tiziano Ferro più di Vasco, Sagan più di Cipollini, Bronzini più di Vos, discoteca meglio del pub, ok ai tatuaggi ma no ai piercing, un bicchiere di vino batte un boccale di birra. Le piace ballare sulle note della musica latino-americana, è appassionata di moda, passerebbe ore a provare vestiti nei negozi.
Le hanno persino domandato se non le piacerebbe fare l'attrice o la modella. «No, magari un giorno andrò all'Isola dei Famosi o al Grande Fratello... Il mondo della tv mi affascina, ma se ne riparlerà più avanti ora non è nei miei pensieri, anzi nemmeno la guardo molto. I miei miti hanno sempre avuto a che fare con lo sport, un mio riferimento è Federica Pellegrini. Mi affascina la sua personalità, al di là della sua carriera fenomenale. La apprezzo perchè attorno a sé ha creato un personaggio che va al di là del mondo del nuoto. Femminilità e sport, nel mio caso ciclismo, sono perfettamente compatibili e lei lo ha dimostrato. Io sono me stessa su e giù dalla bici. Una donna deve avere carattere e il ciclismo te lo tira fuori».
Ha un debole per i dolci, ma come tutti gli atleti professionisti è attenta all'alimentazione. «Mamma e nonna mi hanno trasmesso la passione per la cucina, ma al momento mi metto ai fornelli solo per prepararmi i pasti senza sfoderare i miei dolci preferiti, vale a dire strudel di mele e tiramisù. Cerco di mangiare in modo sano e vario, senza farmi mai mancare nulla. A Pasqua un ovetto di cioccolato me lo sono concessa. Mi è mancato il coniglio di mamma, ma grazie a una videochiamata ho visto i miei parenti, che sono sempre stati presenti nella mia vita nonostante il distanziamento sociale che il coronavirus ci ha imposto. Appena la situazione di emergenza è passata, sono tornata a Revò dai miei cari».
La famiglia ha un ruolo centrale per la stellina azzurra. «Finora ho vissuto tanti alti e bassi, tra cadute e infortuni, sportivamente parlando il momento più difficile l'ho vissuto a maggio 2019 per colpa di un'infezione renale che mi ha costretto 10 giorni in ospedale e un mese ferma, nel pieno della stagione. Un altro periodo davvero tosto è stato nell'inverno 2018 quando ho perso nonna Emma, il mio faro. Da lei ho imparato a stare al mondo, ho imparato l’educazione e il bisogno di trasmettere la propria allegria agli altri. Da lei ho rubato un pezzetto di quel carattere che oggi mi porto appresso. Mio fratello Matteo invece è stato il mio modello di comportamento per tanto tempo, il mio capitano. È di un anno più grande di me, appassionatissimo di sport e, per me, quello che diceva lui era sempre e comunque legge. Ad un certo punto mi hanno proprio dovuta scollare, perché io andavo dove andava lui e facevo quello che faceva lui, sempre. La mamma ci chiamava: Associazione a Delinquere di Stampo Birboso. Perché sì, ne combinavamo tante ma, in fin dei conti, erano tutte marachelle senza scopo di lucro. Comunque, grazie alla nostra piccola “Associazione”, ho provato un po’ di tutto prima di scegliere la strada del ciclismo. Downhill, bmx, mtb, sci di fondo e ovviamente il calcio: ci giocavamo tutte le sere, dopo cena, nel campetto del paese. I miei genitori mi avrebbero voluto ballerina, invece... ».
Non chiedetele se è fidanzata e nemmeno di scegliere tra mare o montagna, sarebbe come chiederle se vuole più bene a papà Paul o a mamma Maria. Impossibile. «Le ferie voglio trascorrerle rigorosamente al caldo, sono una lucertola, durante il periodo di confinamento ho approfittato del terrazzo per prendere una bella tintarella, per la prima volta senza il segno dell'abbigliamento da ciclista. Senza montagne non vivo. Amo scalare, sciare, fare le ferrate. Sono cresciuta tra le piste di Madonna di Campiglio e il velodromo di Cles. Ai giovani consiglio di divertirsi e non mollare davanti alle difficoltà, il vero corridore si vede più avanti. Se ripenso a quando ero esordiente o allieva non ricordo le corse che ho vinto (anche se batteva i maschietti, ndr) ma le risate con le compagne, 15 ragazze affiatatissime».
