Eravamo in 100.000, o su di lì, ad applaudirlo in fuga solitaria fra Mergellina e via Caracciolo, quel 4 maggio 2013, Cameron Wurf, il ciclista australiano.
Tre o quattro tornate del periplo della magica collina di Posillipo in fuga avventurosa, quel sabato, per l’elegante corridore della Cannondale, nella Napoli - Napoli che fu la tappa luminosa di partenza del Giro d’ Italia 2013.
E curiosamente ce lo ritroviamo oggi, in scia alla Parigi - Roubaix di domenica scorsa, per una sua singolare prodezza. Già, tornato al ciclismo, a 39 anni avanzati, nelle file della Ineos, dopo aver praticato in esclusiva per qualche anno il triathlon, Cameron Wurf ha ribadito infatti una sua romantica lettura dello sport, inteso come fatica e confronto con se’ stesso, senza il ricatto/riscatto del primato.
Conclusa da 126esimo la Roubaix, che non è una Via Francigena ma una ouverture aspra sulle pietre dell’ inferno, Wurf ha voluto concedersi nel pomeriggio inoltrato - da triathleta ancora praticante, settore Ironman - una mezza maratona di 21 chilometri a piedi. Tanto per gradire, come defatigante dall’ acido lattico accumulato. Do you know?
Ad ognuno la sua Domenica di Pasqua, di certo, e la sua pastiera. A Wurf, di sicuro, oltre l’ hamburger e un bicchiere di blanc per festeggiare il vertice della impresa da Ironman, va l’ammirazione sconfinata di chi anche da scrittore in Napoli, coltiva una devozione per lo sport degli atleti uomini soli, prossima all’eccelso.