I Compensi Sportivi, usati con grande frequenza e spesso abusati come strumento di remunerazione sono oggetto di un filone di sentenze particolarmente positive per certi versi da qualche anno, vediamo in dettaglio cosa sta cambiando.
Una premessa è d’obbligo, gli enti che praticano sport sono denominati come ben sapete Associazioni Sportive Dilettantistiche. Proprio la parola “dilettante” è il fulcro sul quale si basano i compensi esenti fino a 7.500€ annui, non importa che l’atleta si un agonista o meno.
Ma cosa si intende per dilettantismo e cosa professionismo? Ovunque nel mondo la differenza è semplice: se l’attività svolta si intende attività professionale allora si tratta di professionismo. L’Italia però è l’unica eccezione in quanto da noi si considera professionista solo chi esercita un’attività sportiva a favore di una ASD nell’ambito delle sei discipline che hanno riconosciuto il professionismo ossia: calcio, pugilato, ciclismo, motociclismo, golf e pallacanestro.
Solo gli atleti tesserati a queste Federazioni possono essere considerati sportivi professionisti e quindi per assurdo Alberto Tomba o Valentina Vezzali sono considerati dei dilettanti.
Diverse sentenze hanno stabilito che tutte le collaborazioni rese nell’ambito dello sport dilettantistico seguono sempre il regime agevolato di detassazione dei compensi a prescindere dalla continuità e abitualità della prestazione sportiva effettuata dal collaboratore a favore delle ASD.
In base a questi precedenti giuridici non importa quindi che l’istruttore o l’atleta percepisca da tale attività il proprio reddito principale o sia la propria attività quotidiana prevalente e possa quindi definirsi un “professionista del settore”, l’importante è che non svolga le attività a livello professionale nei confronti di una ASD che è affiliata ad una delle sei Federazioni elencate in precedenza.
Ad esempio la Corte d’Appello di Milano con la Sentenza 1206/2017 sottolinea che la normativa non fa alcun riferimento al requisito della non professionalità della prestazione e che il legislatore “ha ritagliato il perimetro del professionismo e quindi tutte le collaborazioni svolte nell’ambito delle ASD seguono il regime agevolato a prescindere dalla continuità ed abitualità della prestazione svolta da chi collabora in tale ambito. Ciò che conta è che le collaborazioni vengano svolte a favore di organismi che perseguono finalità sportive riconosciute dal CONI”
Cosa significa ciò? Che possono essere erogati compensi sportivi anche a “professionisti” del settore senza che questi maturino anzianità contributiva o siano assicurati contro gli infortuni? In base alle numerose e concordi sentenze di giurisprudenza sembra che questa sia l’indicazione esatta.
dottor Umberto Ceriani
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