Non siamo più invasi dagli entusiasmi giovanili, scriverebbe il nostro Gian Paolo Porreca, ma certi gesti ci emozionano ancora. E tanto. A testimoniare questo gesto una foto non bellissima, un fermo immagine e pochi istanti di filmato, se volete vederli: raccontano di Jonas Vingegaard sui rulli, al telefono - probabilmente con la moglie - per condividere il giorno più bello della sua carriera sportiva.
Poi arriva Tadej Pogacar, la maglia gialla aperta sul petto, come l'abbiamo visto per tutta la salita - gesto tipico di chi va in crisi - e sorriso aperto sul volto. Va a stringere la mano al rivale che lo ha appena messo in crisi, che gli ha appena strappato la maglia gialla, che gli ha appena inflitto quella che è la sconfitta più dura della sua carriera tra i professionisti. Una stretta di mano e poi un buffetto sulla coscia, per ribadire i complimenti.
Lo sport ci ha abituato a vedere campioni sconfitti che non parlano, si rinchiudono nel silenzio e nel loro dolore. Pogacar no, Pogacar oggi ci ha insegnato ancora qualcosa.