Davide Cassani è il ct della nazionale. Ma anche un ex professionista, con esperienze significative nel mondo della comunicazione come commentatore, oltre che organizzatore di una importante granfondo. Insomma, il suo è l’osservatorio ideale per mettere a fuoco quello che sta succedendo a proposito della famigerata “tassa sul sudore”.
Cassani, da dove cominciamo?
«Dall’altro giorno, ovvero dalla chiamata tutta allarmata di mia mamma: “Quindi adesso dovrò pagare anch’io i 25 euro per andare in bicicletta?”».
Insomma, un danno di immagine di proporzioni incalcolabili per tutto il movimento.
«È stato effettivamente un danno di immagine per la Federciclismo ma, se vogliamo, è stata anche l’occasione per fare chiarezza, perché in questo modo la gente è riuscita a capire bene come stanno le cose».
Ma come può essere successo?
«Semplice, c’è stato un problema di comunicazione, la notizia è stata data un po’ superficialmente, senza conoscere nel dettaglio tutte le specifiche del caso e senza entrare nel merito».
Qual è secondo lei il messaggio che la Federazione ha voluto lanciare con questa iniziativa?
«Un messaggio importante, perché ha voluto fr capire che anche nel settore amatoriale certe regole vanno rispettate».
Pare tuttavia che sia solo una questione economica...
«E invece solo una questione legata alla sicurezza».
Per i 25 euro sono da pagare.
«Anzitutto sono da pagare solo dai tesserati degli enti di promozione che non hanno aderito alla convenzione. Infatti, gli enti di promozione col maggior numero di tesserati sono esenti. L’operazione è stata fatta per uniformare le quote. I tesserati amatori della Federazione pagano 45 euro, ma 28 sono destinati all’assicurazione. Viceversa ci sono enti di promozione che fanno pagare anche solo 15 euro per il tesseramento».
In quest’ultimo caso, la copertura assicurativa sarebbe praticamente nulla...
«Ecco. Il nocciolo è proprio questo: i 25 euro sono per una loro tutela».
Cassani, ma lei è ancora tesserato?
«Certo, con la Federazione. E sono anche felice di pagare la quota, perché quando salgo in bici mi sento tutelato. Il nostro è uno sport bellissimo, ma anche con qualche rischio. Tutto deve essere predisposto al meglio per renderlo sicuro».
Oltre al ruolo di ct della nazionale, lei è da sempre vicino al mondo degli amatori con la granfondo che porta il suo nome.
«La organizzo da 25 anni con uno scopo ben preciso, dal momento che il ricavato viene suddiviso fra le squadre di Giovanissimi della Ceretolese e della Zannoni di Faenza. Ormai lo dico da anni che il mondo del ciclismo amatoriale può davvero dare una mano al ciclismo giovanile. E oggi ne sono ancor più convinto».
da Il Resto del Carlino, edizione Emilia Romagna