Fabio Aru, Annemiek Van Vleuten, Joe Dombrowski, Marianne Vos, Manuel Senni, Pauline Ferrand Prevot, Nicola Conci, Erica Magnaldi, Alessandro Monaco, Shirin Van Anrooij, Zdenek Stybar... Cos'hanno in comune tra di loro, e con altri colleghi e colleghe che non menzioniamo per motivi di brevità? Due parole, che come spesso avviene in ambito medico non suonano proprio bene: endofibrosi iliaca. Conosciuta pure con l'acronimo FLIA (Flow Limited Iliac Artery).
Nulla di troppo grave in assoluto, ma non sempre facile da diagnosticare e sicuramente "invalidante" per quanto riguarda la possibilità del corridore di performare al meglio: è un ispessimento, con conseguente ostruzione, dell'arteria iliaca, un vaso sanguigno che passa dalle zone inguinali. Si manifesta soprattutto nei ciclisti sotto intenso sforzo, con dolori o formicolii e mancanza di potenza, dal momento che il sangue non riesce a fluire come dovrebbe verso le gambe. La causa va ricercata in un muscolo Psoas troppo grosso oppure (ma le due cose possono essere collegate) nello stress esercitato sull'arteria iliaca dalle posture e dai movimenti reiterati e prolungati tipici del ciclismo ad alti livelli.
La soluzione del problema è un intervento volto a ristabilire la regolare circolazione nell'arteria, che può avvenire attraverso l'impianto di uno stent o (come si preferisce decisamente oggi) una riparazione chirurgica del tratto interessato. Tuttavia, se senza intervento è impossibile esprimersi al proprio massimo, nemmeno un intervento perfettamente riuscito è garanzia di ritorno al proprio massimo. Per questo, la ricerca scientifica e biomeccanica sta cercando le migliori misure per prevenire l'endofibrosi iliaca e preservare la salute del corridore senza dover rinunciare a performance e posizioni aerodinamiche.
I più recenti aggiornamenti in materia sono stati appena illustrati oggi pomeriggio nell'auditorium dell'ospedale San Raffaele di Milano, nell'ambito dell'11° congresso internazionale HTDI (How To Do It) dedicato alla chirurgia vascolare. Con la moderazione del prof. Germano Melissano (che, oltre a dirigere corsi e master in chirurgia vascolare e aortica, dirige questo congresso) e del chirurgo-scrittore Paolo Raugei, medico del team Corratec, sul palco si sono succeduti tre "speech" che hanno ben inquadrato il tema.
La figlia d'arte Carlotta Fondriest, in qualità di fisioterapista e chinesiologa studiosa della patologia in questione, ha illustrato lo studio che ha condotto grazie al macchinario termografo fornitole dall'azienda di componentistica FSA (Full Speed Ahead) che ha evidenziato l'importanza di un angolo più ampio tra cosce e tronco nella pedalata, per permettere una respirazione più agevole e ridurre la compressione dell'arteria iliaca. In tal senso, la tecnica ciclistica può venire in aiuto con la produzione e l'utilizzo di pedivelle più corte: una tendenza già in atto e destinata probabilmente a diffondersi a macchia d'olio.
In seguito Daniele Mascia, rinomato chirurgo vascolare del San Raffaele, ha proiettato video dimostrativi delle varie tipologie di operazione all'arteria iliaca, seguiti da una tabella relativa al pieno recupero dell'atleta, che solo al terzo mese può riprendere appieno l'attività in bici. Il dottor Mascia ha sottolineato inoltre quanto ci sia ancora tanto da ricercare, dibattere e scoprire sull'argomento. Infine Laurent Chiche, primario al Pitié Salpêtrière di Parigi e capo del dipartimento di Chirurgia Vascolare della Sorbona, ha raccontato passo passo il suo prezioso e complesso lavoro con la già citata Ferrand Prevot cinque anni fa: dalla FLIA all'oro olimpico di Parigi 2024!