Il Giro d’Italia è ormai alle porte ed Edward Ravasi sta ultimando i preparativi per mettersi in viaggio alla volta di Torino. Per il portacolori del team Eolo Kometa si tratta della seconda partecipazione alla corsa rosa; la prima volta era stata nel 2017, al suo esordio nella categoria professionista dove si era messo al servizio della squadra.
«L’emozione c’è, ma è tutta un’altra cosa rispetto alla prima volta - ci confida -: in quel caso ero alla prima stagione tra i professionisti, avevo pochissima esperienza e mi avevano detto un po’ all’ultimo che sarei andato alla corsa rosa. Quest’anno lo so da più tempo e ho fatto una preparazione adeguata ma, lo devo ammettere, poco alla volta l’adrenalina sta salendo»
C’è tanta emozione per Ravasi che dopo aver partecipato ad alcune corse a tappe sembra aver trovato la forma giusta per il Giro. Come ti sei preparato a questo Giro d’Italia?
«Ho iniziato il grosso del lavoro da metà marzo con la Settimana Internazionale Coppi e Bartali; con la squadra abbiamo fatto un ritiro in altura in Sierra Nevada poi, nemmeno il tempo di tornare a casa, sono partito per il Tour of the Alps. Ho passato questa ultima settimana cercando di riposarmi, lunedì ho fatto l’ultimo lungo e devo dire che mi sento veramente bene, indubbiamente rispetto agli altri anni mi mancano i giorni di gara, infatti al Tota un po’ ne ho risentito e non sono andato bene come mi aspettavo. Ho capito che non avevo ancora raggiunto la forma e quindi l’ho preso come ultimo step del mio allenamento».
Hai già corso il Giro nel 2017: quanto sei cambiato in questi 4 anni?
«Quattro anni fa mi ero presentato al via più che altro per lavorare per gli altri e fare esperienza, non avevo delle vere e proprie ambizioni; nel 2018 ho iniziato ad andare veramente forte con una buona prestazione alla Vuelta, poi però nel 2019 con la rottura del femore mi è crollato tutto. È stata dura ripartire, anche con il lockdown in mezzo, ma penso di essere molto cresciuto, ho assunto la consapevolezza dei miei mezzi e ho trovato la serenità e l’ambiente ideale per poter dire la mia».
Quanto è stato importante il team Eolo Kometa?
«Cambiare squadra è stato determinante e penso che trovarmi in una realtà più piccola abbia giovato. Sono tanti gli aspetti positivi a livello psicologico e motivazionale: il team è al primo anno tra le professional e siamo tutti motivati a fare bene, poi Eolo ha la sede proprio nel Varesotto, praticamente gioco in casa. Determinante è stata l’assenza di infortuni, l’inizio di stagione è stato molto tranquillo da questo di vista».
Com’è il tuo rapporto con Ivan Basso?
«Conoscevo già Ivan perché veniamo dalle stesse zone, ma averlo come punto di riferimento in squadra è molto bello. Ci sentiamo spesso e ci confrontiamo: in vista del Giro ci ha già dato una bella carica. C’è un bel rapporto di fiducia e una continua comunicazione, penso siano fattori determinanti per creare un clima piacevole in cui tutti siamo portati a dare il massimo».
Vi presentate al Giro con una squadra che potenzialmente potrebbe andare forte su qualsiasi terreno…
«Siamo una squadra veramente variegata e siamo tutti super agguerriti. Siamo consapevoli che il livello dei partenti è molto alto, forse non abbiamo il corridore che può garantirci il podio ad ogni tappa, ma siamo pronti a dare battaglia e a farci vedere il più possibile. Sicuramente ogni giorno lotteremo per andare in fuga e accaparrarci le prime maglie del gpm e qualche premio prestigioso, certo che l’obiettivo primario è quello di vincere una tappa».
E tu invece?
«Di solito non sono un tipo che fantastica tanto su cosa vuole, preferisco stare con i piedi per terra, però devo ammetterlo, il sogno di vincere una tappa c’è eccome. Il obiettivo è quello di stare con i migliori, provare a fare una buona classifica. Già dopo la prima settimana capirò se posso farcela».
Quali sono le tappe che ti piacciono di più e quelle che ti fanno più paura?
«Ho già cerchiato la tappa 19, la Abbiategrasso-Alpe di Mera: non è in provincia di Varese, ma attraversa molte delle strade su cui mi alleno, come la salita del Mottarone, e poi verranno a vedermi i miei genitori e il mio fanclub, un motivo in più per fare bene. Le tappe più difficili saranno sicuramente quelle delle Dolomiti e penso che giornate con 5000 metri di dislivello spaventino un po’ tutti. L’importante è stare bene e quando le gambe girano tutto diventa più facile».
In molti danno Simon Yates come favorito. Lo hai avuto come avversario al Tour Of The Alps, come ti è sembrato?
«Al Tour of the Alps Yates è stato impressionante, pedalava in modo veramente agile. In molti lo accusano di non tenere le tre settimane e c’è il rischio che crolli come al Giro del 2018, ma penso che lui sia molto cresciuto, quell’anno ha vinto una Vuelta, l’ho visto sulle strade spagnole e andava proprio forte. Sono tante le incognite di questo Giro, è impossibile dire chi sono i veri avversari e soprattutto chi sia il favorito, c’è anche Bernal che arriva da un periodo con problemi alla schiena, ma secondo me sulle salite sarà uno degli uomini da tenere d’occhio»
E Remco Evenepoel invece?
«È la vera grande incognita del Giro perché in effetti nessuno sa come stia realmente. Io l’ho visto pedalare a Sierra Nevada qualche settimana fa e andava fortissimo; secondo me già dalle prime tappe stupirà tutti quanti».