No, stavolta non importa chi vincerà, potrebbe anche finire qui la tappa. Perché abbiamo visto il gesto dei gesti. La lezione delle lezioni. Tadej Pogacar attacca quattro volte in salita, Jonas Vingegaard lo tallona alla perfezione. Tadej Pogacar accelera in discesa, rischia, spinge l'avversario a sfiorare l'errore, sbaglia una curva e nella foga di rientrare mette la ruota sul brecciolino e finisce a terra. Vingegaard disegna la curva alla perfezione, poi si volta e aspetta il rivale. Si volta, rallenta, lo attende, si accerta delle sue condizioni: Pogacar lo ringrazia, gli stringe la mano e poi gli fa un segno con il pollice alto.
Un gesto da registrare, proiettare, insegnare, spiegare a chi comincia a pedalare, a fare sport, a tutti. Lo sappiamo, tra poco ci sarà chi ci spiegherà che Vingegaard ha calcolato tutto, ha fatto il gesto solo perché è in maglia gialla, solo perché e solo per come. La nostra scelta è chiara: ignoreremo le loro voci. Oggi ci basta ascoltare il silenzio di una stretta di mano.