Risolutezza sorridente. Prendere convinte decisioni e saperle spiegare e far digerire con personalità ed empatia, non con fredda burocrazia. In questa riga abbiamo condensato Rosella Bonfanti, dal 1997 giudice di gara internazionale e questa settimana presidente di giuria al Giro di Polonia. In ventisei anni tante, tantissime corse, alternate al suo mestiere di tecnico di laboratorio all'istituto dei tumori di Milano, da cui oggi è in pensione.
Era una giovane Rosella quella che, a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, maturava una passione enorme per il ciclismo, seguendo il papà meccanico alle corse. Una passione a cui crescendo ha aggiunto competenza e voglia di entrare nella grande famiglia della bici agonistica attraverso la porta della giuria. Mai una scelta controversa o legata a terremoti mediatici, la brianzola Bonfanti affianca il presidente di giuria del Giro d'Italia ed è stata membro della Commissione Commissari della UCI, fino ad arrivare all'Olimpiade di Tokyo due anni fa. Era nel collegio dei commissari alla Parigi-Roubaix di Colbrelli, alla Vuelta di Nibali, ai Mondiali di Doha. Quest'anno è stata presidente di giuria all'Amstel Gold Race... e al Giro di Mauritius!
I commissari sono tutti sullo stesso livello gerarchico. A rotazione, su designazione operata dalla UCI prima dell'inizio stagione per tutte le corse dell'anno, in ogni gara uno dei commissari assume il ruolo di presidente di giuria: colui, in questo caso colei, che vigila sul rispetto del regolamento sia da parte degli organizzatori stessi (conformità del regolamento speciale di gara con le regole internazionali) che dei o delle partecipanti alla corsa durante il suo svolgimento. Viaggia e osserva su un'auto generalmente dietro al gruppo principale, non impone la propria idea personale ma si fa portavoce del collegio dei giudici, e fa da raccordo tra organizzazione e componenti tecniche come il CPA.
Non abbiamo dichiarazioni di Rosella Bonfanti poiché ai giudici è vietato rilasciare interviste durante le gare. Ci pensiamo noi a dare il giusto risalto a una figura poco lambita dalle cronache, ma che a tutti gli effetti è l'ennesima costante presenza italiana nel mondo del ciclismo.