In questi giorni ai tifosi ha aperto le porte di casa e il suo cuore. «Sono spinta dalle emozioni, come quelle che ho provato quando ho vestito la prima maglia di campionessa del mondo, quando ho vinto la prima gara da Elite, il Trofeo Liberazione, e due settimane dopo mi sono imposta al Giro di Lussemburgo, la mia prima corsa a tappe di sempre, e quando ho alzato le braccia al cielo in Australia, nella prima gara dell'anno con la maglia della Trek Segafredo, andando a firmare la prima vittoria in assoluto del team. La delusione più cocente l'ho vissuta al Campionato Europeo di quest'anno in pista, nell'Omnium è andato tutto storto, a livello di sensazioni stavo bene ma ho interpretato male la corsa».
Diventa rossa quando riceve complimenti per la sua bella presenza. «Mi piace curare la mia immagine. Sono fiera della mia femminilità. Me la porto sempre addosso come se fosse un profumo. Io sono fatta così e il mio modo di essere si esprime alla stessa maniera, che io sia sulla sella, fuori per una serata tra amiche o a passeggiare in campagna insieme al mio papà. Dietro all’immagine pubblica c’è altro. Ci sono io, che sento di avere un mondo dentro. Ci sono sempre io, con i tacchi, con gli scarpini o con gli scarponi da sci. Tra le cose di cui ho voglia c’è sicuramente il suono della sveglia presto tutti i giorni, per andare ad allenarmi. C’è il desiderio di sacrificarmi, di sentire il dolore alle gambe e i crampi allo stomaco per colpa della fatica. Perché niente mi dà soddisfazione quanto l’adrenalina che torna in circolo, mentre siamo tutte spalla contro spalla, alla partenza di una gara importante».
Nonostante il fastidio al ginocchio, Letizia sta riassaporando il ritorno ad una ritrovata normalità. «Mi mancava scambiare due parole e uno sguardo con familiari e amici, seppur dietro a una mascherina. Ritrovarmi al bar di Riva del Garda nel quale si radunano tutti i ciclisti. Prendere un caffè e farmi due risate con Daniel Oss e gli altri ragazzi della zona. Basta poco per essere felici, a me basta la bici. L'ho sempre usata, è il mio mezzo di trasporto primario. Per le commissioni uso quella del nonno con il cestino, per lavoro la mia amata Trek con la quale non vedo l'ora di tornare a correre».
La stagione 2020 sarà breve e intensa. «Il nuovo calendario mi piace e spero si possa davvero svolgere. Sono in attesa di indicazioni dai direttori sportivi Ina-Yoko Teutenberg e Giorgia Bronzini e che venga programmato un raduno. Non so ancora come e dove si terrà, ma spero a luglio di poter riabbracciare le miei compagne prima delle gare di agosto. Per me la priorità sarà accumulare esperienza su strada. Non penso sarò schierata al Giro Rosa, per gli impegni della pista già non era nei miei programmi, ma a qualche classica vorrei partecipare. L'idea di una Roubaix femminile è bellissima, correre un monumento così prestigioso deve essere super emozionante. Ho compagne fortissime, meritarmi un posto non sarà semplice, ma il pavè è nei miei sogni».
A proposito di grandi obiettivi, il più grande resta una medaglia olimpica, possibilmente d'oro. «Il rinvio di un anno di Tokyo 2020 mi è dispiaciuto, tanto lavoro non si è vanificato ma dovrà essere prolungato. Dopo lo smacco iniziale la parte razionale ha prevalso: sono giovane e avrò 12 mesi in più per migliorarmi in vista dei Giochi Olimpici. Sia io che tutte le altre ragazze della Nazionale abbiamo voglia di darci dentro per arrivare ancora più preparate all'appuntamento».